(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)
Signor Presidente,
Cari Colleghi,
Signore e Signori,
Desidero ringraziare il Presidente Hollande ed il Ministro degli Esteri Ayrault per aver organizzato questo evento.
L’Italia ha sostenuto sin dall’inizio l’iniziativa francese. Per riunire tutti i paesi impegnati a raggiungere l’obiettivo di una pace equa e duratura in Medio Oriente. Per creare insieme una nuova massa critica volta a questo obiettivo comune.
Tutti noi abbiamo investito, politicamente e finanziariamente, per aiutare le Parti ad attuare gli Accordi di Oslo. Tutti noi siamo determinati a porre fine al conflitto.
L’Italia tiene molto all’idea dei Due Stati
Ma questa idea rimane ancora largamente incompiuta, nonostante i nostri grandi sforzi volti a rafforzare l’entità statale palestinese; a fornire sicurezza ad Israele; a costruire fiducia tra le parti.
La prosecuzione dello stallo è pericolosa. Soprattutto a causa delle tendenze che osserviamo sul terreno – violenza, terrorismo, istigazione, insediamenti, espansione, occupazione – che erodono le speranze di una pace basata sulla soluzione dei Due Stati. Queste tendenze rappresentano un serio ostacolo alla conclusione del conflitto, ma sarebbe fuorviante additare gli insediamenti quale unico problema. Fin quando i terroristi saranno trattati come martiri, la pace rimarrà lontana.
C’è il rischio di passare dalla “Soluzione dei Due Stati” alla “Illusione dell’unico Stato”. Questa non è la soluzione. Non è ciò che i cittadini palestinesi e israeliani meritano.
Vorrei sottolineare alcune considerazioni essenziali per l’Italia nel percorso che abbiamo di fronte.
Siamo tutti consapevoli che un accordo finale sullo può essere raggiunto solo attraverso negoziati diretti. La pace non può essere imposta.
Il nostro obiettivo oggi è incoraggiare le Parti a tornare al tavolo negoziale, per disinnescare la sfiducia e condividere i dividendi della pace.
Tuttavia, le iniziative di Stati e Organizzazioni Internazionali non possono sostituire gli sforzi che le stesse parti devono compiere.
Un meccanismo internazionale guidato da partecipanti che hanno a cuore il problema non può sostituire i negoziati diretti tra le Parti.
Solo le Parti possono definire al meglio il percorso verso la pace, la crescita, lo sviluppo. Si tratta di un punto molto importante per l’intero Medio Oriente.
Allo stesso tempo però, Stati e Organizzazioni Internazionali possono avere il compito cruciale di fissare i principi guida del negoziato tra le parti.
È un passaggio fondamentale nel sentiero che porta all’obiettivo dei Due Stati: lo Stato di Israele per il popolo ebraico e lo Stato di Palestina per il popolo palestinese.
In effetti, questo lungo, complesso e frustrante conflitto ha dato moltissimo tempo ai negoziatori per definire le grandi linee dell’accordo sullo status finale.
È oggi imperativo fare uno sforzo aggiuntivo e raccogliere i frutti del nostro coraggio politico.
L’Iniziativa di Pace Araba mantiene intatta la sua impostazione lungimirante. Un elemento, questo, essenziale per sconfiggere l’agenda distruttrice di Daesh e degli altri gruppi terroristici nella regione.
L’Unione Europea, a sua volta, è un fermo sostenitore della soluzione dei Due Stati, pronta a rafforzare forme di collaborazione privilegiata con le Parti, man mano che queste avanzano nel percorso che porta alla pace.
Vorrei anche ricordare l’enorme sforzo diplomatico messo in campo dal Segretario di Stato statunitense John Kerry per incoraggiare colloqui diretti tra le parti.
Ho fiducia nel fatto che la nuova Amministrazione degli Stati Uniti ripartirà dal lavoro fatto finora, al fine di contribuire ad un’equa e duratura soluzione basata sulla formula dei Due Stati.
Signore e Signori,
Papa Francesco di recente ha affermato: “Nessun conflitto può mai diventare un’abitudine”.
Si riferiva al conflitto arabo-israeliano ed al rischio che ci si abitui a considerarlo come un dato di fatto.
La comunità Internazionale non può permetterselo. Non possiamo abdicare alla nostra missione di rendere il mondo un posto più sicuro.
Ecco perché siamo a Parigi: per respingere “l’abitudine” al conflitto e per metterci in cammino in direzione della pace.
Grazie