Questo sito utilizza cookies tecnici (necessari) e analitici.
Proseguendo nella navigazione accetti l'utilizzo dei cookies.

Tajani: «Con il nostro voto evitato il caos. Avrei preferito il si di FdI e Lega» (La Stampa)

ROMA – C’è una parola che il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani ripete più e più volte nel corso dell’intervista: «Stabilità». Come se volesse essere sicuro che sia sufficientemente chiara la lente attraverso cui leggere la riconferma di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione europea, e che questa chiarezza, magari, spazzi via le nubi che si addensano sull’Italia dopo il voto contrario dei suoi alleati, Matteo Salvini e, soprattutto, Giorgia Meloni. «Se von der Leyen non fosse stata rieletta sarebbe stato il caos, i mercati ci avrebbero punito e i cittadini ne avrebbero pagato il prezzo». Ma è evidente, non gli sarebbe dispiaciuto vedere maggiore responsabilità da parte delle forze di governo: «Le piccole questioni nazionali — sottolinea – non possono essere barattate con il futuro delle istituzioni comunitarie che rappresentano mezzo miliardo di persone».

È rimasto deluso dal no di Meloni? Si era speso con forza per convincere la premier a votare a favore.

«Ci speravo, è vero, ma Forza Italia è una garanzia sufficiente di europeismo e di atlantismo. Grazie al nostro voto, l’Italia ha rafforzato le istituzioni della Ue in un momento di grande instabilità internazionale. Roberta Metsola al Parlamento europeo e von der Leyen alla Commissione sono due leadership nel segno dei Popolari e le considero una vittoria di Forza Italia».

Ha sentito la premier per chiederle spiegazioni?

«Non ci siamo sentiti e, in ogni caso, non tocca a me entrare nelle scelte di un altro partito. Il voto di Fratelli d’Italia e dei Conservatori è sempre rimasto in bilico; evidentemente il discorso di von der Leyen non li ha convinti, ma hanno usato toni concilianti pur votando contro. Quando dicono di voler continuare ad avere rapporti istituzionali con la Commissione, vuol dire che non hanno chiuso la porta del tutto».

Resta inusuale che il partito del premier di uno dei Paesi fondatori dell’Ue non voti a favore. Teme ripercussioni sull’Italia?

«Non credo possano esserci pericoli di alcun tipo».

Nemmeno sulla scelta del Commissario europeo che ci dovrebbe spettare?

«Direi proprio di no. Nel 2019 ricordo che Fidesz, il partito del premier ungherese Viktor Orban, votò a favore di von der Leyen, ma il commissario che aveva proposto venne bocciato dal Parlamento Ue. Ogni voto in Europa è una partita a sé e noi aspiriamo ancora a un portafoglio economico di peso e a un vicepresidente della Commissione».

Il ministro ai Rapporti con l’Ue e al Pnrr, Raffaele Fitto, resta il candidato più forte?

«Assolutamente sì, è il nome più convincente. Ha le caratteristiche giuste per farlo: grande esperienza europea, un trascorso compatibile con le istituzioni comunitarie ed è apprezzato da tutti. Un esponente dei Conservatori di Meloni, tra l’altro. E loro non sono come l’estrema destra dei Patrioti».

A proposito di Patrioti, la Lega definisce il voto in Europa «un inciucio» e mette in guardia dai nuovi «estremismi green» della Commissione.

«Nessun inciucio. Ne parlano come se fosse un voto per eleggere il presidente del Consiglio italiano, ma è una realtà con meccanismi molto diversi. Bisognerebbe conoscere il funzionamento delle istituzioni europee prima di fare certe valutazioni. E non mi pare che nel programma di von der Leyen ci sia alcun estremismo green. Ci sarà poi una maggioranza di commissari del Partito popolare in commissione, quindi non vedo alcun pericolo. Sono state invece accolte le nostre proposte in tema di agricoltura, di immigrazione, di riduzione della burocrazia e di energia».

I Patrioti lamentano di essere stati esclusi da tutti i ruoli nelle istituzioni europee.

«Se nessuno li vuole, è scelta libera. Partecipano alle attività parlamentari, ma i presidenti e vicepresidenti delle commissioni del Parlamento Ue vengono eletti e i loro candidati potrebbero non trovare sostegno: questa è la democrazia. D’altronde il gruppo dei Patrioti non è una forza europeista, ha una visione alternativa alla nostra, quindi perché votare le loro presidenze? Sono in totale contrasto con la maggioranza dei parlamentari e, quindi, si condannano all’ininfluenza».

La Lega continua a pungolarvi. Non è un problema?

«Siamo abbastanza robusti. Qualunque tipo di attacco sarebbe comunque privo di senso, non lo capirei, ma io preferisco occuparmi dei cittadini e non di fare campagna elettorale. Comunque anche oggi faccio una previsione e confermo un impegno: non ci saranno ricadute sul governo, le scelte di ogni partito in Europa non indeboliranno il Governo nazionale. Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega continueranno a lavorare insieme, fino alla fine della legislatura».

Lei è anche il leader di Forza Italia. Sul fronte interno hanno fatto discutere le parole di Pier Silvio Berlusconi sul futuro del partito. Se il figlio del Cav volesse entrare in politica?

«Lo accoglieremmo a braccia aperte, ma dipende da lui. Noi ovviamente saremmo ben lieti di sapere che vuole partecipare alla battaglia politica».

Sembra che la famiglia chieda anche un rinnovamento al partito. Facce nuove, fresche, giovani. Arriverà una risposta in questo senso?

«Quando abbiamo svolto il nostro congresso, pochi mesi fa, il segretario dei Giovani di Forza Italia, Stefano Benigni, è stato eletto vicesegretario del partito. Questo è già un bel segnale di rinnovamento, ma le porte sono sempre aperte a tutti. Ben vengano i giovani».

Anche nei ruoli apicali del partito?

«Alcuni responsabili dei settori di Forza Italia sono giovani, ma per avere incarichi nazionali bisogna avere esperienza e capacità. Tanti nuovi dirigenti, ad ogni modo, non avevano mai avuto ruoli di prima linea all’interno del partito».

  • Autore: Federico Capurso
  • Testata: La Stampa
  • Luogo: Roma

Ti potrebbe interessare anche..