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Discorso dell’On. Ministro al Primo Business Forum Italo-Arabo

Milano, 12 ottobre 2017

Fa fede solo il testo effettivamente pronunciato

 

Ministro Zayed Alzayani (Ministro dell’Industria, del Commercio e del Turismo del Bahrein),

Presidente Cesare Trevisani (Presidente della nuova Camera di Commercio Italo-Araba; Vice Presidente del Gruppo Trevi),

E’ un grandissimo piacere partecipare a questo evento di lancio della Camera di Commercio Italo-Araba.

Oggi vi do il benvenuto a Milano. Siamo nella capitale economica dell’Italia. Una città che non si fa mai sfuggire un affare e che sta al passo dei mercati globali. E’ un passo veloce, ve lo posso confermare: questo per me questo è già il terzo evento economico dall’inizio della mattinata:

-ho firmato un Protocollo d’Intesa fra la Farnesina e la Borsa Italiana;

-ho partecipato al Foro economico italo-ungherese.

In un mondo di tumulti ed incertezze, il Governo ha una missione imprescindibile: generare fiducia e stabilità, affinché le imprese possano trovare il terreno giusto per fare gli investimenti. E possiamo dire, oggi, di aver lavorato nella direzione giusta: la fiducia nell’Italia è tornata ai livelli pre-crisi sia nell’ottica dei consumatori, che delle imprese e degli investitori. Un dato reale è la crescita del PIL, che secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale sarà del +1,5% nel 2017. Un altro indice del momento favorevole è quello della produzione industriale: per il settimo mese consecutivo in crescita, con un +5,7% ad agosto.

In questo clima molto positivo, oggi è l’occasione per riaffermare l’importanza strategica delle nostre relazioni con i Paesi arabi e, in particolare, il nostro grande impegno a rafforzare la dimensione economica dell’amicizia con i Paesi arabi nel Mediterraneo allargato.

Il Mediterraneo è sempre stato un fondamentale punto di incontro e di influenza reciproca tra l’Italia e i Paesi arabi. Penso soprattutto  all’espansione degli arabi in tutta l’Europa meridionale e nella mia stessa Sicilia dall’827 al 1100. Non furono soltanto conquiste di territori, ma anche e soprattutto contaminazioni positive di culture: ricordo la traduzione in arabo delle grandi opere dei filosofi Greci e Romani; e ricordo il contributo degli arabi nelle scienze e nella matematica.

Oggi può sembrare poco, ma immaginate quanto sarebbe stato difficile per un commerciante tenere i registri del suo commercio in numeri romani! Non era affatto possibile moltiplicare come facciamo oggi. La diffusione dei numeri arabi, da 0 a 9, fu una rivoluzione per lo sviluppo degli scambi commerciali.

E ancora oggi il Mediterraneo allargato è un mare ricchissimo di opportunità da cogliere: un mercato di oltre 500 milioni di potenziali consumatori, che genera il 10% del PIL mondiale e il 30% del commercio mondiale di petrolio. Inoltre, attraversa il Mediterraneo il 20% del traffico marittimo globale.

Il valore del nostro interscambio con i Paesi dell’area MENA ha raggiunto nel 2016 i 70 miliardi di euro (41 miliardi le nostre esportazioni e 29 miliardi le importazioni). Questo è pari all’8,9% del nostro interscambio globale (mentre il solo export è pari al 9,8% delle nostre esportazioni totali). Complessivamente, l’Italia è il quarto partner commerciale dei Paesi MENA aggregati (dopo Stati Uniti, Cina e Germania).

Per quanto riguarda gli investimenti produttivi, l’Italia si classifica al 7° posto nel mondo (secondo Ernst & Young) per investimenti “greenfield”.

In termini di sicurezza energetica, la centralità del Mediterraneo allargato è per l’Italia più che evidente. Provengono dalla regione oltre i due terzi delle nostre importazioni petrolifere e la metà dei nostri approvvigionamenti di gas naturale. C’è poi una forte spinta a favore della connettività elettrica e delle energie rinnovabili.

Nuove opportunità stanno nascendo dagli ambiziosi programmi di diversificazione economica lanciati dai Paesi del Golfo: Saudi Vision 2030, Oman Vision 2020, Qatar 2030, Kuwait 2035. E noi auspichiamo che molto presto ci possa essere anche una Libya Vision 2030. Un obiettivo importante di queste strategie è di garantire la transizione da modelli economici fondati sul commercio di idrocarburi, a modelli più sostenibili nel lungo periodo, attraverso lo sviluppo dell’economia “non-oil” e vaste privatizzazioni. In questo, l’Italia ha molto da fare e molto da dire, insieme ai nostri partner dei Paesi arabi.

Alcuni grandi progetti infrastrutturali sono già in cantiere, come ad esempio quelli legati ad Expo Dubai 2020. Inoltre, si aprono interessanti prospettive dal punto di vista dei flussi finanziari nel Mediterraneo, alla luce dell’espansione delle attività di importanti Fondi sovrani e di investimento, in particolare nei Paesi del Golfo.

E’ mia intenzione tornare sui temi economici, con ancora più enfasi, in occasione dei prossimi Rome Med Dialogues (3 novembre-2 dicembre), perché l’obiettivo dell’Italia è rilanciare il Mediterraneo come hub economico globale, cogliendo nuove opportunità di sviluppo come: il raddoppio del Canale di Suez, la scoperta di nuove fonti energetiche e l’ambizioso progetto della “nuova Via della Seta”, in cui i porti italiani sono la porta d’accesso al mercato europeo. 

Il compito della diplomazia economica è di dare impulso a tutte le reti di interconnessione nel Mediterraneo: dal commercio agli investimenti, dalle infrastrutture all’energia, dalle telecomunicazioni alla difesa.

Sono questi i temi che ho messo in agenda, in questi mesi, durante tutte le mie missioni nei Paesi arabi e negli incontri con i leader arabi in Italia, fra cui anche l’innovazione della Riunione d’area degli Ambasciatori italiani nei Paesi del Golfo (giugno), che ha visto una giornata intera dedicata alle imprese.

Come sapete, abbiamo anche misurato l’impatto della diplomazia economica, assieme a Confindustria, con uno studio indipendente di Prometeia. Ebbene, risulta che su 756 contratti aggiudicati da imprese italiane all’estero, con il sostegno della Farnesina, ben 358 sono stati ottenuti in Paesi MENA (47,3%) per un valore complessivo di 26 miliardi di euro.

Ma il vero valore aggiunto della nostra diplomazia economica è che persegue un approccio di promozione integrata, che unisce le dimensioni economica, culturale e scientifica.

In questo spirito, credo che investire in cultura, dialogo e reciproca comprensione, faciliti gli scambi, gli investimenti e gli affari.

Quindi, il 23 ottobre lanceremo a Palermo, nelle giornate della Conferenza Mediterranea dell’OSCE, il programma “Italia, Culture e Mediterraneo”. Un programma che realizzeremo nell’arco del 2018 in diversi ambiti: dalla tutela del patrimonio culturale allo sviluppo delle industrie creative del design, dalla moda, del cinema e dell’editoria, fino alla collaborazione inter-universitaria, in tutti i Paesi della regione.

L’OSCE richiama la parola sicurezza, ma noi sappiamo bene che non ci può essere sicurezza se non si investe in scambi culturali. Dico sempre che dove passano le merci non passano gli eserciti. A maggior ragione, dove passa la cultura e la comprensione dell’altro non ci sono scontri e contrapposizioni violente.

Puntiamo così tanto al dialogo con i Paesi arabi che – per la prima volta nella sua storia – ho esteso il formato del G7 dei Ministri degli Esteri anche ai Paesi arabi per discutere insieme della situazione in Siria. Perché è fondamentale sostenere con forza una soluzione politica inclusiva in linea con la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 2254.

Un altro dialogo che manteniamo forte, con i Paesi arabi, è sulla Libia, per aiutare il Paese a continuare il percorso validato dall’Accordo Politico libico; a mettere l’impegno a favore dell’inclusione e della riconciliazione nazionale in primo piano e rifiutare la violenza;  a sostenendo insieme la nuova Road Map presentata dallo SRSG Salame’ e il principio della “reductio ad unum” delle iniziative internazionali.

Sempre in Libia, stiamo agendo anche e soprattutto sul piano economico. Perché è importante che le parti si rendano conto dei dividendi della pace.  Ne è stato un esempio il Primo Forum Economico Italo-Libico di Agrigento (luglio), con l’obiettivo di attirare l’attenzione sulle opportunità di investimento e sui progetti di sviluppo che potranno concretizzarsi nel Paese una volta ristabilite le necessarie condizioni di sicurezza.

In tutti gli scenari di crisi, come per secoli ci ha insegnato il Mediterraneo, dobbiamo costruire ponti fondati sulla fiducia al fine di ottenere pace e sicurezza.  

Talvolta a contribuire alla pace e alla sicurezza non è un ponte, ma una diga: mi riferisco al progetto del Gruppo Trevi per il rifacimento della Diga di Mosul.

C’era il rischio che la Diga crollasse. C’era il rischio di una catastrofe, tanto umanitaria, quanto economica, in un Paese che ha bisogno di ritrovare la via della speranza dopo il terrore di Daesh.

Un progetto economico – una diga – è oggi il simbolo di una pace ritrovata e di un nuovo percorso di crescita e di prosperità che vogliamo contribuire a realizzare in Iraq e in tutta la regione. Un altro illuminante esempio di quanto l’impegno delle imprese italiane nel mondo arabo sia significativo e fortemente apprezzato.

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