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Alfano: «L’agenda Italia per la Libia» (Corriere della Sera)

Oggi, alla Farnesina,  incontro il nuovo rappresentante speciale per la Libia delle Nazioni Unite, Ghassan Salamé, alla sua prima missione diplomatica in Europa da quando ha assunto le sue funzioni.

 É un passaggio importante perché è l’occasione, per Salamé, di riferire sugli incontri avuti a Tripoli e a Tobruk  e, per me, di parlare dell’Agenda dell’Italia per la Libia, articolata in dieci punti cardine per ognuno dei quali sono state già avviate azioni mirate:

– promuovere una reductio ad unum dei formati negoziali. Troppi negoziati e troppi negoziatori fin qui. Adesso c’è il nuovo inviato Onu. Ciascun Paese si affidi alla sua azione, consegnando a lui il lavoro svolto;

 – imprimere impulso al dialogo inclusivo tra le parti libiche: ho chiarito sin da subito la necessità di preservare l’unità della Libia e di riconoscere un ruolo al generale Haftar;

– sostenere il governo legittimo di Al Sarraj, riconosciuto dall’Onu, anche con la decisione di riaprire la nostra ambasciata a Tripoli;

– sensibilizzare gli altri Paesi impegnati nel processo di stabilizzazione;

– contrastare i flussi migratori con il sostegno alle istituzioni  libiche;

– promuovere un’azione europea per contribuire a porre fine al traffico di esseri umani;

– coinvolgere i Paesi confinanti con la Libia per rafforzare il controllo della frontiera libica meridionale;

– aiutare le organizzazioni internazionali impegnate nelle strategie di contrasto ai flussi migratori;

– sostenere l’economia libica;

 – assicurare aiuti umanitari alla popolazione libica.

È il momento, per l’Onu, di dimostrare il proprio ruolo strategico nello scacchiere internazionale, facendo leva sull’esperienza dell’Italia nello scenario libico, per evitare iniziative estemporanee, non coordinate.

Occorre un’azione a più livelli: nella regione libica occorre facilitare il più ampio dialogo tra gli attori coinvolti intorno a una comune pacifica road map e ribadire ai Paesi confinanti, e più in generale a tutti gli Stati della regione, la necessità di sottrarsi a logiche di conflitto.

L’Italia ha sempre avanzato proposte d’azione entro schemi multilaterali e oggi chiede alle agenzie Onu, quali Unhcr e Oim, un contributo essenziale per fronteggiare il fenomeno migratorio da cui dipende principalmente la stabilizzazione della Libia.

In quest’ottica, la missione navale italiana, su richiesta del presidente Al Sarraj e del Consiglio presidenziale-govemo di accordo nazionale, è un’azione di sostegno alla Guardia costiera libica, per contrastare più efficacemente i trafficanti di esseri umani e la immigrazione illegale.

La realtà del Paese è innegabile: i traffici illeciti possono rivelarsi, purtroppo, una efferata fonte di arricchimento e di indebolimento delle fragili istituzioni libiche. Sebbene sia corretto sottolineare che tantissime Ong fanno del bene e salvano vite umane, è giusto ricordare l’intuizione del procuratore Zuccaro riguardo l’ipotesi che qualche Ong potesse operare in zone di ambiguità, così come confermato poi da recenti indagini della Procura di Trapani. Finora nessuno ha chiesto scusa al procuratore Zuccaro per le accuse a lui rivolte poche settimane fa.

Insisteremo sempre, inoltre, su quanto sia cruciale il rilancio del sistema economico libico per un «dividendo della pace», in termini di sicurezza, legalità e benessere.

Così il 7-8 luglio abbiamo organizzato, ad Agrigento, il primo forum economico italo-libico, incoraggiando ulteriori passi avanti nel coordinamento tra le istituzioni di governo ed economiche libiche e italiane. Abbiamo anche dato un deciso impulso agli aiuti della Cooperazione – per alleviare le sofferenze dei civili – — e per il finanziamento di interventi umanitari e di emergenza e progetti per lo sviluppo nel Sud del Paese.

Per togliere linfa ai traffici illeciti, abbiamo anche avviato con i Paesi confinanti con la Libia – ad esempio Niger, Ciad, Sudan – una stretta collaborazione attraverso il Fondo Africa – un impegno di ben 200 milioni di euro -— e abbiamo organizzato il 6 luglio, a Roma, un incontro con ministri europei  e  dei Paesi africani di transito per porre le basi di una nuova cooperazione multilaterale in grado di dare già importanti risultati concreti sul controllo della frontiera meridionale della Libia.

Nessuna di queste azioni,  da sola,  risolverà la questione libica che si trascina dal 2011. Tutte queste azioni, nel loro insieme, formano un’agenda e profilano una leadership italiana su questo dossier. Non è una leadership che serve a soddisfare la vanità nazionale, ma ad assicurare pace e sicurezza nel Mediterraneo e alla Libia.

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