ROMA – Partiamo dall’ultima domanda. Il cuore del problema.
Ministro Antonio Tajani, è normale che Matteo Salvini, senza consultare Palazzo Chigi e la Farnesina, dica a Benjamin Netanyahu: “Sei il benvenuto in Italia”? Non scavalca cosi lei e la premier?
«Senta, la politica estera si deve fare in maniera costruttiva. È una cosa seria. Ogni parola va pesata, ponderata, calibrata. C’è di mezzo un Paese. E quindi la linea viene espressa dal presidente del Consiglio e dal ministro degli Esteri».
In altri termini: lei parla di politica estera, il ministro dei Trasporti si occupa della viabilità e dei treni.
«Più o meno è così. Poi naturalmente un leader di partito parla di quello che vuole. Sono posizioni politiche legittime che ciascuno può esprimere. Ma restano opinioni politiche di leader di partito, che però non diventano automaticamente la linea dell’esecutivo. Io tendo a evitare di rispondere a nome del governo su questioni legate alle competenze degli altri ministri».
E qual e la posizione dell’esecutivo sul mandato di cattura internazionale per il premier israeliano?
«Che vogliamo prima leggere le carte, capire le motivazioni della sentenza, ragionare su cosa sostiene la Corte. Noi riconosciamo e sosteniamo la Corte penale. Ma lo facciamo ricordando che deve avere sempre una visione giuridica e non politica. Cosa significa? Che nel pieno di una guerra di questa violenza il primo obiettivo degli Stati, e della Repubblica italiana, è quello di trovare alleanze politiche per fermare le morti a Gaza e in Libano, per ritornare a un percorso diplomatico. Noi dobbiamo portare la pace a Gaza, non dobbiamo credere che portare qualcuno in carcere aiuti la pace».
Anche Giorgia Meloni parla di azione politica: state dicendo che si tratta di una sentenza politica?
«Stiamo dicendo, il presidente del Consiglio ed io, che una sentenza di questa portata ha un effetto politico profondo sulla gestione non di un confitto, ma della sua conclusione. Non è possibile equiparare e mettere sullo stesso piano il premier democraticamente eletto di Israele e un capo terrorista, leader di un’organizzazione che con gli attacchi del 7 ottobre ha dato il via a tutto questo. Un meccanismo unicamente giudiziario farebbe saltare del tutto ogni speranza di iniziare perlomeno una composizione dello scontro».
Parliamo di fatti precisi: un mandato di cattura per crimini contro l’umanità a Gaza.
«Una cosa è sottolineare la sproporzione della risposta di Israele nella Striscia, su cui siamo tutti d’accordo, tanto che da tempo chiediamo il cessate il fuoco. Altro è un mandato di cattura».
Lei sta cercando una posizione comune con gli alleati. Perché ne parlerete al G7 Fiuggi, ogni governo non deve decidere autonomamente? E ripeto: in ventiquattr’ore abbiamo letto di tre posizioni dell’esecutivo italiano.
«Ripeto anche io, non è come dice, non ci sono tre posizioni. Ce n’è soltanto una: quella del presidente del Consiglio, concordata con il ministro degli Esteri. Portiamo il tema a Fiuggi proprio perché è il nodo più importante per la sicurezza e la pace nel Mediterraneo».
Non è stato lo stesso per Putin, l’altro grande leader destinatario di un mandato di cattura perla conduzione di una guerra.
«Non scherziamo, non esiste il paragone: Putin ha scatenato la guerra in Ucraina, Netanyahu ha reagito al 7 ottobre, dopo che avevano trucidato migliaia di ebrei, anche se la sua reazione ormai è chiaramente diventata sproporzionata e lo diciamo da tempo».
Tra l’altro parliamo di Netanyahu, il miglior amico di Trump. Sarà guerra tra Usa e Corte? E l’Italia che posizione prenderà?
«Non facciamo gli aruspici. Aspettiamo la nuova amministrazione, vedremo quali posizioni avrà. Io andrò il prima possibile negli Stati Uniti per avere un confronto a 360 gradi».
Nel frattempo si registra un nuovo attacco contro i militari italiani Unifil in Libano. Dice Crosetto: Israele non usi le basi come scudi. D’accordo?
«In questo caso si tratta di missili di Hezbollah. Comunque, in passato abbiamo già sostenuto con tutte le parti che non sono tollerabili attacchi agli italiani. L’ho detto al mio omologo israeliano. Hezbollah è più difficile da contattare, ma lunedì a Roma ci sarà il ministro degli Esteri del Libano e parleremo anche con lui».
L’altro scenario di crisi è l’Ucraina. Preoccupato dall’escalation di Putin, che usa missili intercontinentali e minaccia una guerra atomica mondiale?
«Putin non va mai sottovalutato, ma non credo che la minaccia nucleare risponda a verità. Sarebbe una follia. Penso che sia un modo per mettere pressione in vista di una possibile trattativa: vuole conquistare più territorio possibile per poi difendere lo status quo».
L’Italia continuerà ad armare Kiev? C’è un decreto in scadenza, va rinnovato per l’intero 2025.
«Certo, assolutamente. E continueremo a sostenere l’Ucraina. La pace giusta non pub coincidere con una sconfitta».
Anche con Trump?
«Anche con Trump. Io continuo a lavorare perché si arrivi alla pace».
A giorni è previsto un vertice tra lei, Meloni e Salvini. Servirà a risolvere lo stallo sull’autonomia?
«Noi andremo avanti su quella legge. Semplicemente, dobbiamo intervenire in Parlamento per correggere alcuni errori. Ad esempio sui Lep. Ma nessuno vuole bloccare la riforma».
E sulla manovra? Forza Italia chiede ritocchi anche perla legge di bilancio. Vede margini?
«Vogliamo abbassare l’Irpef dal 35 al 33% per aiutare il ceto medio. Estendendo la platea interessata all’aliquota dai 50 ai 60 mila euro . Evitare che la web tax colpisca i piccoli soggetti, senza intaccare i colossi. E poi ancora, i fondi per la metropolitana di Roma. Infine, evitare di prevedere un revisore dei conti del Mef per ogni società che usufruisce di finanziamenti pubblici: pensata così sembra la Stasi…».