(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)
Signor Presidente,
Signore e Signori,
desidero innanzitutto ringraziare il Signor Presidente della Repubblica per l’alto onore che ci riserva con la sua partecipazione così significativa a questo incontro annuale sull’Africa.
Rivolgo il mio saluto a tutti i presenti, e in particolare al Vice Presidente del Senato, Senatore Bonino, al Vice Presidente della Camera dei Deputati, Onorevole Buttiglione, al Ministro Riccardi, al Giudice costituzionale Mazzella, ai Sottosegretari Dassù e de Mistura, all’Onorevole Boniver, agli Ambasciatori e ai componenti del corpo diplomatico africano accreditati presso il Quirinale.
Vorrei cogliere questa circostanza per riconoscere il lavoro e l’appassionato contributo di quanti operano nell’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente. L’ISIAO può e deve rapidamente superare questa complessa fase di riassetto organizzativo e finanziario; deve riprendere in pieno e rilanciare la sua così meritevole attività di studio, di ricerca e di promozione dei rapporti fra l’Italia e i Paesi dell’Africa e dell’Oriente.
Signor Presidente,
ricorre oggi il 49° anniversario della nascita dell’Organizzazione dell’Unità Africana. Dieci anni orsono, la creazione dell’Unione Africana ha fornito all’intero continente una solida cornice per avviare un percorso lungamente auspicato di integrazione politica ed economica, basato su principi condivisi. Anche grazie a questa scelta, l’Africa ha rapidamente accresciuto il proprio ruolo nella governance globale. Ne è la prova la sua partecipazione al G20 e al segmento New Alliance del G8.
La sicurezza e la prosperità del continente europeo non possono prescindere dalla cooperazione con quello africano. Per condurre un’efficace lotta al terrorismo, ai cambiamenti climatici, alla pirateria, alla criminalità organizzata, nonchè per riformare l’architettura globale e in particolare quella delle Nazioni Unite, l’Africa è un “partner” indispensabile. Nei Paesi del continente africano ricerchiamo e troviamo importanti interazioni per fare avanzare l’agenda dei diritti umani: mi riferisco, ad esempio, alle campagne in cui l’Italia è in prima linea per l’abolizione della pena di morte e per combattere la piaga dei bambini soldato e delle mutilazioni genitali femminili.
L’Africa è per noi fonte di grande ottimismo. Guardando alle dinamiche africane, incontrando i leaders politici africani – democratici, pluralisti e con un alto senso dello Stato -, visitando i Paesi dell’Africa in cui si è consolidata l’economia di mercato e crescono le classi medie, si avverte un forte messaggio di fiducia. Ecco perché ha colto nel segno il titolo di una recente copertina dell’Economist, che ha definito l’Africa come lo “hopeful continent”. L’Africa è diventato un continente di opportunità, un continente nel quale le nostre economie e le nostre società civili possono interagire in un partenariato paritario e mutualmente vantaggioso.
I risultati conseguiti dai Paesi africani sono molto promettenti. Sei di loro corrispondono alle dieci economie più dinamiche al mondo, con tassi di crescita fra il 7,6% e l’11%. Nelle mie recenti visite in Etiopia, all’Unione Africana e in Mozambico ho constatato la grande vitalità di iniziative economiche e lo spessore dell’impegno africano alla soluzione dei problemi che ostacolano la pace e la sicurezza regionale. Mi è parsa evidente una grande volontà, sempre più orientata allo sviluppo di rapporti imperniati su un pieno partenariato, più che sulla tradizionale cooperazione, che trova in ogni caso l’Italia fra i suoi più convinti sostenitori dello sviluppo sociale e del raggiungimento degli obiettivi del millennio: in particolare, per quanto riguarda la lotta alla povertà, la promozione della salute materna e dell’infanzia.
E’ quindi realistico pensare all’Africa come a una grande area permeabile alle spinte positive della globalizzazione e finalmente partecipe di un processo di sviluppo del pianeta. Un’Africa che possa essere saldamente legata all’Europa da intensi e paritari scambi economici e commerciali, e non più solo dalla geografia. E la saldatura può essere assicurata da quei Paesi, come il nostro, che da sempre guardano al continente africano con sentimenti di naturale simpatia e calorosa apertura.
Come ha osservato il Presidente della Liberia e Premio Nobel, Ellen Johnson Sirleaf: We have to first secure the peace, we have to make our nation secure, people must feel safe and confident. La pace e la sicurezza sono il prerequisito per soddisfare le esigenze e le aspirazioni dei popoli.
Ho ravvisato questa profonda consapevolezza nei miei colloqui con la dirigenza dell’Unione Africana e dell’IGAD, che ho incontrato ad Addis Abeba il 3 maggio. Una convinzione testimoniata in concreto dal significativo e crescente contributo delle organizzazioni africane alla soluzione delle crisi regionali. I Paesi africani affrontano queste sfide nel nome di una ownership che non è responsabilità in solitudine, ma coscienza dei propri mezzi, nel convincimento che la priorità assoluta sia scongiurare l’enorme costo umano e finanziario dei conflitti.
Per il Governo italiano la sicurezza dell’Africa è fondamentale. E non mi riferisco solo ai Paesi del Nord Africa, in favore dei quali non lesiniamo sforzi diretti a consolidarne la stabilità e a favorirne la ripresa economica dopo la primavera araba. Un elemento emerso in tutti gli incontri con i nuovi leaders arabi é la forte “domanda di Italia”. Il successo riscosso dalle visite del Presidente del Consiglio in Libia ed Egitto e la straordinaria risonanza della visita ufficiale che Lei, Signor Presidente, ha svolto in Tunisia il 16 e 17 maggio scorsi hanno coronato una stagione di contatti frequenti e approfonditi con tutti i Paesi dell’Africa mediterranea. Quella Sua, Signor Presidente, è stata la prima visita di un Capo di Stato europeo nella nuova Tunisia, colta dalle Autorità e dall’opinione pubblica tunisine come un fondamentale impulso ai valori di democrazia e di libertà.
Rivolgiamo attenzione crescente anche al Sahel, un’ampia area, attraversata da forti tensioni. L’Italia è impegnata a favorire forme di dialogo, a rafforzare le capacità di controllo del territorio, soprattutto delle frontiere. Un’altra area d’instabilità endemica dove si concentra l’azione italiana è il Corno d’Africa. Antichi rancori hanno scavato solchi profondi. Da ultimo, le tensioni tra Sudan e Sud Sudan. L’Italia fu testimone degli Accordi di Pace nel 2005 e non assiste indifferente all’acuirsi della crisi. Occorre che entrambi i Paesi diano piena attuazione alla risoluzione 2046 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e si affidino con spirito costruttivo alla mediazione dell’Unione Africana.
La crisi più drammatica rimane quella somala. Il Governo italiano ribadisce il proprio impegno per la Somalia, un’intera generazione di giovani al di sotto dei trent’anni non conosce il significato delle parole pace e convivenza civile. Abbiamo sostenuto il processo di transizione nato sotto gli auspici delle Nazioni Unite. Abbiamo contribuito a rafforzare le Istituzioni Federali Transitorie, che il 20 agosto dovranno lasciare il posto a uno Stato somalo con nuovi basi istituzionali e politiche. L’Italia ha un approccio onnicomprensivo: all’aiuto umanitario si accompagnano non solo il sostegno finanziario alle Forze di sicurezza somale e ad AMISOM, ma anche la partecipazione alla Missione di formazione di forze di sicurezza somale, EUTM. Il successo può essere a portata di mano: l’insorgenza degli Shabaab non è più solo contenuta, è ora decisamente respinta. Fra pochi giorni avrà luogo la Conferenza di Istanbul. Il 2-3 luglio ospiteremo a Roma la riunione del Gruppo Internazionale di Contatto. Mi aspetto da questi appuntamenti progressi concreti e un impulso decisivo alla fase finale della transizione somala.
Parlare di Somalia evoca inevitabilmente una delle minacce più insidiose alla sicurezza internazionale. Mi riferisco alla pirateria, che trae origine dalla situazione di anarchia presente lungo ampi tratti delle coste somale. Colpendo le rotte nell’Oceano Indiano, essa tocca non solo tutti i Paesi rivieraschi, ma anche l’intera comunità internazionale. Occorre una risposta forte, coordinata e coesa a livello mondiale. Servono regole marittime certe, universalmente riconosciute e rispettate da tutti i Paesi impegnati in questa difficile sfida. Vorrei ribadire in questa sede il principio fondamentale per tutte le nazioni impegnate nel contrasto alla pirateria: quello della giurisdizione esclusiva dello Stato di bandiera e dell’immunità funzionale dei militari impegnati in operazioni anti pirateria.
Signor Presidente,
L’Italia crede che la migliore garanzia per la pace sia lo sviluppo. Per questo sentiamo la responsabilità di contribuire alla crescita economica e sociale dell’Africa. Lo dimostra l’Iniziativa per la Sicurezza Alimentare lanciata nel 2009 all’Aquila dal G8 a presidenza italiana. Abbiamo posto al centro dell’agenda internazionale la sicurezza alimentare. La lungimiranza di questa impostazione è stata confermata al G8 di Camp David, dove il Presidente Obama ha lanciato, come seguito dell’Iniziativa dell’Aquila, la “New Alliance”, focalizzata sulla sicurezza alimentare in Africa.
Anche all’interno dell’Unione Europea, l’Italia sostiene un approccio globale, che abbandoni la logica donatore-beneficiario. Il Quadro finanziario pluriennale 2014-2020 allocherà più di 70 miliardi di euro all’azione esterna della UE. L’Italia insiste per la creazione di uno specifico Programma Panafricano, che dovrà finanziare attività a dimensione regionale, continentale e globale per l’Africa.
Desidero sottolineare la logica di fondo dell’azione italiana. Non solo assistenza, ma volontà di costruire una convergenza profonda di valori. Nel rispetto delle diversità culturali, l’Italia crede che possa esserci libertà dal bisogno solo garantendo l’universalità dei diritti. I diritti umani sono per noi tema irrinunciabile. La libertà di religione è oggi motivo di preoccupazione. Numerosi e gravi episodi di violenza settaria hanno colpito minoranze religiose, prevalentemente cristiane, in varie regioni dell’Africa. Condanniamo questi episodi efferati. E sosteniamo il dialogo interculturale ed interreligioso, senza il quale una pace vera e duratura non è possibile.
Signor Presidente, Signori Ambasciatori,
Nelson Mandela, rivolgendosi nel 1998 ai leaders africani riuniti nell’Organizzazione dell’Unità Africana, disse: Vi diamo la responsabilità di condurre i nostri popoli e l’intero continente nel nuovo mondo del prossimo secolo – che deve essere un secolo africano – durante il quale tutto il nostro popolo sarà liberato dall’amarezza nata dalla marginalizzazione e dal degrado del nostro fiero continente africano. Gli sviluppi degli ultimi anni stanno dimostrando quanto profetiche fossero quelle parole. Questo è il secolo africano.
Grazie.