(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)
E’ per me un grande onore condividere questo momento con voi durante la mia vista in Libano. Ringrazio il Generale di Brigata Francesco Olla (Comandante del Sector West – UNIFIL), il Colonnello Salvatore Radizza (Comandante della Missione Militare Bilaterale Italiana in Libano – MIBIL), tutte le donne e tutti gli uomini delle Forze Armate per la calorosa accoglienza.
La settimana scorsa ero in viaggio con il Presidente della Repubblica e gli ho ricordato che sarei stato qui. Il Presidente aveva un bellissimo ricordo della sua visita dell’anno scorso. E mi ha chiesto di portare a ciascuno di voi il più caloroso e più forte abbraccio dell’Italia.
Il Governo segue con grande attenzione il vostro eccellente lavoro di portatori di pace nel mondo. Le missioni militari italiane sono una parte integrante e qualificata della nostra politica estera. Il vostro successo è un successo strategico per l’Italia.
E’ un successo che si fonda su quello che è ormai definito il “modello italiano”, riconosciuto da tutti i nostri partner per un “approccio unico” e “non-egemonico”, a favore della pace e della sicurezza, ma anche rispettoso della cultura e delle sensibilità delle popolazioni locali.
Il grande equilibrio che manifestate fra le parti, la cura e il riguardo nei confronti delle popolazioni per comprenderne le esigenze – qui come in altre parti del mondo – sono la carta d’identità delle nostre Forze Armate.
E’ da questi tratti che emerge l’“italianità” dei nostri militari, sinonimo di rispetto, umanità, solidarietà e giustizia.
Abbiamo perfezionato il “modello italiano” con ben 22 missioni di pace dal dopoguerra ad oggi. Siamo il primo Paese occidentale contributore di Caschi Blu e difendiamo i principi delle Nazioni Unite anche nelle missioni NATO e UE: dal Kossovo al Mali, dall’Afghanistan alla Somalia, a Cipro, e qui in Libano.
In Libano il “modello italiano” è ancora più cruciale perché questa è una Nazione frutto della convivenza di differenti tradizioni, culture e confessioni religiose.
Il Libano è pluralità. E’ uno straordinario esempio della ricchezza che ci offre il Mediterraneo, attraverso le diversità. Una terra di grandi civiltà e culture, alla quale l’Italia ha sempre guardato con simpatia ed amicizia, con una identità mediterranea che ci accomuna.
Sono molto fiero del contributo che state offrendo, nei diversi ruoli di ciascuno, perché contribuite concretamente alla stabilità del Mediterraneo, che ha un immediato impatto su tutti noi.
Non è qualcosa di scontato. La stabilità del Libano rimane fragile. Quello che avviene qui, nella vicina Siria e nella Regione, si riverbera sull’Europa. Basti solo pensare ai flussi dei rifugiati e dei migranti.
Inoltre, nell’instabilità del Mediterraneo prolifera la minaccia terroristica, che ha un solo obiettivo: distruggere l’Europa e le libertà fondamentali che l’Europa ci garantisce.
Il vostro lavoro per la pace e la stabilità ci aiuta a proteggere lo spazio di diritti che abbiamo costruito sul continente negli ultimi sessant’anni.
Dobbiamo essere tutti più consapevoli che le conquiste di libertà e di democrazia di cui beneficiamo devono essere difese quotidianamente, in Italia e ovunque nel mondo. Sappiamo che questi beni – per i quali vale ogni sacrificio – sono preziosi e fragili. E non possiamo arrenderci al terrore.
Quello che dico spesso è che non dobbiamo avere paura, perché chi ha paura non è libero. La lotta contro il terrore è l’essenza di una lotta per le nostre libertà. Voi lo sapete meglio di chiunque.
Servite l’Italia senza se e senza ma. E non senza sacrifici, come il tributo di sangue versato dai nostri caduti qui in Libano sotto la bandiera di UNIFIL.
Servite l’Italia con tutte le difficoltà che si accumulano a causa della lontananza dalle vostre case e dai vostri affetti.
Ma non perdete mai l’orgoglio di rappresentare il nostro Paese. L’orgoglio che avvolge al vostro cuore il tricolore.
State rendendo un servizio eccezionale all’Italia e ciò rende me e tutti gli italiani fierissimi di voi.
Viva le Forze Armate, viva la Repubblica.