Palermo, 24 ottobre 2017
(Fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)
Signor Presidente,
Signor Segretario Generale,
Cari Colleghi dei Paesi OSCE e dei Paesi Partner del Mediterraneo,
Ministro Siyala, nostro invitato speciale e rappresentante di un Paese, la Libia, candidata allo status di Partner.
Rivolgo un caloroso benvenuto a tutti voi. Sono lieto per la vostra numerosa partecipazione. Oggi – mi si dice – abbiamo già battuto un record. Per la prima volta, alla Conferenza Mediterranea dell’OSCE, sono presenti più di 30 Rappresentanti di Governo, fra Ministri, Vice Ministri e Sottosegretari. Credo che questo sia da attribuire allo spirito accogliente di Palermo e anche all’interesse e grande attualità del tema dei lavori.
Il 20 luglio, a Vienna, ho illustrato al Consiglio Permanente dell’OSCE le priorità della Presidenza italiana nel 2018. L’ho fatto con la convinzione che l’OSCE abbia un ruolo importante da giocare nella ricerca di soluzioni comuni a sfide condivise.
Vorrei ribadire oggi due punti centrali fra le priorità italiane:
Primo, la ricerca di una soluzione alla crisi ucraina e ai conflitti congelati nell’area OSCE. Lo faremo in continuità con gli sforzi delle Presidenze che ci hanno preceduto, in particolare la Presidenza austriaca, che ringrazio per il lavoro compiuto.
Secondo, una maggiore attenzione dell’OSCE alle sfide provenienti dal Mediterraneo. Nella consapevolezza che la dimensione della sicurezza del Mediterraneo sia complementare, non certo alternativa, a quella euro-asiatica dell’OSCE.
Fra le tante sfide, abbiamo scelto la crisi migratoria come tema trasversale di questa Conferenza di Palermo.
Non è soltanto un problema mediterraneo. Nel Mediterraneo abbiamo visto soltanto la “punta dell’iceberg” di un “esodo” di proporzioni bibliche: le migrazioni a livello globale coinvolgono 244 milioni di persone (dati OIM del 2015). E le migrazioni forzate (rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni) hanno raggiunto un picco di 65,6 milioni di persone (dati UNHCR del 2016).
Visto su un planisfero il Mediterraneo sembra un lago. Ma la partita che si gioca in questo piccolo mare non è regionale. E’ globale. Buona parte della sicurezza e della prosperità mondiale dipendono dalle dinamiche mediterranee. E anche dalla capacità dell’OSCE e dei suoi Paesi membri di dialogare proficuamente e di cooperare intensamente con i Paesi Partner del Mediterraneo.
Geograficamente, le sponde del Mediterraneo sembrano vicinissime, ma politicamente sono ancora troppo lontane. Questa distanza ha alimentato una pericolosa faglia, nella quale hanno proliferato fanatismo, estremismo violento e terrorismo. Se non riduciamo presto queste fratture, con la cooperazione fra di noi, si rischia di aprirsi un abisso nel quale la nostra stessa sicurezza, la convivenza civile e tollerante delle nostre società e il rispetto delle libertà fondamentali, potrebbero sprofondare.
Occorre, allora, costruire un genuino partenariato con i Paesi del Mediterraneo. Alimentare la fiducia reciproca è il modo migliore per non farsi influenzare dalla “retorica della paura”, utilizzata irresponsabilmente da estremisti e populisti.
L’Italia ha agito con responsabilità di fronte a questa sfida. In un mondo in cui non esiste il rischio zero, abbiamo coniugato sicurezza e solidarietà, rigore e umanità. Abbiamo dimostrato che è possibile salvare vite umane, accogliere persone disperate, e che nello stesso tempo si può essere severi nei confronti di coloro che disprezzano i nostri valori.
Sono convinto che “responsabilità” e “solidarietà” siano, allora, i principi chiave con i quali la comunità internazionale deve rispondere alla crisi migratoria. Perché nessun Paese – da solo – è in grado di fronteggiare questa situazione di instabilità nel Mediterraneo.
Tanto più che, oggi, il controllo delle rotte migratorie assume un connotato di sicurezza maggiore rispetto al passato. Pensate solo al rischio posto dal possibile rientro dei Foreign Fighters, dopo la sconfitta militare di Daesh in Iraq e la liberazione di Raqqa in Siria.
E’ evidente che l’azione dell’OSCE è complementare agli Stati e alle altre Organizzazioni internazionali impegnate a fronteggiare la crisi migratoria, come l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), l’Agenzia ONU per i Rifugiati (UNHCR) e la stessa Unione Europea. Del resto, questo principio di complementarietà è sancito nella Decisione adottata nel dicembre 2016 dal Consiglio Ministeriale di Amburgo.
L’OSCE ha anche competenze uniche in questo ambito: dal 2003 è attiva nella lotta al traffico di esseri umani; e grazie a questa azione, l’anno scorso, abbiamo inaugurato corsi di formazione specializzati presso il Centro di Eccellenza CoESPU di Vicenza, organizzati dai Carabinieri italiani.
E’ il tema della Prima Sessione. E anche qui c’è un imperativo di sicurezza: perché è nel nostro interesse annientare il modello d’affari dei trafficanti di esseri umani: gli “agenti di viaggio della morte”. E perché è ormai provato che molti di questi introiti finanziano organizzazioni criminali e terroristiche.
Proprio per questo, ieri, ho firmato un Accordo con l’Ambasciatore Fedotov, Direttore dell’Ufficio ONU sulla Droga e il Crimine (UNODC), per destinare 2,7 milioni di euro a favore di 2 progetti per rafforzare le capacità di contrasto al traffico dei migranti nei Paesi dell’Africa occidentale, orientale e settentrionale.
E siccome l’altra principale fonte di guadagno per le organizzazioni criminali è il traffico di droga, abbiamo previsto un evento sulla lotta al narcotraffico, che sarà presieduto dal Procuratore italiano Gratteri, e dallo stesso Ambasciatore Fedotov (UNODC).
La Seconda Sessione, che si terrà stasera, sarà dedicata agli aspetti positivi dei flussi migratori. L’accoglienza e l’integrazione portano concreti benefici economici. Le comunità di migranti – bene accolte e bene integrate – diventano un ponte di dialogo e di scambio tra il Paese d’origine e quello d’accoglienza. Arricchiscono la qualità dei rapporti bilaterali fra governi.
La Terza ed ultima Sessione, sempre legata al tema migratorio, riguarderà la lotta all’intolleranza, alla xenofobia, al razzismo e alla discriminazione religiosa. Apprezziamo il lavoro dell’OSCE in questo campo, specialmente attraverso i Rapporti periodici dell’Ufficio di Varsavia (ODIHR) sul rispetto dei diritti umani.
Questi Rapporti hanno tuttavia messo in evidenza che negli ultimi anni c’è stata una recrudescenza di comportamenti di intolleranza e di discriminazione, che alimentano la violenza. Comportamenti ai quali ci opponiamo in nome dei valori che ci uniscono in questa Organizzazione. E che ci spingono a dire che: non possiamo essere tolleranti con l’intolleranza.
Ieri, durante due eventi ai quali ho partecipato qui a Palermo – uno sulla cooperazione culturale nel Mediterranea, l’altro sulla tutela della libertà religiosa sempre nel Mediterraneo – ho ricordato ai giovani lo “Spirito di Palermo”. E’ visibile nell’Emblema di questa Città – la Lapide Quadrilingue – una stele custodita nel Palazzo della Zisa risalente al 1149, che riporta in ebraico, in latino, in greco e in arabo i diversi sistemi di datazione del mondo. Quell’emblema dimostra il rispetto per tutti i popoli e tutte le religioni, che ha da sempre caratterizzato la Sicilia e i siciliani. E’ un simbolo tangibile della convivenza e della tolleranza tra popoli e religioni.
E’ quello che possiamo chiamare lo “Spirito di Palermo”.
Come sapete, lo “Spirito di Helsinki”, oltre 40 anni fa, ispirò il riavvicinamento fra l’Est e l’Ovest del mondo in un periodo di fortissime contrapposizioni.
Mi auguro, di cuore, che lo “Spirito di Palermo” – alimentato dal dialogo e dalla comprensione reciproca – possa irradiarsi nel Mediterraneo. E rafforzare, sempre di più, la nostra Partnership Mediterranea.