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Tajani: «Se l’America procede non saremo impreparati. Abbiamo una strategia» (Corriere della Sera)

Tajani Se l’America procede non saremo impreparati. Abbiamo una strategia
Tajani Se l'America procede non saremo impreparati. Abbiamo una strategia

Roma –  L’Italia si impegna a fare da «ponte» tra gli Usa e l’Europa per evitare quella «guerra dei dazi» minacciata da Donald Trump che «farebbe danni sia agli americani che a noi». Ma se il presidente Usa dovesse andare avanti, noi «non ci faremo cogliere impreparati: siamo già al lavoro per trovare soluzioni che non mandino in crisi le nostre aziende e il benessere dei nostri cittadini». È preoccupato dalla svolta che potrebbe prendere l’equilibrio economico mondiale per le minacce di Trump, ma vuole rassicurare tutti Antonio Tajani, ministro degli Esteri e del Commercio con l’estero.

Sembra che l’Italia e l’Europa stiano aspettando la mannaia del boia o sperando in un atto di clemenza.

«Non stiamo giocando una partita d’attesa. Primo, perché siamo i migliori ambasciatori dell’Europa presso gli Stati Uniti, per gli ottimi rapporti che abbiamo costruito. Secondo, perché sappiamo come reagire».

Il ruolo di ambasciatori come si svolge?

«Sono i fatti a parlare. Una guerra non serve a nessuno. Nessun’altra economia al mondo è integrata come quella Usa-Ue. Le aziende europee negli Usa impiegano 3,5 milioni di americani. E un altro milione di posti di lavoro americani dipende direttamente dal commercio con l’Europa. Di tutti i beni americani all’estero, due terzi sono in Europa. E gli Stati Uniti forniscono oltre il 50% del nostro Gnl. Il volume degli scambi Ue-Usa è di 1,5 trilioni di euro, che rappresentano il 30% del commercio globale. C’è molto in gioco per entrambe le parti».

Quindi non avrebbe senso per Trump imporre dazi?

«È chiaro che servirà negoziare. E mi sembra proprio che Trump stia dando i primi segnali di volontà di negoziare: guardate al confronto con il Messico, all’intesa che è stata raggiunta ieri. Tutti sappiamo benissimo che il commercio di tutti i Paesi del mondo, anche gli Usa, si nutre di libera circolazione: di prodotti, idee, persone. E il business di tutto ha bisogno tranne che di barriere tanto materiali (muri) che immateriali (dazi). Ce lo insegna la storia: la Repubblica di Venezia divenne egemone nei traffici commerciali tra Oriente e Occidente e verso il Nord anche perché non vi erano dazi».

Quale è il rischio di un innalzamento dei dazi?

«II primo è quello che proprio Trump ha annunciato di voler ridurre: l’inflazione. I dazi sui beni importati, ovviamente, si trasferiscono sui prezzi di vendita aumentandoli».

Quindi come si reagisce se Trump andrà avanti comunque?

«L’Italia ha una posizione particolare, è il secondo Paese per varietà merceologica da export dopo la Cina. Per questo, e lo stiamo già facendo con tavoli aperti con le industrie, i produttori, bisogna lavorare per esplorare nuovi mercati. Abbiamo un piano strategico per Messico, India, Indonesia, Vietnam, i Paesi del Golfo, l’Estremo Oriente e tutta l’Africa. C’è un business plan già in fase avanzata».

Insomma, bisogna limitare il commercio con gli Usa?

«No, bisogna collaborare, venirsi incontro. Comprare e investire di più in America perché loro facciano altrettanto. La nostra Difesa già ha rapporti molto stretti con gli Usa e tutta l’Europa dovrebbe convergere verso una Difesa comune per poter agire insieme».

Anche alzando la spesa militare, come chiede Trump?

«Noi siamo disponibili ad arrivare al 2%, non certo al 5%, anche tenendo conto che siamo il Paese con più militari in missione. Si può fare scorporando le spese dal patto di stabilità, emettendo eurobond e anche attingendo a fondi del Next Generation Ue e a quelli del Mes non utilizzati».

Se non bastasse?

«In Italia da tempo tutti sappiamo che dobbiamo far calare i costi di produzione per dare competitività ai nostri prodotti. E questo sarà decisivo anche in caso di introduzione di dazi. Per ridurre i costi di produzione in Europa serve una vera politica industriale che tagli burocrazia e costo dell’energia, il che potrebbe di fatto “sterilizzare” l’aumento dei prezzi a causa dei dazi».

Come? Il modo più facile è tagliare posti di lavoro…

«Assolutamente da evitare. Per questo pensiamo servano nuove regole meno vincolanti delle norme sul cambiamento climatico; meno burocrazia, per ogni nuova regola che entra, due devono essere eliminate. E poi serve un cambio di passo della Bce, che deve lavorare in maggiore connessione con l’Ue, anche sul piano del rapporto tra euro e dollaro».

L’Italia si muoverà anche da sola avendo un rapporto privilegiato con gli Usa?

«Noi vogliamo appunto essere un ponte. Certo ogni Paese ha propri prodotti che magari, come è stato finora, difende individualmente. Ma è molto meglio agire uniti».

Lo dice anche all’opposizione e ai magistrati, che — secondo voi — vi stanno attaccando ferocemente?

«Sono fatti. Noi vogliamo solo fare una riforma della giustizia che serve a renderla più efficiente e giusta. Non facciamo la guerra a nessuno. Una giustizia che funziona, rapida, sicura è un altro fondamentale tassello per aumentare il peso economico del Paese e attirare investimenti. Dovrebbe essere un obiettivo primario per tutti».

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