(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)
Presidente Kempe,
Membri dell’Atlantic Council,
Signore e Signori,
E’ un onore per me essere qui all’Atlantic Council, “casa” della libertà di pensiero e del dialogo, promotore dei valori chiave che sottendono le relazioni tra l’America e l’Europa.
I nostri valori comuni sono vitali per la tutela della nostra sicurezza e la difesa delle nostre libertà.
Desidero incentrare il nostro dibattito sulle comuni sfide alla sicurezza che provengono dal Mediterraneo.
Se osservate il Mediterraneo su una cartina, noterete che è appena più grande della regione dei Grandi Laghi. Tuttavia, politicamente e non soltanto in “termini marittimi”, non è calmo come un lago. Una buona parte della sicurezza globale è in gioco in questo grande lago.
Basti pensare alle principali crisi che attraversano il Mediterraneo: il crollo della Libia e dei suoi confini, gli enormi flussi migratori provenienti dall’Africa, il conflitto in Siria e la diffusione del Daesh, in un’area vasta, che si estende dalla Tunisia all’Iraq.
Ci troviamo di fronte a un quadro di instabilità strutturale senza precedenti nella regione.
In passato, le comuni minacce alla nostra sicurezza provenivano essenzialmente dall’Est.
Oggi, invece, provengono principalmente dalle sponde meridionali del Mar Mediterraneo.
Ho sottolineato questo punto al Segretario Generale della NATO Stoltenberg. Gli ho detto, in estrema franchezza, che il Mediterraneo è il luogo che lega l’Unione Europea alla NATO, e anche agli Stati Uniti. Uno sforzo congiunto nel Mediterraneo è la chiave di volta della nostra sicurezza. Dovrebbe costituire una priorità nella nuova Strategia della NATO.
In tutti i miei scambi con il Segretario di Stato Tillerson e altri buoni amici del governo degli Stati Uniti, avverto profonda comprensione per ciò che è realmente in gioco nel Mediterraneo. E gli Stati Uniti sanno molto bene di poter contare sull’esperienza e la conoscenza che l’Italia ha di quest’area.
Come saprete, sono a Washington per partecipare agli incontri della Coalizione Globale Contro il Daesh. Sotto la guida statunitense, la Coalizione si è dimostrata uno strumento straordinario nella battaglia contro il Daesh.
Siamo di fronte a una nuova minaccia: attori Non-Stato con potenzialità e aspirazioni da Stato. E ciò rende la minaccia molto più grave.
Lasciatemi, quindi, sottolineare cosa l’Italia sta realizzando per contrastare questa minaccia e stabilizzare quei Paesi che ne sono le prime vittime.
L’Italia è protagonista in Libia e in Iraq.
L’Italia ha investito pesantemente in Iraq, quale secondo partner della Coalizione Globale. Abbiamo 1.400 uomini di stanza nel Paese. Siamo in Iraq per sostenere e permanere.
Le unità irachene addestrate dai nostri militari sono state tra quelle che hanno svolto un ruolo essenziale nella battaglia di Falluja. Oggi, le stesse unità sono anche impegnate nelle operazioni per la liberazione di Mosul che, confido, si concretizzerà a breve.
Le città irachene sono liberate dal Daesh ad opera dell’esercito. Ma è compito della polizia mantenere l’ordine pubblico. I Carabinieri italiani svolgono l’attività di addestramento della polizia. Nel complesso, abbiamo addestrato, ad oggi, diciottomila elementi delle forze di sicurezza (18.000).
La principale sfida per l’Iraq e la Coalizione è rendere sostenibili le vittorie militari. Perché non c’è pace senza stabilizzazione e non c’è stabilizzazione senza una polizia affidabile.
La Libia è un altro Paese che ha sempre rappresentato una priorità strategica per l’Italia, come dovrebbe essere per l’Europa intera.
Siamo stati, infatti, i primi a tornare a Tripoli e riaprire l’Ambasciata. Essere sul terreno ci consente di sostenere più efficacemente lo sforzo libico volto all’eradicazione del terrorismo.
In particolare, abbiamo fornito assistenza medica ai giovani della Libia occidentale e orientale che hanno combattuto il terrorismo in patria.
Non possiamo permetterci di abbassare la guardia ora che stiamo facendo progressi. Perché la situazione è ancora fragile.
La riconciliazione tra l’est e l’ovest è fondamentale per neutralizzare la minaccia del ritorno del Daesh e dei combattenti stranieri. La lotta al terrorismo dovrebbe unire il popolo libico diviso.
Nel contempo, stiamo lavorando attivamente per tagliare i finanziamenti al terrorismo. Il che equivale a privarli di ossigeno. Un buon esempio di successo su scala globale è stato il Counter Daesh Finance Group, co-presieduto da Italia, Stati Uniti e Arabia Saudita.
Tuttavia, per vincere nella lotta al terrorismo, abbiamo bisogno di una più vigorosa azione diplomatica che promuova soluzioni politiche credibili e inclusive. Perché è essenziale non emarginare ampi settori della società: in Libia, come in Iraq e in Siria.
I generali solevano dire che la guerra è vinta quando i soldati assumono il controllo del palazzo presidenziale. Era così in passato.
Oggi, la guerra si vince soltanto quando le porte dei “palazzi del potere” si spalancano all’inclusione dei principali soggetti politici. Nessuna vittoria al terrorismo a lungo termine può essere conseguita lasciando isolate o discriminate intere comunità.
Pertanto, con riferimento alla Siria, l’Italia sostiene con vigore gli sforzi dell’Inviato Speciale delle Nazioni Unite, de Mistura, in vista di negoziati inclusivi di Ginevra. Questa azione deve rientrare nella complessiva strategia di lotta al Daesh e ad Al-Qaeda.
L’Italia sostiene anche l’iniziativa lanciata dall’UE di tenere una conferenza internazionale a Bruxelles sul futuro della Siria e della regione. (il 5 aprile).
Non possiamo tuttavia pagare la ricostruzione mentre Assad continua a uccidere la sua gente.
Lasciatemi ricordare, inoltre, che l’Italia è garante della sicurezza nella regione in altri modi: per esempio, siamo i primi a fornire truppe all’UNIFIL al confine tra Libano e Israele. Consideriamo il peacekeeping un “elemento qualitativo” della strategia di sicurezza. L’Italia è infatti il primo paese occidentale che sostiene i Caschi Blu delle Nazioni Unite. E siamo intensamente impegnati nel loro addestramento.
Saprete anche che l’Italia è uno dei Paesi che danno il maggiore contributo alle operazioni e missioni NATO in aree che rappresentano una minaccia immediata alla sicurezza del Mediterraneo, come il Kosovo e l’Afghanistan.
E’ altresì fondamentale non perdere di vista il quadro d’insieme. Mentre ci adoperiamo per contrastare il Daesh in Libia, Siria e Iraq, non dobbiamo trascurare il rischio di un’ulteriore deriva settaria.
L’aggressività delle milizie Shia spiana la strada, ad esempio, ad altra violenza nella regione. E l’ultima cosa che vorremmo sono altre tensioni in Libano o nuovi attacchi contro Israele.
Abbiamo, al contempo, compiti da svolgere a casa, nelle rispettive risposte nazionali al terrorismo. Abbiamo l’enorme responsabilità di rassicurare i nostri cittadini. Non certo seminando altra paura, come alcuni populisti fanno adesso in Europa.
Servono azioni concrete, non slogan. Cosa che ho fatto con grande determinazione come Ministro degli Interni, identificando e neutralizzando estremisti violenti. E incoraggiando anche meccanismi più intelligenti di cooperazione per condividere più intelligence.
L’Italia vuole potenziare la condivisione delle informazioni con gli Stati Uniti.
Europa e Stati Uniti sono confrontati a sfide comuni nel Mediterraneo. Per questo motivo, sono convinto che il nostro legame Transatlantico sia più che mai cruciale.
Da Europei, è chiara la necessità di rafforzare gli sforzi in materia di sicurezza. La nostra difesa esige maggiori risorse e un più alto grado di integrazione.
D’altro canto, l’Europa deve innalzare le proprie ambizioni e guardare con maggiore attenzione al Sud, dove oggi siamo chiamati a fronteggiare le principali minacce terroristiche.
Il 25 marzo, i leader Europei si incontreranno a Roma per celebrare i sessanta anni dalla firma dei Trattati che hanno dato vita all’Unione Europea.
Non è soltanto una celebrazione, ma anche un’occasione per caldeggiare l’idea di una Difesa Comune Europea, sulla via di una più spinta integrazione.
Una Difesa Comune Europea è diventata urgente e va di pari passo con la strategia NATO dedicata al fronte Sud. E’ nell’interesse dell’Europa. E’ nell’interesse della NATO. Ed è nell’interesse dei nostri partner del Mediterraneo. Tutti noi possiamo beneficiarne.
Miei cari amici, i nostri vincoli Transatlantici non possono che rinsaldarsi. Perché poggiano su solide fondamenta di libertà e valori condivisi che definiscono la nostra stessa identità e le nostre più profonde convinzioni.
Il nemico è forte. Ma penso alla forza delle nostre comuni libertà e dei nostri valori fondamentali e a come, nel tempo, si siano dimostrati più forti di qualunque orrendo complotto terroristico.
Grazie per l’opportunità offertami di parlare a voi.