ROMA La domanda è d’obbligo, e Antonio Tajani, ministro degli Esteri, in una giornata di rovesciamenti di fronte e colpi di scena, trattative febbrili e missili, non si sottrae.
Ministro, quanta preoccupazione c’è per il conflitto Iran-Israele? E possibile che si arrivi a una guerra mondiale?
«La preoccupazione è alta. Certo non siamo alla vigilia di uno scontro mondiale generalizzato, ma il rischio che la guerra si allarghi ad altre aree, ad altri Paesi del Medio Oriente non si può escludere. Per questo noi europei dobbiamo mobilitarci immediatamente, chiedendo il sostegno degli Stati arabi moderati della regione, che hanno interesse come noi alla pace per ragioni evidenti».
Lei ha fatto molte telefonate in questi giorni, in queste ore. Anche ai ministri di Israele e Iran. Ma a cosa servono questi contatti? Non sembra ci siano grandi risultati al momento.
«I contatti che sto avendo servono a comprendere quali sono le posizioni dei nostri alleati, dei Paesi della regione. Solo oggi (ieri, ndr) ho parlato con i ministri dell’Iran, di Israele, con il saudita, l’emiratino e con altri. Come Italia manteniamo un canale aperto sia con Israele che con l’Iran. Incrociamo le informazioni. Dal ministro iraniano ho avuto un primo segnale positivo: mi ha detto che l’Iran non ha intenzione di ostacolare il traffico commerciale nello Stretto di Hormuz».
Ma quale è l’obiettivo dell’Italia in questo momento?
«Un obiettivo che l’Italia vorrebbe raggiungere è far ripartire negoziati fra Usa e Iran, la sede giusta per far ripartire un confronto diplomatico. L’obiettivo è arrivare presto alla fine di questa guerra pericolosissima. Dobbiamo portare tutti i Paesi responsabili a influire sui contendenti per fermare la guerra».
Ma quali sono le prime informazioni che avete avuto? Che cosa sta succedendo davvero?
«Tutti i Paesi più vicini a Israele hanno chiesto di tornare a un dialogo politico e diplomatico, ma comprendono le ragioni di Israele: l’Iran da anni minaccia di cancellarlo dalla carta geografica. Secondo la Aiea, l’Iran potrebbe avere presto la bomba nucleare. Questo per noi è inaccettabile. Il governo iraniano deve offrire un segnale per la pace. L’unica condizione possibile è rinunciare al nucleare militare».
Come stanno gli italiani nella zona, che sono tanti, ci sono pericoli imminenti per loro?
«I pericoli ci sono, in Israele come in Iran, perché i missili possono cadere ovunque. Per questo abbiamo chiesto a tutti i nostri connazionali di seguire le istruzioni che danno loro le autorità locali in coordinamento con le nostre ambasciate e con l’Unità di crisi. Partirà da Teheran un convoglio via terra per evacuare un primo gruppo di nostri connazionali».
Un tema cruciale è il ruolo che potrebbe avere la Russia, auspicato a Kananaskis, dove è in corso il G7, anche da Donald Trump. Lei crede che potrebbe essere utile aprire a Vladimir Putin in questo caso?
«Non credo che la Russia possa avere ruoli di mediazione in questo caso. Sarebbe importante che Putin si sedesse al tavolo del negoziato per mettere fine agli attacchi all’Ucraina».
Dalle opposizioni chiedono chiarezza, nonostante la consapevolezza che il momento è drammatico e nessuno ha la bacchetta magica in mano: l’attacco di Israele è legittimo o no? L’Italia lo sostiene?
«Questa è una guerra drammatica e pericolosa, ma Israele deve difendersi, deve sopravvivere a qualsiasi minaccia che possa mettere fine alla sua esistenza. Prima finirà la guerra e meglio sarà».
Lei crede che la spallata a suon di missili che sta dando Israele all’Iran possa far cadere il regime di Khamenei?
«Il nome che gli israeliani hanno dato all’operazione, “Il Leone nascente”, lascia aperta questa ipotesi: il leone era il simbolo dello Scià. E il leone che impugna la spada era nella bandiera del vecchio Iran. Certo è che Israele ha dichiarato che il suo obiettivo è colpire i siti nucleari, quelli dei missili balistici e di quelli strategici».
Il presidente Trump ha la forza per ristabilire l’ordine mondiale, per riportare la pace?
«Il ruolo degli Stati Uniti è fondamentale per raggiungere la pace. Ma non da soli. I Paesi europei, a cominciare da quelli del G7, hanno l’obbligo di lavorare insieme per raggiungere questo obiettivo. L’Alleanza transatlantica resterà sempre un punto fermo nella nostra struttura di sicurezza».
L’Unione europea: molti la criticano per la sua assenza in politica estera, per la mancanza di capacità in casi come quelli delle guerre che si combattono oggi. Anche al G7 in Canada non si capisce se possa imporre o dettare una linea. Cosa pensa?
«Penso che l’Europa debba riformare il suo modo di agire, offrendo ai suoi cittadini uno strumento più decisivo nel campo della sicurezza e della difesa. In questa partita gli Stati nazionali devono assegnare all’Europa un ruolo decisivo. È inutile dire “l’Europa è assente”: l’Europa è la nostra casa».
Non crede che ci sia un rischio di attentati in Italia, in una situazione così confusa? E cosa si sta facendo per tenere la situazione sotto controllo?
«Il rischio c’è sempre, ma il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi segue con responsabilità ogni momento di questa crisi internazionale, e ne prevede assieme all’intelligence le possibili conseguenze sul territorio nazionale. L’intelligence italiana è molto attenta e soprattutto è in allerta, come tutte le forze di polizia. Casi di terrorismo possono esserci, ma gli apparati tengono la guardia molto alta. Ho anche confermato al ministro Saar la nostra massima attenzione alla protezione delle sedi diplomatiche israeliane in Italia e i luoghi di culto ebraici».
Intanto in Italia continua un altro tira e molla, che non sarà drammatico come quello degli scenari di guerra ma che può incidere sulla stabilità della maggioranza: Salvini la attacca sul terzo mandato per i governatori.
«Con Salvini e con i colleghi della maggioranza possiamo discutere serenamente di tutto. La nostra posizione è che tre mandati per le Regioni sono troppi, c’è una concentrazione di poteri nel presidente di una Regione che non ha neppure il presidente del Consiglio. Dopo di che sempre pronti a confrontarci».