Un nuovo studio pubblicato su Nature fa luce sull’eccezionale continuità genetica e culturale delle popolazioni di cacciatori-raccoglitori nel Maghreb orientale (l’odierna Tunisia e Algeria orientale), rivelando che i gruppi locali conservarono la propria identità genetica nonostante l’arrivo di gruppi di agricoltori provenienti dall’Europa e dall’Asia sud-occidentale.
La ricerca è stata condotta nell’ambito del Northern Tunisia Archaeological Project, co-diretto da Nabiha Aouadi (INP), Lotfi Belhouchet (INP), Alfredo Coppa (Unitelma) e Giulio Lucarini (CNR-ISPC), con il finanziamento del MAECI e dell’ISMEO.
Il Neolitico segnò un cambiamento fondamentale da un’economia basata sulla caccia e la raccolta alla produzione di cibo. Mentre l’Europa sperimentò profonde trasformazioni genetiche a causa delle dispersioni dei gruppi umani provenienti dall’Asia sud-occidentale, il ruolo del Nord Africa è rimasto poco chiaro anche a causa della mancanza di studi genetici. Questo studio sfida l’idea che la regione abbia ricevuto passivamente le influenze neolitiche, e dimostra che, sebbene alcuni apporti genetici da parte dei primi agricoltori abbiano raggiunto il Maghreb orientale attraverso il Mediterraneo, le popolazioni locali mantennero forti legami con le loro tradizioni di cacciatori-raccoglitori.
Analizzando il DNA antico di nove individui vissuti tra 15.000 e 6.000 anni fa, il team ha identificato un notevole grado di continuità genetica. Gli agricoltori europei contribuirono con una componente genetica inferiore al 20%, ma il loro impatto fu molto meno significativo rispetto ad altre regioni settentrionali del Mediterraneo, dove le popolazioni agricole sostituirono in gran parte i cacciatori-raccoglitori indigeni. Lo studio ha inoltre rivelato la presenza di un’ascendenza genetica riconducibile a cacciatori-raccoglitori europei in un individuo tunisino; si tratta della più antica evidenza genetica di contatto tra le popolazioni europee e nordafricane, che avvenne verosimilmente attraverso lo Stretto di Sicilia.
A differenza del Maghreb occidentale (Marocco), dove l’ascendenza agricola europea raggiunse fino all’80%, nel Maghreb orientale l’impatto genetico dei gruppi agricoli in arrivo fu più limitato. La produzione alimentare si diffuse probabilmente attraverso migrazioni sporadiche, scambi culturali e una graduale trasmissione di conoscenze. Un’altra scoperta chiave è la presenza di un’antica ascendenza legata alle regioni levantine, associata all’introduzione di animali domestici da parte di gruppi pastorali provenienti dall’Asia sud-occidentale.
Uno degli aspetti più straordinari di questo studio è la conclusione che il Maghreb orientale fu una regione di grande resilienza genetica e culturale. La coltivazione dei cereali non si affermò fino a molto più tardi; al contrario, le comunità si affidarono prevalentemente a economie pastorali, mentre continuavano a sfruttare chiocciole terrestri, cacciare selvaggina e raccogliere piante selvatiche.
Questa scoperta apre nuove prospettive per comprendere la complessità del processo di neolitizzazione nel Mediterraneo, e rivela che il passaggio alla produzione alimentare non fu uniforme, ma dinamico e diversificato su scala regionale.