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Discorso dell’On. Ministro in occasione dell’IFTAR a Villa Madama

Villa Madama, 30 maggio 2017

(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)

 

Signori Ambasciatori,

Rappresentanti della Comunità Religiosa Islamica

e del Centro Islamico Culturale,

Gentili ospiti,

Purtroppo, impegni politici dell’ultima ora mi impediscono di trattenermi a pranzo con voi. Ma ci tenevo ad essere qui per augurarvi un sentito Ramadan Mubarak e per condividere con voi alcune valutazioni che potrete poi approfondire durante il pranzo con il Sottosegretario Vincenzo Amendola.

Com’è ormai tradizione, anche quest’anno celebriamo l’Iftar a Villa Madama. È l’occasione più bella per ribadire insieme l’importanza del dialogo – tra culture e fedi diverse – contro ogni forma di estremismo e di intolleranza. Per riaffermare la vitalità del nostro comune impegno contro la discriminazione e in difesa della libertà di religione e di credo.

La contrapposizione non è tra cristiani e musulmani, o tra laici e religiosi, ma tra persone di pace e fanatici intolleranti. L’attentato in Egitto contro i Copti è la manifestazione più orribile di questa intolleranza fanatica. Formulo le mie più sentite condoglianze agli amici egiziani. Cercano di dividerci, ma non ci riusciranno mai.

In vari Paesi – del mondo musulmano come di quello cristiano – è in gioco la scelta tra una visione della società aperta che rispetta le minoranze e le categorie più vulnerabili, come anche i disabili, e un’altra chiusa, integralista e oppressiva, centrata sul dominio egemonico delle maggioranze e sul rifiuto dell’eterogeneità.

Villa Madama è un’espressione architettonica della tolleranza. Perché è dedicata a quella straordinaria donna, “Madama” Margherita, figlia di Carlo V e governatrice dei Paesi Bassi, che cercò di mitigare la politica intollerante del fratello Filippo II con gli strumenti del dialogo, della comprensione dell’altro e della mediazione.

Come ho ricordato stamani in un incontro con gli Ambasciatori dei Paesi Arabi, in politica estera ho posto grande accento sul Mediterraneo. Perché è un mare che ci unisce. Ed è un mare che ha prodotto le migliori espressioni di civiltà quando i suoi popoli hanno saputo rispettare ed integrare le culture diverse.

La regione dove sono cresciuto, la Sicilia, oltre che dall’influenza fenicia, greca, romana e bizantina, è stata profondamente arricchita da quella mussulmana. La Sicilia è stata, nei secoli, terra di tolleranza e di rispetto dell’altro.

Oggi, nel Mediterraneo, affrontiamo tante sfide comuni che purtroppo hanno radice nell’intolleranza e nell’estremismo, che strumentalizzano quelle differenze etniche, culturali e religiose, che al contrario hanno garantito prosperità – per millenni – in questo straordinario mare. 

C’è innanzitutto il terrorismo, che sfrutta la religione per fomentare l’odio e generare instabilità. L’obiettivo dei jihadisti non è solo quello di dividere Occidente e Islam, ma anche di seminare discordia all’interno della grande Umma islamica.

Daesh non può essere considerato espressione del credo mussulmano, anche perché dei suoi atti terroristici i mussulmani sono le prime vittime.

Nessuno può invocare Dio per giustificare stragi e uccisioni di civili inermi. Dio è amore e pace. Il terrorismo è odio e distruzione.

In quest’ottica, dobbiamo separare chi prega da chi spara. Dobbiamo estirpare le radici da cui trae alimento la furia distruttiva di chi, lungi dal professare una fede, intende piuttosto prendere in ostaggio una religione.

E sono grato alla Comunità islamica italiana per lo sforzo che ha fatto e che continua a fare per identificare e isolare coloro che hanno dato segni di radicalizzazione. 

Al Vertice G7 di Taormina abbiamo posto la lotta contro il terrorismo in primo piano, con una maggiore attenzione sui gruppi più vulnerabili al richiamo degli estremisti, come i giovani. Basti pensare all’orribile attentato di Manchester. Abbiamo lanciato un forte segnale ai provider di internet per mettere off-line l’internet del terrore. Quello spazio oscuro della rete che attrae e radicalizza tanti giovani, così in Europa come nei Paesi mussulmani. 

In questo sforzo verso i giovani, desidero sottolineare anche il ruolo cruciale delle associazioni e dei leader religiosi per prevenire la radicalizzazione, l’intolleranza e la violenza. Sta a loro diffondere un messaggio religioso compatibile con il carattere pluralista e democratico della contemporaneità.

E nei Paesi più colpiti dal terrorismo dobbiamo prepararci ad un impegno di lungo termine per la stabilizzazione e la riconciliazione nazionale, così in Siria, come in Iraq, e in Libia. 

Stamani ho parlato di Siria, Iraq, Libia e del Processo di Pace israelo-palestinese. 

Stasera rivolgo un pensiero allo Yemen. Ci appelliamo alle parti affinché riprenda il negoziato, facilitato dall’ONU, per una cessazione delle ostilità e una soluzione pacifica del conflitto. La ripresa dei negoziati è l’unica via per scongiurare l’aggravamento della crisi umanitaria e le sofferenze della popolazione civile.

In tutti gli scenari di crisi, come per secoli ci ha insegnato il Mediterraneo, dobbiamo costruire ponti fondati sulla fiducia. Perché la cooperazione è fondata in primo luogo sulla fiducia.

Le grandi sfide sulle quali ci confrontiamo richiedono un impegno a rafforzare quei principi e valori che hanno rappresentato la stella polare della comunità internazionale: il multilateralismo.

Oggi, in politica, sta svanendo la linea di divisione fra destra e sinistra. Sono cambiati gli orizzonti e la nuova linea divisoria è sempre più fra populisti ed internazionalisti. Fra chi si chiude e chi invece si apre al mondo.

Come internazionalisti dobbiamo difendere il multilateralismo. Sarebbe impossibile affrontare le crisi di questo secolo in maniera solitaria, senza questo vitale strumento.

Il multilateralismo ci è richiesto per liberarci dal terrorismo e anche per far fronte all’altro cruciale tema della nostra generazione: i grandi flussi migratori.

Come italiani possiamo essere fieri, perché abbiamo salvato migliaia di vite umane nel Mediterraneo e difeso l’onore dell’Europa. Non sono le mie parole, ma del Presidente della Commissione UE Juncker e del Presidente nigerino Issoufou.

Il 6 luglio, qui a Roma, ospiteremo la Riunione ministeriale con i Paesi di transito della crisi migratoria, d’intesa con il Ministro degli Esteri tedesco Gabriel e con l’Alto Rappresentante UE Mogherini. Ci saranno tutti i principali Paesi africani interessati, i Paesi europei e le Organizzazioni internazionali specializzate.

Sono convinto che grazie ai valori del multilateralismo supereremo anche questa sfida, stimolando uno spirito di cooperazione e di responsabilità condivisa sempre più forte.

Il multilateralismo è il veicolo attraverso il quale si rafforza il terreno dei nostri valori universali, presenti nella natura di ogni persona e condivisi da tutti quanti operano per la tutela delle libertà fondamentali, fra cui quelle di libertà di religione e di credo.

La libertà di religione è un diritto naturale che esiste in ciascuno di noi, nella nostra umanità. Connaturato alle comunità, è un diritto naturale che esiste prima ancora dell’esistenza degli Stati. La religiosità è infatti qualcosa che attiene alla sfera privata della persona umana e nessuno può essere discriminato o perseguito per il fatto stesso di non credere o di credere in altro dalle religioni rivelate.

Apprezziamo inoltre gli sforzi dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica, per promuovere la cooperazione e la solidarietà tra i popoli. E siamo sempre pronti ad esplorare nuove vie per rafforzare i nostri rapporti con l’OIC, voce autorevole del mondo islamico, che investe nel dialogo e nella comprensione reciproca.

Concludo con il forte auspicio non soltanto di incontrarci sempre più frequentemente, ma anche di intensificare il nostro dialogo interculturale, così importante e vitale per il nostro futuro.

Rinnovo a voi tutti e alle vostre famiglie i migliori auguri di buon Ramadan: Ramadan Kareem!

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