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Intervento dell’On. Ministro al Convegno Ernst & Young: “What Italy can do to unlock the full potential of the Mediterranean” – Roma, 9 Febbraio 2017

“Cosa può fare l’Italia per sfruttare appieno il potenziale del Mediterraneo”

Roma, 9 febbraio 2017, ore 13.30

 

(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)

 

Vice Primo Ministro della Libia, Ahmed Maiteeq,

Ministro dello Sviluppo della Tunisia, Mohamed Fadhel Abdelkefi, 

Dott. Carmine Di Sibio,

Dott. Donato Iacovone,

Signore e Signori,

Ringrazio la Ernst & Young per questa opportunità di rivolgermi a voi e dibattere una questione così vitale.

Mi è stato chiesto di soffermarmi sull’interrogativo: Cosa può fare l’Italia per sfruttare appieno il potenziale del Mediterraneo?

Rispondo che l’Italia può fare molto e sta già facendo molte cose.

Quest’anno l’Italia ha la straordinaria opportunità di porre il Mediterraneo al centro del dibattito internazionale.

Perché quest’anno siamo un membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Mi sono già pronunciato in seno al Consiglio lo scorso mese per ribadire la centralità del Mediterraneo nell’agenda globale. 

Perché quest’anno il Mediterraneo è un nodo chiave della nostra Presidenza del G7.

Perché quest’anno terremo anche il vertice di Roma sul futuro dell’Unione Europea.

Un Vertice che celebrerà il 60° anniversario dei Trattati di Roma e che sarà un appuntamento fondamentale per porre il Mediterraneo al centro di una nuova visione dell’Europa. 

Perché il destino dell’Europa è legato al destino del Mediterraneo.

Di qui la necessità che l’Europa dia prova di saper rispondere agli “appelli del Mediterraneo”.

Oggi, l’Europa comunica ancora in “chat”, mentre tutti noi usiamo “WhatsApp”.

L’Europa deve imprimersi un’accelerata e stare al passo con i tempi.

Costruendo, ad esempio, una Difesa Europea Comune che guardi alle sponde meridionali, dove siamo chiamati a far fronte a molteplici e asimmetriche minacce.

Sono convinto che dobbiamo accelerare il passo e che sia importante seguire il modello di un’Unione Europea basata su più “cerchi concentrici”.

L’idea è già stata ampiamente accettata e il rispetto delle nostre differenze ci consentirà di andare avanti.

E’ anche un’idea maggiormente in linea con la realtà e le attuali forme dell’unità europea. Per esempio, nell’ Euro siamo diciannove Stati Membri e in Schengen siamo ventidue più quattro membri associati non-UE.

Credo, infatti, che il principale impulso nella direzione di una maggiore integrazione debba venire da quegli Stati Membri che già condividono un più profondo livello  di sovranità.

Credo che questi Stati Membri abbiano il preciso dovere di indicare la strada dell’UE.

Possiamo quindi costruire una Comune Difesa Europea con gli Stati Membri che intendono proseguire in tal senso.

Quest’anno la sicurezza figurerà anche nell’agenda del Vertice di Trieste sui Balcani Occidentali. Vogliamo ricollegare il Mediterraneo all’Adriatico.

E quest’anno, assicureremo la Presidenza del Gruppo di Contatto Mediterraneo dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa. 

Come potete vedere, la diplomazia italiana si sta attivando su più fronti per focalizzare l’attenzione internazionale sul Mediterraneo.

E intendiamo farlo con un passo nuovo e un ritmo accelerato.

Permettetemi ora di soffermarmi più a fondo sulle questioni che toccano il Mediterraneo.

Oggi, questa regione è investita da “ondate” di disordine, frammentazione, volatilità e perdita di vite umane, “ondate” che si stanno riversando sulle sponde europee.

Come possiamo placare la tempesta?

Aldo Moro sottolineava, a ragione, che il Mediterraneo e l’Europa sono una cosa sola.

Sosteneva che: “Nessuno è chiamato a scegliere tra l’essere in Europa e essere nel Mediterraneo, poiché l’Europa  è nel Mediterraneo”.

Troppi Europei, invece, si sono illusi di poter separare il proprio destino dalle maree del Mediterraneo.

La crisi in Libia, gli imponenti flussi migratori dall’Africa, l’arrivo massiccio di profughi dalla Siria e la diffusione del Daesh hanno confermato l’enorme impatto di questa regione sul futuro politico ed economico dell’Europa. 

Oggi, il populismo è il “sintomo” di una malattia che deriva, in gran parte, dalle crisi del Mediterraneo.

Bassi livelli di crescita economica, senso di insicurezza e crisi migratoria hanno innescato una “tempesta perfetta” per i tradizionali partiti politici europei, alimentando il fuoco del populismo.

Per spegnere questo incendio che minaccia le nostre democrazie, dobbiamo estinguere tre fuochi principali:

Il primo fuoco è: l’insicurezza che attanaglia i cittadini.

L’Italia e l’Europa si trovano ancora a far fronte al terrorismo islamico che sta cercando di diffondersi attraverso il Mediterraneo.

Non dimentichiamo che l’Italia è schierata al secondo posto, dopo gli Stati Uniti, nella coalizione contro il Daesh.

Dobbiamo difendere le nostre libertà. Non possiamo permetterci di vivere nella paura. La lotta contro la paura è l’essenza stessa della lotta per le libertà.

Il secondo fuoco è: la crisi migratoria.

Dobbiamo continuare ad affrontarne le “cause profonde”.

Per questo la scorsa settimana ho varato il nuovo Fondo per l’Africa.

E’ un Fondo incentrato principalmente su Libia, Tunisia e Nigeria, allo scopo di rafforzare i confini esterni. 

Il Fondo finanzierà anche l’attuazione del nuovo Accordo sulla Migrazione tra Italia e Libia.

Ma voglio essere chiaro su questo punto. Resta saldo il mio impegno a un approccio a “doppia S” che associ solidarietà e sicurezza.

“Solidarietà” perchè l’Italia ha salvato centinaia di migliaia di vite umane nel Mediterraneo.

“Sicurezza” perchè continueremo ad agire con determinazione per identificare ed espellere gli estremisti.

Il terzo fuoco è: il rischio dell’indifferenza europea dinanzi alle sfide del Mediterraneo.

Se vuole restare protagonista, l’Europa non può mostrarsi indifferente dinanzi ai problemi dei Vicini del Sud.

Mi riferisco al fatto che il 60% della popolazione del Nord Africa e del Medio Oriente ha meno di venticinque anni e in gran parte è senza lavoro.

Mi riferisco alla questione della sostenibilità ambientale. C’è ancora un mix energetico altamente non sostenibile nel Mediterraneo.

Mi riferisco alla necessità di una maggiore integrazione economica e industriale. Il Mediterraneo è l’area meno integrata del mondo. Si registra soltanto un 9% di scambi tra la UE e il Sud del Mediterraneo e appena l’1% Sud-Sud.

Tuttavia, io vedo anche delle opportunità in queste sfide.

La più vasta regione Mediterranea, ad esempio, rappresenta un mercato di circa 500 milioni di persone e il 10% del PIL mondiale.

Il 20% del traffico marittimo mondiale e il 30% del petrolio mondiale navigano in acque mediterranee.

L’intero potenziale di mercato e di investimento di un Mediterraneo integrato non è ancora stato esplorato.

Da che parte dovremmo cominciare? Credo che dovremmo cominciare dall’Energia.

Con l’energia possiamo ridefinire il Mediterraneo da “fonte di crisi e allarme” a “promessa di prosperità”.

L’energia costituisce un’opportunità di “reciproco vantaggio” per la cooperazione regionale, i nuovi partenariati politici e l’integrazione dei mercati.

Un Hub Energetico Mediterraneo è la nostra ambizione. Ma esige grossi sforzi.

L’Italia si è impegnata a conseguire questo obiettivo.

In occasione della Seconda Conferenza Ministeriale sull’Energia dell’Unione per il Mediterraneo, tenutasi a Roma lo scorso dicembre, tutti gli Stati hanno convenuto sul rilancio di tre piattaforme di cooperazione: gas, rinnovabili e mercato regionale dell’elettricità.

Sono persuaso che l’energia guiderà la “Nuova Agenda Positiva per il Mediterraneo”.

Un altro ingrediente di questa “Agenda Positiva” è il commercio.

Il valore delle esportazioni italiane verso la più vasta area mediterranea ha toccato i 44 miliardi di euro nel 2015.

Ma possiamo fare molto di più se troviamo una soluzione politica alle crisi in Libia e Siria, che ci sono costate quasi 20 miliardi di euro di mancate esportazioni. E, dato ancora più drammatico, vite e speranze perdute di troppi innocenti.

Sono altresì convinto che, in altre aree del Mediterraneo, una più robusta diplomazia economica possa creare nuove opportunità.

La cultura merita l’ultima parola.

Il patrimonio culturale è un pilastro della ricostruzione di una identità mediterranea condivisa,  soprattutto in quei Paesi che sono dilaniati da guerre civili e terrorismo.

La storia ci ha insegnato che il Mediterraneo ha prodotto il suo capolavoro culturale di maggiore pregio quando più civiltà hanno lavorato insieme. 

Le mie città di Agrigento e Palermo si sono arricchite dalla presenza dei Fenici, dei Greci, degli Ebrei, dei Romani, dei Bizantini e degli Arabi.

Non sorprende che il favoloso centro storico di Palermo sia stato riconosciuto Sito Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

Lo “spirito universale di Palermo” deve ispirare la nostra strategia nel Mediterraneo.

Ma occorre elaborare nuove iniziative insieme.

E’ l’unica maniera per calmare le turbolente acque del Mediterraneo.

Grazie.

 

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