(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)
Signor Presidente,
Onorevoli deputati,
Signore e Signori,
la forte personalità e la lunga, complessa storia umana e politica di Mirko Tremaglia, esemplare per moltissime ragioni, rientrano con difficoltà in una breve testimonianza. E questo perché e’ stato soprattutto grazie alla sua opera che si e’ modificata la nostra consapevolezza e la nostra visione di fondo su quell’ “altra Italia” fuori dai confini, per usare una definizione di Mirko, che costituisce in misura crescente, una ricchezza per il nostro Paese. La responsabilità di raccogliere, in questo senso, l’eredità di Mirko e’ stata avvertita dai miei predecessori. Io la avverto in modo speciale. Ma sarebbe riduttivo dire che il mio rapporto con la memoria di Mirko sia solo questo.
Ho conosciuto Tremaglia ben prima che entrasse in Parlamento. Era amico di mio padre dai tempi dell’immediato dopoguerra. In una Bergamo dilaniata materialmente dai bombardamenti e moralmente dalla disastrosa eredità della dittatura fascista, si affermavano movimenti che cercavano di trovare, pur sotto le macerie, valori positivi di Patria e di fierezza nazionale. L’etichetta “di Destra”, in quegli anni del dopoguerra a Bergamo, era pesante da portare. Poteva compromettere affermazioni professionali e sociali; raccoglieva, sul piano elettorale, un’esigua percentuale di consensi.
Indipendentemente da un giudizio di valore politico, la vicinanza di mio padre a Mirko mi dava la sensazione che si trattasse di uomini coerenti e di coraggio. Ed e’ questa la prima considerazione che desidero fare su Mirko, quella della sua coerenza e del suo coraggio.
Mi piace pensare che sia stata proprio quella Bergamo del dopoguerra a temprarne il carattere forte, per molti versi anticonformista, ad affinarne il senso politico e civico, la sua volontà di affermare, come principi consolidati, la dignità e il rispetto dell’altro. Come sappiamo bene, la prova più dura Mirko l’ha affrontata con la perdita di Marzio, il figlio adorato, suo sostegno e consigliere nella vita così come in politica, dove si preannunciava per Marzio un brillante futuro. Accanto a Mirko e’ sempre stata Ita, che oggi voglio anche salutare con affetto e commozione.
Nelle funzioni che ho l’onore di ricoprire, desidero sottolineare come l’azione svolta da Mirko Tremaglia nella politica estera italiana, da componente prima e da Presidente poi, della Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati, e quindi da Ministro degli Italiani nel Mondo, sia stata di grande importanza per tre motivi.
In primo luogo, perché le numerosissime iniziative lanciate da Mirko in quella che, sino agli anni ’90, veniva ancora chiamata “politica dell’emigrazione”, rispondevano a una precisa strategia: quella di portare gli “italiani nel mondo” al centro delle priorità che il Paese deve avvertire. Per Tremaglia, è questa grande risorsa a poter sempre meglio caratterizzare, e sostenere, l’internazionalizzazione della nostra economia, della scienza e della cultura italiane nella realtà globale.
Un altro aspetto da cogliere nella “visione” del nostro Ministro degli italiani nel mondo riguardava la dimensione “storico-culturale”. Mirko coltivò con grande slancio la memoria soprattutto dei sacrifici che gli italiani dovettero affrontare per affermarsi. L’8 agosto è così diventato la giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo in ricordo di Marcinelle. Dei connazionali nel mondo difese l’onore e il ricordo, come fece con la coraggiosa protesta proprio al Cremlino a tutela dei nostri caduti in Unione Sovietica.
La memoria delle vicende che hanno visto il radicamento delle nostre comunità in tanti Paesi, mantenendo – anzi ricercando – il legame con il Paese di origine, agli occhi di Tremaglia, era fondamentale per rafforzare il senso di identità e di coscienza civica degli stessi italiani in Patria.
La risposta entusiasta data in tutto il mondo alle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia è stata certamente, per Mirko, la dimostrazione di quanto fondate fossero state le sue intuizioni. Manifestazioni, studi, ricerche sul Risorgimento originate spesso in modo spontaneo nelle comunità italiane all’estero si sono perfettamente saldate a quello straordinario e positivo ripensamento della nostra identità unitaria avvenuto in tutto il Paese.
In terzo luogo, vorrei rilevare l’attualità e la concretezza dell’azione di Tremaglia. Se alla base c’era in lui una sorta di impulso affettivo verso i nostri connazionali, “l’Altra Italia – disse – si è presentata davanti a me tanti anni fa con un’incredibile forza umana e morale, con straordinarie espressioni culturali, politiche ed economiche”, se questo è certamente vero, l’obiettivo è sempre stato per Mirko quello delle iniziative utili e realizzabili.
Nel 1968, Tremaglia costituì una rete diffusa di Comitati Tricolore, che animava con visite e manifestazioni continue. Non mi è mai capitato, nella lunga esperienza di servizio all’estero, di trovare una sola comunità italiana dove Mirko non fosse passato. Eletto al Parlamento, si prodigò per fare approvare la legge sull’Anagrafe, detta appunto “legge Tremaglia”. Milioni di connazionali all’estero che erano stati cancellati dai registri di stato civile del nostro Paese riacquistarono tutti i diritti sanciti dalla Costituzione. E infine, la grande affermazione ottenuta con l’adozione della legge costituzionale per il voto degli italiani all’estero.
A lui si devono le Conferenze degli scienziati, degli imprenditori, dei parlamentari italiani nel mondo. “L’Altra Italia – sottolineava – dona al mondo intelligenza, capacità di lavoro, onore e civiltà”. Questa brillante capacità di collegare, far conoscere, motivare le personalità affermate nel mondo è un’altra delle prove della lungimiranza di Mirko. Egli aveva compreso che esiste una fortissima domanda d’Italia stimolata dal nostro ingegno, dal nostro sistema produttivo e dall’enorme patrimonio culturale. Grazie a questo formidabile “soft power”, l’Italia può ambire a un ruolo globale.
Una visione da precursore e in linea con quanto avrebbero poi sostenuto i teorici della globalizzazione, come Thomas Friedman e Robert Cohen, che sottolineano l’esigenza di preservare nel mondo globalizzato le tradizioni locali, mantenendo viva la memoria della terra d’origine e l’identità. In questo modo l’identità resta riferimento irrinunciabile: non come rivendicazione di superiorità, ma come fattore di arricchimento. Tremaglia ricordava in ogni momento che i nostri connazionali all’estero portano la ricchezza inesauribile dell’italianità.
Ho avuto modo di constatare personalmente, negli Stati Uniti, il successo che stanno avendo le fondazioni, le reti, le associazioni che riuniscono scienziati italiani e di origine italiana. E’ una delle idee vincenti, lanciate da Tremaglia, sulle quali intendo continuare a lavorare. In una fase della nostra storia che impone di trovare nella globalizzazione, i veri punti di forza per la crescita e la competitività del nostro Paese, non vi è nulla quanto la creazione di una “comunità della conoscenza”, all’interno e all’estero del Paese, che può fare la differenza.