Urbino, 15 giugno 2017
(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)
Magnifico Rettore,
Gentili Professori,
Cari studenti,
Sono molto felice di essere qui oggi, in una delle università più antiche d’Italia e d’Europa.
Urbino è sempre stata una città aperta al mondo. I suoi più illustri rappresentanti, come Raffaello, hanno usato il linguaggio globale della cultura e dell’arte per interpretare e cambiare il mondo.
Ancora oggi, continuiamo ad avere forte bisogno di questa attitudine di apertura e di internazionalizzazione, e mai di chiusura. Lo studio non è un rifugio dall’asperità del mondo, ma deve essere una guida a cambiare in meglio la nostra realtà, come diceva Carlo Bo, parlando di letteratura.
In un mondo che si interroga sulla “fake news”, qui all’Università di Urbino non correte questo rischio, perché siete nel tempio del libero pensiero e dell’analisi critica, dove la ricerca della verità è il valore in assoluto più importante.
Mi fa piacere che la Farnesina collabori con questa splendida e storica città del sapere nell’ambito della Urbino Press Award, che ogni anno attribuisce il riconoscimento dell’Italia a un reporter o editorialista americano che si sia particolarmente distinto. Un premio molto prestigioso che negli anni è stato attribuito a firme di primissimo piano del giornalismo americano.
Il fatto di essere italiani ci avvantaggia in questo approccio di apertura al mondo, perché l’Italia è da sempre una superpotenza della cultura, dell’ingegno e della creatività.
Siamo un Paese incline al dialogo con popoli, culture e fedi diverse, sia per collocazione geografica al centro del Mediterraneo, sia per nostra secolare predisposizione a commerciare con i vari quadranti del mondo.
Questa inclinazione si riflette anche nel mondo universitario. I dati parlano chiaro: oggi nelle università italiane ci sono più di 70.000 studenti stranieri iscritti. Un altro dato interessate: per gli studenti americani, l’Italia è il secondo Paese per numero di studenti universitari dopo il Regno Unito.
Nel mondo c’è una fortissima simpatia per l’Italia.
Lo dimostra il fatto che oltre 2 milioni di stranieri scelgono di studiare la nostra lingua ogni anno; e il fatto che l’italiano ha un bacino di 80 milioni di italo-discendenti.
Un maggior numero di aziende, non solo italiane, utilizzano l’italiano nelle campagne di comunicazione e nomi italiani per le loro aziende. L’italiano è la seconda lingua più utilizzata, dopo l’inglese, nelle insegne commerciali nel mondo.
Non dobbiamo mai rinunciare alla nostra lingua in nome di un inglese globalizzato. E’ importante conoscere le lingue straniere, ma è grave rinunciare a promuovere la nostra bellissima lingua.
Se rinunciamo alla nostra lingua, rinunciamo ad una parte di noi. Per questo ho difeso l’italiano come lingua d’esame per i concorsi di accesso all’UE. E la Corte di Giustizia europea ci ha dato ragione.
Oggi sono qui per parlarvi dell’internazionalizzazione del nostro sistema universitario, che per me significa rimettere i giovani al centro del sistema. Dobbiamo dare priorità assoluta ai capitoli della formazione, dell’imprenditorialità e dell’accesso al lavoro.
Liberare le energie giovanili vuol dire in primo luogo investire nelle strategie di innovazione culturale e nella qualità del modello formativo.
Uno studente italiano che va all’estero o uno studente straniero che viene in Italia, grazie alle opportunità dell’internazionalizzazione, genera ricchezza per il nostro Paese in tutti e due i sensi.
Creiamo “giovani ambasciatori” della nostra cultura, del nostro stile di vita, del nostro modo di pensare e del “made in Italy”.
Vorrei raccontarvi la storia di Shatha Bannoura, una giovane palestinese che ha studiato in Italia, una storia che qualche tempo fa ha attirato la mia attenzione.
“Da Betlemme a Milano, andata e ritorno”, Shatha ha intitolato così la sua esperienza di studio in Italia, che ha definito l’esperienza più bella della sua vita.
Dopo la laurea presso l’Università di Betlemme, Shatha ha frequentato a Milano un Master in Relazioni Internazionali (Università Cattolica del Sacro Cuore).
Shatha è tornata in Palestina dove ha mosso i suoi primi passi nel mondo del lavoro in una ONG che assiste gli artigiani di Betlemme, divenuta membro della World “Fair Trade” Organization.
Shatha ha contribuito alla crescita della sua Palestina. E questo è anche un nostro interesse nazionale.
Ci sono poi tanti italiani che vanno all’estero, che sono una risorsa straordinaria per il nostro Paese.
Mi ha molto colpito la storia di Livio Valenti, che qualche anno fa ottenne una borsa di studio per studiare negli Stati Uniti (ad Harvard) e quindi iniziò il suo viaggio da Milano a Boston.
Livio è stato eletto da Forbes tra i “30 under 30” più influenti del mondo nel settore scientifico e sanitario.
La sua idea è semplice e geniale: se è difficile congelare e trasportare i vaccini verso i Paesi in via di sviluppo, allora dobbiamo creare nuovi vaccini che non devono essere refrigerati! E ha avviato una start-up.
Poche settimane fa Livio è stato invitato ad intervenire al Foro delle Nazioni Unite su Scienza, Tecnologie ed Innovazione a New York, dove ha rappresentato l’ingegno italiano.
Sono due storie affascinanti, quella di Shatha e di Livio, che ci invitano a cogliere le opportunità che ci offre il mondo globale. Ma andare all’estero per studiare, perfezionarsi o lavorare deve essere una scelta libera, non un obbligo dovuto all’assenza di opportunità.
Quando è una scelta libera allora sì che è la chiave della “cittadinanza globale”. E quando questi ragazzi ritornano in Italia, con una “formazione globale”, danno un contributo fondamentale al nostro Paese.
L’internazionalizzazione fa bene agli studenti, perché è come un agone
culturale che serve a voi studenti per fortificarvi e affrontare con personalità le sfide dell’avvenire.
L’internazionalizzazione crea un valore durevole per gli studenti, perché possono contare su una rete di conoscenze ed amicizie utile per tutta la loro vita.
L’internazionalizzazione fa bene alle aziende, perché dalle Università più internazionalizzate possono scegliere gli studenti più brillanti al mondo.
L’internazionalizzazione fa bene alla politica estera, perché rafforza i rapporti fra l’Italia e i Paesi d’origine o destinazione degli studenti.
Per tutte queste ragioni, insieme al MIUR, la Farnesina ha elaborato un Piano strategico per l’internazionalizzazione delle università 2017/2020.
E’ un Piano che abbiamo lanciato lo scorso 28 marzo, alla Farnesina, in occasione degli Stati Generale per la Promozione all’estero della formazione superiore italiana, coinvolgendo: Ministeri, università, associazioni e anche le imprese; perché crediamo che sia importante lavorare con chi dovrà un giorno assumere i giovani laureati.
Il Piano identifica le nostre priorità geografiche e stabilisce un programma di lavoro. Oltre ai Paesi del Mediterraneo e dei Balcani – che rimangono per noi sempre prioritari – i Paesi dove intendiamo svolgere nuove azioni sono: Cina, India, USA, Argentina, Etiopia, Iran, Israele e Messico.
Ogni anno individueremo dei Paesi nei quali organizzare dei Roadshow di presentazione e di promozione del sistema italiano di formazione superiore.
Per il 2017 iniziamo con la Cina e l’India. Per il 2018 punteremo invece agli Stati Uniti, partecipando alla NAFSA (Association of International Educators), la più importante fiera al mondo nel settore della formazione superiore.
Intendiamo valorizzare settori disciplinari che siano di interesse del nostro sistema delle imprese, della ricerca, dell’alta tecnologia, della creatività artistica e del design.
Vi posso assicurare che la Farnesina ce la sta mettendo tutta!
Già l’anno scorso abbiamo rilasciato oltre 100.000 visti per studio. E per gli studenti che – per vari motivi – hanno dovuto interrompere gli studi, oggi è prevista la possibilità di visto di reingresso per riprendere il percorso.
Tra le altre innovazioni per migliorare le procedure d’ingresso per studio, ricordo i Programmi Marco Polo e Turandot a favore dei cittadini cinesi, che a partire da questo anno accademico possono abbinare periodi di studio della lingua italiana di 8 mesi, prima della frequenza universitaria.
Ci sarà molto da fare sul piano della comunicazione, per rendere più attraente e più visibile la nostra offerta formativa.
Da parte nostra, ci siamo impegnati a rivedere il sito web UniversItaly. Perché se intendiamo veramente attrarre studenti stranieri di qualità, dobbiamo progettare siti web universitari mirati e in tante diverse lingue straniere.
Mi congedo da voi con un messaggio e un augurio, come rivolgo sempre ai giovani.
Il messaggio è di essere sempre aperti al mondo e di non avere aver paura né delle crisi che affliggono il mondo, né delle vostre idee che possono contribuire a cambiare in meglio la realtà.
E se la realtà vi appare scoraggiante, allora vi dico: prendete in mano il vostro futuro e impegnatevi per cambiarla. Ma non restate mai indifferenti.
L’augurio che vi rivolgo è di restare sempre liberi e pronti a difendere – senza paura – le vostre idee e i vostri valori.
Questa, secondo me, è la lezione più importante che vi può trasmettere l’Università.
Grazie mille.