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Intervento del Ministro Bonino alla X Conferenza degli Ambasciatori d’Italia

(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)





Signor Presidente del Consiglio, Cari Ambasciatori, gentili ospiti,



sono molto lieta di darvi il benvenuto oggi a questa decima Conferenza degli Ambasciatori d’Italia nel mondo.


Quando l’anno scorso ho assistito alla sessione inaugurale della Conferenza, alla presenza del Signor Presidente della Repubblica, non avrei certo immaginato che mi sarei trovata oggi a fare gli onori di casa.



Come sapete, l’evento di quest’anno è dedicato all’attrazione degli investimenti e all’internazionalizzazione delle imprese italiane all’estero quali fattori essenziali per la crescita del Paese e al ruolo fondamentale della Farnesina e della rete diplomatica nella strategia volta a promuoverli. Questo tema fu presentato da me in Parlamento il 15 maggio scorso, all’interno di quella “diplomazia della crescita” cui volli dare risalto quale corollario essenziale delle linee di politica estera dell’azione di governo.



Collegamento del tema della conferenza al contesto piu’ ampio della politica estera


Prima di affrontare tale tema di prioritario interesse per l’azione del Governo e di questo Ministero, ritengo che sia utile inquadrarlo nel contesto più ampio della politica estera italiana e delle sue priorità geografiche e tematiche. Penso infatti che ogni strategia volta all’“attrazione” possa essere efficace solo se riusciamo a dare un’immagine “vincente” dell’Italia nel mondo. Un’immagine che, al di la’ del nostro rilievo economico e finanziario, pur fondamentale, deve poter trasmettere in modo evidente il nostro ruolo di azionista significativo e responsabile del sistema globale. Consapevoli delle nostre potenzialità, così come dei nostri limiti, dobbiamo poter competere senza inseguire la tentazione di difenderci chiudendoci in noi stessi. Seguire “sirene” di questo tipo sarebbe per noi esiziale.



L’Europa


Il nostro primo ambito di riferimento rimane l’Europa con le responsabilità’ che ci impone anche il prossimo calendario con la Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea, pur al netto delle modifiche introdotte dal Trattato di Lisbona.


Da profonda europeista e federalista quale sono, assisto con dispiacere all’appannamento dell’immagine dell’Unione Europea. I progressi nei meccanismi della governance economica introdotti nell’ultimo biennio come risposta alla crisi economica e finanziaria devono essere ora accompagnati da interventi che ne rafforzino il radicamento democratico. Bisogna reagire alla disaffezione verso il progetto europeo e all’emergenza di nazionalismi e populismi conseguenza dell’identificazione dell’Unione Europea sempre più come generatrice di vincoli e sempre meno come fonte di opportunità. A ciò si aggiunge la circostanza che l’UE è stata spesso usata come unico capro espiatorio per misure sgradite ma necessarie. Ci sono due modi per guardare all’ Europa: retrocedere o avanzare.



Come sapete, io – insieme al Presidente Letta e all’intera compagine governativa – sostengo la tesi per cui è necessaria più Europa – e non meno – per fronteggiare le sfide poste da un mondo che vede un numero crescente di attori affacciarsi sullo scenario mondiale. E’ stata proprio l’impossibilità per gli europei di agire con gli stessi strumenti di uno Stato federale come gli Stati Uniti ad impedire una “soft recovery” come quella d’Oltreoceano.



Ritengo però che proprio questa crisi di fiducia e di identità possa essere lo stimolo per prendere iniziative forti, e per questo la ricerca di un percorso per approfondire e migliorare la qualità democratica dell’integrazione europea sarà al centro dell’agenda della Presidenza italiana del Consiglio dell’UE per un’Europa della crescita, dei cittadini e autorevole e rispettata nel mondo.



Occorre innanzitutto consolidare la legittimità dell’Unione favorendo una maggiore “rappresentanza percepita” da parte dei cittadini, attraverso realizzazioni concrete. Per questo motivo il Governo italiano si è adoperato con successo per portare i temi della lotta alla disoccupazione giovanile e della crescita economica al centro dell’agenda dell’UE. L’organizzazione a Roma del prossimo vertice sulla disoccupazione giovanile rappresenta una conferma di tale sforzo. Considerazioni analoghe valgono per l’impegno dell’Italia a portare il tema della gestione dei flussi migratori attraverso il Mediterraneo al centro dell’agenda europea. Era un tema questo in cui la UE era da sempre apparsa poca reattiva; il nostro sforzo, che ancora continua, e’ quello di evidenziarne la valenza tanto dal punto vista umanitario che da quello della stabilità e della sicurezza. Nei Vertici di ottobre ed in quello di domani, il tema vi compare con chiarezza.



E’ anche necessario trovare un punto di sintesi alta tra i numerosi stimoli al rinnovamento dell’Unione che provengono dalla società civile, dalle Istituzioni e dagli Stati Membri. Tale punto di sintesi potrebbe tradursi – se ci riusciamo – in una Dichiarazione solenne sul futuro dell’Europa, da approvare al termine del semestre italiano di Presidenza quando avremo un nuovo Parlamento, una nuova Commissione e un nuovo Presidente del Consiglio Europeo.


La dichiarazione dovrebbe contenere indicazioni concrete e strumenti per costruire un’”Europa migliore”, più integrata e democratica in settori chiave come l’UEM e il mercato unico, più competitiva e orientata alla crescita e all’occupazione, più solidale e vicina ai bisogni dei cittadini, meno “intrusiva” in settori che possono essere più opportunamente gestiti al livello nazionale sulla base del principio di sussidiarietà.


Un’ Unione Europea più inclusiva è anche un’ Unione Europea più ampia. Per questo continueremo a sostenere il cammino europeo, con i suoi precisi requisiti e vincoli oltre che con le sue opportunità, dei Paesi dei Balcani e della Turchia.



Mediterraneo e Medio Oriente


L’altro naturale ambito d’azione dell’Italia è rappresentato dal Mediterraneo e dal Medio Oriente, un’area che è stata ed è ancora teatro di profonde trasformazioni, talvolta drammatiche, le quali, qualunque sia stato o sarà il loro esito, hanno tracciato un percorso ormai irreversibile. Il nostro Paese deve poter svolgere un ruolo di rilievo in questa parte del mondo a noi così culturalmente e geograficamente vicina, anche orientando la politica europea, nell’assistere i Paesi della regione nel loro lungo e complesso percorso verso una stabilità sostenibile. Stabilità sostenibile che, come insegna la storia, non può essere separata dalla democrazia o, quanto meno, da un sistema di governance responsabile, trasparente e partecipativo.


Abbiamo visto con chiarezza in questi mesi come posizioni italiane inizialmente “fuori dal coro” siano state poi più largamente condivise a livello internazionale. E’ stato il caso del perseguimento di una soluzione diplomatica per la crisi siriana, a fronte della possibilità di un intervento militare che avrebbe potuto avere implicazioni potenzialmente esplosive per tutta la regione, visto che il conflitto siriano è alimentato anche dalle linee di scontro e rottura che attraversano la stessa famiglia sunnita. Ma non ci siamo fermati alla sola azione di scongiurare la guerra ! Ci siamo mossi con determinazione anche per contribuire all’azione di distruzione dell’arsenale chimico. Abbiamo svolto insomma politica estera con quello che ne consegue: assumendoci le nostre responsabilità’. Vogliamo essere parte della soluzione sul dramma siriano. A cominciare dall’appuntamento di Ginevra II.


In quel contesto, peraltro dai drammatici risvolti umanitari che abbracciano altri Paesi della regione siamo in condizione di far sentire la nostra voce a sostegno della stabilita’, come nel caso della nostra qualificata ed importante presenza in Libano, da ultimo ulteriormente accresciuta con il nostro sostegno alla ricostituzione delle forze armate di quel Paese.


Lo stesso è avvenuto nei rapporti con l’Iran: siamo stati infatti i primi a cogliere l’importanza dell’elezione del Presidente Rohani: con la visita del Vice Ministro Pistelli a Teheran in agosto, con gli incontri a settembre a New York – a margine dell’Assemblea Generale – del Presidente Letta con Rohani e della sottoscritta con il mio omologo Zarif. Da ultimo, con il passaggio di Zarif a Roma il 19 novembre e con la mia prevista visita a Teheran fra tre giorni. Siamo convinti che va sostenuto il coinvolgimento dell’Iran nella soluzione della crisi siriana. Una posizione poi seguita anche da molti altri Stati: come ho ricordato in un’intervista di qualche tempo fa, durante l’Assemblea Generale il Presidente Rohani è stato l’interlocutore più gettonato per gli incontri bilaterali, con una serie fittissima di appuntamenti! E il recente accordo, interinale ma anche potenzialmente epocale, di Ginevra non ha fatto che avallare questa nostra intuizione, aprendo una finestra di opportunità che dobbiamo vegliare affinché rimanga aperta e produttiva di conseguenze benefiche. Avendo molto chiaro questo obiettivo abbiamo con evidenza contributo l’altro ieri a Bruxelles a conclusioni del CAE che fossero piu’ chiaramente orientate in questa direzione. Dobbiamo insomma lavorare, insieme agli altri maggiori partners europei e agli Stati Uniti, affinché, in particolare in Israele e nel Golfo, prevalgano l’apertura sia pure prudente e lo spirito costruttivo. E’ nell’interesse di tutti coloro che puntano alla soluzione dei problemi, che sono i naturali interlocutori di una diplomazia dell’amicizia e della collaborazione come quella italiana.




Stati Uniti


In questi, come in alcuni altri dossier, abbiamo espresso talvolta posizioni diverse rispetto al nostro principale partner, gli Stati Uniti. Ciò è stato da taluni interpretato come frutto di una volontà di rinnegare quell’atlantismo che nel suo connubio virtuoso con l’europeismo ha tracciato il nostro percorso di politica estera sin dal dopoguerra. Niente di più lontano dalla realtà.


I migliori amici sono infatti, come tutti sanno, quelli che si parlano più schiettamente. E il nostro rapporto con gli USA continua ad essere solido e strettissimo, come hanno dimostrato le numerose visite svoltesi quest’anno e in modo particolare la Sua dell’ottobre scorso a Washington, Signor Presidente del Consiglio. Speriamo, inoltre, che le relazioni transatlantiche possano continuare a consolidarsi ulteriormente nei loro diversi aspetti di sicurezza e di condivisione di valori e di responsabilità anche con il TTIP, il partenariato transatlantico in materia di commercio e investimenti, che potrebbe dare impulso alla crescita e all’occupazione su entrambe le sponde dell’Atlantico, e intendiamo per questo svolgere un ruolo attivo nella promozione dei suoi negoziati.



Altre partnerships cruciali


In uno scenario globale come quello appena descritto, fortemente dinamico e competitivo, altre partnerships risultano cruciali. Rimane solido il rapporto con la Russia, come confermato dal Vertice di Trieste del 26 novembre scorso, che ha rappresentato l’occasione per un confronto a tutto campo sulle principali questioni bilaterali, sia politiche che economiche, oltre che sui più rilevanti temi di politica estera. Le 28 intese sottoscritte a vario titolo in tale occasione, sia a livello governativo che tra imprese private, ne sono la riprova.


Anche con la Cina, l’incontro di ottobre del Comitato Governativo Italia-Cina e la visita in quell’occasione del mio omologo Wang hanno confermato un’evoluzione nei nostri rapporti verso un dialogo strutturato e allargato ai temi globali e regionali. Quanto questo sia essenziale lo vediamo confermato dalle minacce d’instabilità e persino di crisi aperta che incombono sul nord est asiatico. Le relazioni bilaterali registrano anch’esse un crescente dinamismo, che stiamo cercando di canalizzare nella direzione di una maggiore presenza di utili e costruttivi investimenti cinesi in Italia. Un forte segnale dell’interesse della Cina per il nostro Paese è la sua partecipazione ad Expo 2015. Non passerà inosservata, visto che Pechino avrà uno dei più estesi padiglioni nazionali dell’intero sito espositivo. Il legame tra Asia e Milano 2015 sarà peraltro reso ancora più forte dal Vertice ASEM, che riunirà nell’autunno 2014 nel capoluogo lombardo i Capi di Stato o di Governo dei Paesi dell’UE, dell’Asia e dell’Oceania, in una logica di pre-apertura di Expo.


Un attore destinato a divenire sempre più rilevante nelle nuove dinamiche globali è l’Africa, che rappresenta oggi sempre più un continente di opportunità, sia per gli elevati tassi di crescita di numerosi paesi africani, sia per gli innegabili progressi compiuti dal punto di vista della stabilità, della sicurezza, della democrazia e della governance, oltre che del rispetto dei diritti umani. Il ruolo avuto dai paesi africani nell’adozione consensuale della Risoluzione delle Nazioni Unite che ha bandito le mutilazioni genitali è una dimostrazione dell’evoluzione in corso. E’ quindi mia intenzione recuperare il tempo perduto e imprimere un’accelerazione alle relazioni con i paesi africani, attraverso iniziative concrete che consentano sia una maggiore interlocuzione politica, sia la creazione di un quadro di riferimento in cui anche le nostre imprese e tutti gli altri attori nazionali possano operare per contribuire concretamente alla crescita sostenibile dell’Africa. Uscire insomma da una logica, ampiamente superata, di considerare l’Africa quale un continente da approcciare con un’unica politica, invece di modulare gli interventi tenendo conto delle sue diversità’. In gennaio ho in programma due visite in rapida successione in alcuni Paesi della regione.


Un altro continente sul quale continuiamo a mantenere accesi i nostri riflettori è l’America Latina. La solidità e le prospettive di crescita dei nostri rapporti sia politici sia economici con i paesi latinoamericani sono emerse chiaramente nel corso della Conferenza Italia-America Latina, tenutasi in questa stessa sala la settimana scorsa, alla quale hanno partecipato ben 13 Ministri degli Esteri provenienti da quel continente. E la recente adesione dell’Italia in qualità d’osservatore ai lavori dell’Alleanza del Pacifico è un riconoscimento dell’impegno del nostro Paese in quell’area e dell’importanza che l’Italia attribuisce ai processi d’integrazione regionale e sub-regionale attualmente in corso in America Latina.



Fare politica estera, soprattutto in un momento di risorse scarse, tuttavia, ci impone di scegliere le nostre priorità’. Europa, rapporto transatlantico e rapporti con il nostro complesso vicinato balcanico, del Vicino Oriente e del Nord Africa sono le nostre priorità’. Ma non trascureremo certamente il resto, puntando sull’efficienza di una maggiore selettività’. A ciò’ del resto e’ ispirata il riadattamento della rete diplomatico-consolare. La nostra attenzione crescente verso aree come quella del Golfo e del Sud est asiatico ha trovato posto in questo esercizio. Le risorse a disposizione, ma anche la legge, ci hanno imposto di scegliere e abbiamo cercato di farlo guardando al domani. Anche se per qualcuno e’ difficile disancorarsi dal legame col passato.



Diritti umani


Signor Presidente del Consiglio, l’immagine del nostro Paese nella Comunità Internazionale è rafforzata anche dal ruolo attivo che abbiamo nella promozione dei diritti umani. Questa è una componente strutturale e sistematica della nostra politica estera. L’Italia continua infatti a condurre un’azione convinta in questo ambito ispirandosi a una linea di dialogo ed apertura, che rispetta le diversità rimanendo al contempo fedele al principio dell’universalità dei diritti umani.


Su molte delle battaglie per le quali ho combattuto da “militante” ho trovato sempre una solida sponda nel governo italiano, dalla pena di morte alle mutilazioni genitali femminili, passando per i matrimoni precoci forzati.


Molte di queste battaglie vedono purtroppo come vittime le donne. La ratifica in tempi rapidissimi della Convenzione del Consiglio d’Europa di Istanbul sulla “prevenzione e lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica”, oltre che del Arms Trade Treaty, il trattato per la regolamentazione del commercio di armi che finisce per avere importanti ricadute positive soprattutto per le donne, mostra la nostra determinazione a lavorare per migliori condizioni femminili, anche grazie a un prezioso connubio tra istituzioni e società civile che mi ha visto operare da entrambe le parti.


Sostenere i diritti delle donne significa anche lottare per una loro maggiore consapevolezza e affermazione in tutti gli ambiti. Per questo, in vista di Expo 2015, abbiamo deciso di lanciare un progetto “Women for Expo”, con l’obiettivo di dare all’esposizione universale milanese una forte connotazione femminile, tenuto conto del ruolo attuale e potenziale delle donne negli ambiti della sostenibilità alimentare, della nutrizione, della salute, oltre che nel settore agricolo e agroalimentare.


Ovviamente, come ho più volte sottolineato, il successo della nostra azione e nel rafforzamento della nostra immagine come promotori dei diritti umani dipende anche dalla nostra coerenza e volontà di fare anche i compiti a casa, per non essere accusati di doppio standard. I record purtroppo negativi dell’Italia in termini di condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo per lunghezza dei processi, violazioni dei diritti della difesa e situazione carceraria, rendono la nostra azione meno credibile. Di concerto con i colleghi dell’Interno e della Giustizia stiamo impegnandoci per recuperare almeno parte del terreno perduto.




Altre sfide globali


Su tutte le sfide globali – e quella dei diritti umani deve assolutamente continuare a rimanere in prima linea – l’Italia fa sentire la propria voce e continuerà a farlo in uno spirito di cooperazione e consenso.


La sfida più ampia, che racchiude tutte le altre, è quella del perseguimento di una stabilità diffusa. Per questo motivo, nonostante i crescenti vincoli in termini di risorse, continuiamo ad attribuire grande importanza alla nostra partecipazione ad operazioni di gestione delle crisi multinazionali, che oltre a servire anche i nostri interessi di sicurezza concorre a mantenere alta la credibilità dell’Italia e ne accresce il prestigio internazionale. Nell’ambito degli sforzi di cui parlavo all’inizio per dare un’immagine “vincente” del nostro Paese, il nostro impegno in Afghanistan, che continuerà, seppur con modalità diverse, anche dopo il 2014, ha svolto e svolge ancora un ruolo sicuramente rilevante.


Anche di fronte alle altre sfide globali, dalla sicurezza energetica alla sostenibilità ambientale sino alla lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, l’Italia continua a fare la sua parte. In tema di sicurezza energetica, voglio qui menzionare un evento che ha segnato un grande successo della diplomazia italiana, la ratifica il 5 dicembre scorso dell’Accordo Intergovernativo concluso a febbraio con Grecia e Albania per la costruzione del Trans Adriatic Pipeline, che permetterà l’arrivo in Italia del gas azero attraverso questi due paesi, facendo del nostro paese un hub energetico del Sud Europa e del Mediterraneo. Ieri ero a Baku per la cerimonia della firma.


Al contempo, ci teniamo a coniugare le necessità energetiche con l’interesse prioritario per la salvaguardia ambientale e la lotta ai cambiamenti climatici che mettono a repentaglio la stessa sopravvivenza del nostro pianeta. Contribuiamo attivamente alla leadership europea in questo campo. Per questo motivo, anche alla luce di quanto previsto dal Consiglio europeo sull’energia dello scorso maggio, intendiamo investire nell’impiego delle energie rinnovabili e nel costante miglioramento dell’efficienza energetica, così come previsto anche nella Strategia Energetica Nazionale (SEN).



Portare l’Italia nel mondo, attrarre il mondo in Italia – Internazionalizzazione e attrazione di investimenti



Ho lasciato volutamente per ultimo, dopo averlo evocato all’inizio, uno dei maggiori temi che affronteremo in questa Conferenza: internazionalizzazione delle nostre imprese e attrazione degli investimenti. Su tutti questi temi l’impegno del Ministero è forte e costante. Un impegno che deve, però, calarsi con consapevolezza nel contesto economico che stiamo attraversando: siamo quasi al sesto anno della crisi economica, e il Paese ha una priorità che sovrasta tutte le altre. Quella della crescita.



Anche la politica estera deve mettersi al servizio di questa esigenza. Ho riassunto tutto questo, dall’inizio del mio incarico come Ministro degli Esteri, nella formula “diplomazia della crescita”, che in sostanza significa lavorare con due obiettivi molto chiari: da un lato portare l’Italia nel mondo, sostenendo l’export e il percorso di internazionalizzazione delle nostre imprese. Dall’altro portare il mondo in Italia, attraverso una politica coerente per l’attrazione di investimenti.



Sull’export e l’internazionalizzazione, sappiamo che è il segreto del nostro successo. Pensiamoci: i tedeschi, per definire i loro prodotti, usano un termine tedesco, “deutsche qualität”. Il nome con cui in Italia noi stessi definiamo i nostri prodotti è invece un termine inglese, “Made in Italy”: perché la nostra manifattura ha l’internazionalità nel DNA. I nostri prodotti sono fatti in Italia per andare nel mondo. E questo lo sanno bene – forse meglio di noi – i consumatori globali, che alimentano una domanda di Italia sempre crescente.



Il punto non è dunque dire che “bisogna sostenere l’export”: questo è ormai un dato evidente a tutti. Il punto vero è capire come farlo oggi, in un mondo che cambia ogni sei mesi e di fronte ad un tessuto produttivo italiano che sta mutando pelle proprio per tenere il passo della globalizzazione. Proprio in quest’ottica ho impostato il lavoro di questi mesi, assieme al Viceministro Calenda, per aggiornare le priorità del nostro lavoro al servizio dell’export.



Innanzitutto dobbiamo attrezzarci, come rete, per sostenere quella parte di Made in Italy meno immediatamente riconoscibile come tale, e quindi quei settori chiave della nostra industria che hanno meno a che fare direttamente con il consumatore finale straniero. Quei settori che operano “oltre il lusso” ma che esprimono ugualmente eccellenze assolute del Made in Italy.



In secondo luogo dobbiamo sostenere lo sforzo di internazionalizzazione delle nostre piccole e medie imprese, facilitando la costruzione di reti e filiere produttive che facciano massa critica. E poi ricordando che ci sono tante PMI anche nell’artigianato e nell’agricoltura pronte ad internazionalizzarsi, e che sta nascendo in Italia una nuova generazione di PMI innovative digitalizzate dalla culla, che sono spesso internazionalizzate “per definizione”.



Proprio per questo, nel piano export lanciato qualche mese fa abbiamo immaginato – oltre all’aumento delle missioni di sistema nei mercati esteri, anche un road show nei territori italiani. Non si tratta di convegni e conferenze, ma di momenti di incontro fra PMI ed esperti di internazionalizzazione, per esplorare le opportunità e aumentare la propensione delle imprese ad andare all’estero. Per far crescere la “domanda di internazionalizzazione” nelle nostre filiere produttive.



Credo che spetti proprio alla nostra rete, che agisce “sul fronte esterno dell’internazionalizzazione”, essere la prima interprete di queste priorità, tenendo bene in mente quello che i nostri diplomatici sanno ormai molto bene: non basta accompagnare fisicamente un’impresa in missione in un altro Paese. Conta tutto quello che viene prima e tutto quello che viene dopo la “stretta di mano” all’estero: quindi preparazione e seguiti. L’internazionalizzazione non è un momento spot, ma un percorso. E quindi abbiamo bisogno di un lavoro sempre più articolato e di “intelligence” che serva a monitorare e capire quali siano le opportunità, informare e orientare le nostre imprese su queste opportunità, per poi agire in loco con azioni di advocacy e costruzione di relazioni. Attività in cui la vicinanza delle istituzioni – soprattutto su alcuni mercati – può veramente fare la differenza.



Tutto questo per l’export. Ma chiaramente c’è anche il lavoro per portare il mondo in Italia, ossia l’attrazione. Una attività su cui la riflessione e l’azione negli anni non era stata all’altezza delle necessità di una economia grande e complessa come la nostra. Anche perché attrarre investimenti non è, banalmente, l’opposto di internazionalizzare. È un processo molto diverso perché richiede politiche, competenze e misure diverse e più complesse. E rispetto alle quali siamo ancora poco attrezzati. Non è un caso – credo – che il nostro Paese attragga solo l’1,6% del totale degli investimenti che girano per il mondo.



Su questo tema il Governo è intervenuto con decisione. Il Piano Destinazione Italia, approvato venerdì scorso in via definitiva dal Consiglio dei Ministri, rappresenta la prima policy organica sul tema dell’attrattività di cui si sia mai dotato il nostro Paese.



Destinazione Italia nasce con la consapevolezza che – in attesa di riforme organiche del fisco, della burocrazia, della giustizia – fosse comunque importante individuare interventi puntuali, estremamente concreti, che rimuovessero ostacoli, creassero maggiore certezze e semplificassero le procedure che frenano gli investimenti italiani ed esteri.



A partire dall’estate – e, lasciatemelo dire qui con una punta di orgoglio almeno a voi, su nostra iniziativa – abbiamo lavorato insieme alla Presidenza del Consiglio e al Ministero dello Sviluppo Economico, coordinandoci con tutti gli altri Ministeri e sentendo molti investitori esteri ed esperti. Il risultato è stato un piano coerente di 50 misure, alcune molto puntuali, altre più sistematiche, che andavano ad agire su vari aspetti del sistema: giustizia, fisco, burocrazia, autorizzazioni, e su vari ambiti della nostra economia, come il credito alle imprese o l’immobiliare.



Il processo è stato sostenuto anche da una consultazione pubblica durata due mesi e che ha toccato più di 30.000 persone. Abbiamo ricevuto moltissimi contributi da parte di cittadini, think tank, associazioni di categoria, ci ha permesso di dare forza al nostro esercizio e di individuare le misure da rendere esecutive in via prioritaria.



Forti di questo lavoro, siamo arrivati venerdì scorso all’approvazione di un Decreto Legge “Destinazione Italia”, che dà attuazione a diverse delle misure più urgenti. Spetta ora al Parlamento percorrere l’ultimo miglio, dando approvazione a Destinazione Italia ed evitando di ridurne la portata con misure che possano andare in direzione differente.



Non entro nel merito delle misure, ma mi fa piacere segnalare che, oltre a quelle per attrarre capitale finanziario abbiamo adottato anche delle norme per facilitare l’ingresso in Italia di capitale umano qualificato: investitori, ricercatori, fondatori di startup potranno godere di un fast track per i visti di lungo soggiorno. Perché la competitività di un Paese si fonda, oggi, molto più sui talenti che riesce ad attrarre che sulle sue materie prime, o sulla sua posizione geografica.


In questa nuova versione di Destinazione Italia, infine, è stata definita la governance, ossia il “chi farà cosa” nel campo dell’attrazione di investimenti. Le nostre sedi sono pronte come punto di contatto con gli investitori. Ma è chiaro che la filiera deve funzionare anche a monte e a valle della rete diplomatica: a monte vuol dire che qualcuno in Italia deve preparare dei “pacchetti” di investimento; a valle vuol dire che una volta che l’investitore estero si interessa al nostro Paese bisogna “accompagnarlo per mano” fino al momento in cui l’investimento si realizza. A questo lavoro a monte e a valle della filiera diplomatica si dedicherà 24 ore su 24 sette giorni su sette una divisione ad hoc di Invitalia.



La rete degli Esteri dovrà interpretare sempre più e sempre meglio questo pezzo della “diplomazia della crescita”. Per farlo è necessario muoversi in due direzioni.


Primo, riorientare la nostra presenza diplomatica dalle aree tradizionalmente occupate dalla vecchia emigrazione italiana – dunque soprattutto Europa, verso le aree di espansione economica – soprattutto l’Asia e gli altri Paesi emergenti.



Scorrendo lo sguardo ad altre attivita’ di assoluto rilievo assegnate alla responsabilita’ di questo Ministero rilevo con soddisfazione il fatto che per il secondo anno consecutivo si e’ riusciti a confermare l’inversione di tendenza nelle risorse assegnate alla Cooperazione allo Sviluppo. Si tratta di tutta evidenza di una responsabilita’ che abbiamo anche nei confronti della comunita’ internazionale, tanto nella parte dei progetti sul terreno che in quello dell’aiuto umanitario. E’ inoltre nella fase di pre-consultazione interministeriale il disegno di legge per una nuova articolazione dei soggetti e degli strumenti. Ferma restando la responsabilita’ politica del Ministero in questa materia e’ mio auspicio che si potra’ pervenire ad una piu’ agile ed efficace gestione della fasi relative alla realizzazione dei programmi.



Il settore culturale ci vede parimenti confrontati con la nota limitatezza delle risorse. Nell’attivita’ in questo settore – in cui siamo evidentemente guardati dall’esterno con un interesse simmetrico alla crescente domanda di Italia che proviene da fuori – stiamo altresi’ procedendo ad una significativa razionalizzazione della rete degli Istituti Italiani di cultura

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