(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)
Segretario Generale dell’OSCE,
Onorevoli Migliori e Mecacci,
Segretario Generale Aggiunto del Consiglio di Cooperazione del Golfo,
Ambasciatori,
Signore e Signori,
sono lieto di aprire i lavori di questa conferenza, che risponde a un’idea che manifestai lo scorso dicembre a Vilnius, quando il Consiglio Ministeriale dell’OSCE decise di rafforzare la cooperazione dell’Organizzazione viennese con i Partner Mediterranei. In quell’occasione, per dare contenuto a quella decisione, proposi di svolgere in Italia un incontro sui nuovi scenari e le nuove sfide del Mediterraneo con qualificati rappresentanti del mondo politico e accademico.
Desidero esprimere il mio vivo apprezzamento ai Presidenti di IPALMO e IAI, l’On. Gianni De Michelis e il Professor Stefano Silvestri, per aver raccolto quell’invito e aver organizzato l’evento odierno, in collaborazione con il Ministero degli Esteri e il Segretariato OSCE. Ringrazio il Segretario Generale, Amb. Lamberto Zannier. È per noi un ulteriore incoraggiamento il fatto che gli esiti della conferenza saranno presentati al Consiglio Permanente dell’OSCE.
Ritengo in primo luogo doveroso riferirmi alle terribili immagini che abbiamo ricevuto venerdì e sabato da Houla. La crisi siriana sta sempre più affondando in un groviglio di guerra civile, massacri e violenze perseguiti con la più feroce e criminale determinazione: un eccidio di civili innocenti è stato perpetrato con colpi di artiglieria e mortaio dalle forze di sicurezza siriane ad Houla; bambini sono stati massacrati volutamente.
Interpretiamo la dichiarazione di condanna del Governo siriano emanata nella notte dal Consiglio di Sicurezza come il rigetto assoluto e unitario da parte della comunità internazionale di tali ignobili atrocità.
L’Italia ha sostenuto fin dapprincipio e continua a sostenere gli sforzi dell’ONU e del suo Inviato Speciale. Ma chiediamo che il piano di pace sia applicato pienamente, a cominciare dall’assoluta cessazione delle violenze e dal libero ingresso in Siria delle organizzazioni umanitarie. Occorre però aumentare la pressione dell’intera comunità internazionale per porre fine a questo massacro. Non si può attendere indefinitamente. Sono in costante contatto con i partners europei, arabi e turco. Considero quest’ultimo un partner assolutamente cruciale nella soluzione dei problemi dell’area.
Grazie alla vicinanza geografica, ai legami storici e culturali, agli intensi flussi commerciali, alle forti complementarietà tra le economie e ai sentimenti di profonda amicizia tra i popoli, noi italiani abbiamo da sempre una speciale comprensione della realtà della sponda sud del Mediterraneo. La Primavera araba ha però colto di sorpresa anche noi, come se ci fossimo trovati davanti a un idioma che non riuscivamo a decifrare.
Accostandoci al Mediterraneo come a una regione di convergenze e somiglianze, avevamo trascurato le profonde differenze costituite dall’innaturale esclusione dei popoli arabi dalla vita democratica e dai diritti fondamentali. L’accondiscendenza verso i regimi autoritari, complice anche il timore di involuzione fondamentalista dei movimenti di ispirazione islamica, ci aveva indotto a scambiare l’immobilismo per stabilità, la paura oppressiva per sentimento di sicurezza.
Le rivolte hanno squarciato quel velo illusorio e noi abbiamo scelto di stare dalla parte giusta della Storia, schierandoci senza riserve in favore e a sostegno del cambiamento. Avvertiamo ora l’esigenza di rafforzare le relazioni tra le due sponde sulla base di rapporti autentici, paritari e di lunga durata. Anche perché, come osservava il grande storico francese Fernand Braudel, quando si guarda alla regione mediterranea è opportuno concentrarsi sulla “lunga durata” invece che sugli “eventi”, sulla “struttura” invece che sulla “congiuntura”. E, nel Mediterraneo, il dato strutturale è quello dello scambio pacifico, della comprensione reciproca, dell’interrelazione mutualmente vantaggiosa.
L’OSCE, con la sua esperienza e i suoi molteplici strumenti, può contribuire a mettere in pratica questo approccio di lunga durata. Occorre fare affidamento su ciò che ha funzionato bene in passato, adattandolo ovviamente alle specificità regionali. Con l’Atto Finale di Helsinki i padri fondatori non solo individuarono il legame inscindibile tra sicurezza euro-atlantica e mediterranea, ma riconobbero anche la forte correlazione tra sicurezza e rispetto dei diritti umani.
A distanza di quasi quarant’anni, quell’approccio fondato sulla sicurezza onnicomprensiva è ancora attuale e valido. Tale modello olistico è stato alla base del successo duraturo dei processi di transizione in Europa orientale. E continua a guidare la comunità internazionale nella strategia di lungo periodo volta a prevenire i conflitti in aree di instabilità, come quelle dei Balcani, del Caucaso e dell’Asia Centrale.
Nell’incerta e complessa fase di trasformazione della sponda sud, la stretta connessione tra diritti e sicurezza, tra libertà e stabilità, tra progressiva integrazione e rispetto per le diversità deve essere la bussola con cui orientare il nostro sostegno ai processi di transizione dei Partner mediterranei. Questi sono i valori fondativi della convivenza in Europa. Non pretendiamo certo di imporre un punto di vista eurocentrico a quanti si sono battuti per la libertà, la dignità e il diritto. Possiamo però condividere valori e obiettivi con Partenariati paritari e progetti concreti.
Come ha osservato il Presidente Napolitano nel corso della sua recente visita ufficiale a Tunisi, la prima di un Capo di Stato europeo nella nuova Tunisia, non bisogna semplicemente celebrare la comune devozione ai principi di libertà e di democrazia, ma anche stabilire rapporti che aiutino a consolidare l’economia e la società civile. Sono molti i settori in cui, grazie all’expertise dell’OSCE, possiamo aiutare i nostri vicini meridionali. Mi riferisco allo sviluppo del capitale umano, al sostegno al ciclo elettorale, al controllo democratico delle forze armate e di polizia, alle attività di “capacity building” nel settore giudiziario, alla tutela delle minoranze religiose, al coinvolgimento della società civile nelle scelte politiche.
Anche il contrasto dell’orribile fenomeno della tratta di esseri umani può giovarsi del nostro impegno congiunto con l’OSCE. Promuoveremo a Roma in autunno una Conferenza per sviluppare la cooperazione regionale tra l’OSCE e i Partner del Mediterraneo con l’obiettivo di aumentare la prevenzione del traffico di esseri umani. Le attività di prevenzione, ancor più di quelle pur doverose di ordine pubblico, sono fondamentali per arrestare alla radice questa grave violazione dei diritti umani e seria minaccia alla sicurezza nazionale.
Traducendo il nostro impegno in azioni tangibili, potremo davvero costruire una “casa comune euro-mediterranea”. Ma nella realizzazione di questo progetto occorre coinvolgere di più i Paesi Partner. Deve essere riconosciuto loro un ruolo più prominente nelle attività dell’Organizzazione e nel processo decisionale sui temi che li riguardano. Contiamo molto sull’azione del Segretario Generale dell’OSCE. Crediamo nella sua possibilità di individuare nuove opzioni di dialogo con i principali attori regionali. Incoraggiamo inoltre l’OSCE ad approfondire le relazioni con le organizzazioni regionali, quali la Lega Araba e il Consiglio di Cooperazione del Golfo.
Anche l’incontro di oggi può fornire un contributo per migliorare le interazioni tra l’OSCE e i Partner. Saranno discussi documenti dell’IPALMO e dello IAI che dovranno farci riflettere su come meglio utilizzare il patrimonio dell’OSCE. Negli anni 70 e 80, il dialogo si articolò in varie conferenze che consentirono a Est e Ovest di avvicinarsi e di concordare i principi per lo sviluppo della pacifica convivenza e della cooperazione politica, economica e sociale.
L’obiettivo è rievocare, con un analogo ciclo di conferenze intergovernative, quello spirito inclusivo e paritario. E anche se la sfida può apparire enorme davanti agli eventi confusi, talvolta tumultuosi, di questa fase della transizione, non dimentichiamo che forse partiamo da una condizione di qualche vantaggio rispetto alla situazione dell’Europa orientale negli anni 70-80. Allora a frapporsi al dialogo erano le fratture ideologiche e la contrapposizione in due blocchi militari. Ora le linee di frattura appaiono meno marcate, in quanto anche l’Islam politico si riconosce in gran parte dei nostri valori fondamentali.
L’Italia non intende sottrarsi a questa sfida. Sa di poter svolgere un ruolo importante. Nella sponda sud c’è una grande domanda di Italia, vista come interlocutore privilegiato e credibile. Ne ho tratto la conferma dai miei incontri a Roma con le nuove dirigenze e dalle visite nelle principali capitali della sponda sud. In alcuni casi, i nuovi governi hanno chiesto di formalizzare su nuove basi il partenariato strategico che lega i loro Paesi all’Italia, come avvenuto con la Libia e la Tunisia. E anche in Egitto abbiamo ottimi rapporti con l’ampio spettro delle nuove forze politiche e con i principali esponenti della società civile. L’Italia è vicina al popolo egiziano e rispetterà le sue scelte democratiche, espresse con un elevato livello di partecipazione al primo turno delle elezioni presidenziali.
Intendiamo contribuire a rafforzare la cooperazione regionale anche con il rilancio dell’approccio multilaterale. Dal tempo della Pax Romana, il Mediterraneo non è più riuscito a strutturare meccanismi solidi e duraturi di integrazione regionale. Il macchinoso processo di Barcellona non è mai riuscito a fare la differenza. Ci sono però ora segnali favorevoli per fare emergere uno spazio di prosperità e dialogo.
Abbiamo colto, e siamo pronti a valorizzarle al massimo, le manifestazioni di interesse delle nuove dirigenze arabe. Il successo della Ministeriale 5+5, tenutasi a Roma il 20 febbraio, e i seguiti che ne vengono assicurati in vista del Vertice 5+5 di Malta, hanno confermato le potenzialità dei nuovi scenari. Anche la ripresa dei processi di integrazione inter-maghrebina dell’Unione del Maghreb Arabo e il rinnovato dialogo tra la stessa UMA e l’Unione Europea possono favorire la stabilità, la fiducia e lo sviluppo economico.
Per rilanciare il progetto mediterraneo e fornire risposte credibili e un orizzonte migliore a milioni di persone, l’azione dei soli Governi non è però sufficiente. Spetta anche alla società civile, ai privati, alle associazioni, alle organizzazioni non governative e alla comunità accademica fare la propria parte. Sono tutti tasselli di un mosaico da comporre insieme, la cui armonia finale dipenderà dalla capacità di estendere il nostro campo di visione oltre il mero dato congiunturale.
Dopo decenni di iniziative imposte dall’alto verso il basso, sono maturi i tempi perché nel Mediterraneo le nuove dinamiche crescano dal basso verso l’alto. Stiamo valutando di costituire con l’OSCE un Centro collegato ai nostri think tanks e capace di diffondere i valori dell’Organizzazione, favorire le interazioni con i Paesi Partner e convogliare le energie positive della società civile, del mondo accademico e dei giovani verso nuove iniziative. Con questo auspicio, formulo a tutti voi gli auguri di buon lavoro.