Palermo, 23 ottobre 2017
(Fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)
Sindaco Leoluca Orlando,
Presidente Salvatore Martinez,
Signore e Signori,
E’ per me una grandissima gioia intervenire davanti a tanti giovani. Desidero innanzitutto ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a realizzare questo importante evento:
-la Rete Italiana per il Dialogo Euro-Mediterraneo (RIDE-APS-Fondazione Anna Lindh);
-l’Osservatorio sulle minoranze religiose nel mondo e sul rispetto della libertà religiosa;
-l’Università LUMSA.
(OSCE)
Come sapete, durante questi due giorni, Palermo ospita più di 30 Rappresentanti di Governo (Ministri, Vice Ministri, Sottosegretari) e quasi 300 delegati dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa).
Con i suoi 57 Stati Membri – dell’Europa, dell’Asia e del Nord America – l’OSCE è la più grande organizzazione di sicurezza regionale al mondo. Il suo mandato si estende su un’area che va da Vancouver a Vladivostok e che include oltre un miliardo di persone.
Sono due giorni intensissimi di lavoro per rafforzare il dialogo dell’OSCE con i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo, su sfide comuni e prioritarie: dalla lotta al terrorismo alla crisi migratoria.
L’Italia agisce per avvicinare le due sponde del Mediterraneo, geograficamente vicine, ma ancora troppo distanti politicamente. Vogliamo costruire con il dialogo, con la cultura e con la promozione della libertà religiosa, le campate ideali sulle quali realizzare un più solido ponte diplomatico fra l’Europa e la sponda Sud del Mediterraneo.
Oltre all’impegno di presiedere la Conferenza dell’OSCE, ho in agenda numerosi incontri bilaterali e nella mattinata ho inaugurato un ambizioso Programma culturale per il Mediterraneo con ben 500 eventi programmati nell’arco 2018. Anno in cui Palermo sarà anche la “Capitale italiana della Cultura”.
Nonostante tutti questi impegni, quando mi hanno proposto di intervenire a questa Conferenza su “Giovani, identità comunitarie e libertà religiosa nel Mediterraneo”, ho accettato molto volentieri.
Ho accettato nella consapevolezza che la sicurezza e la stabilità del Mediterraneo – obiettivi strategici dell’OSCE – non possono realizzarsi senza un investimento nei giovani; e senza azioni di tutela e di promozione delle libertà fondamentali, in primis della libertà religiosa.
La libertà religiosa è principio essenziale di convivenza umana e un aspetto fondamentale delle relazioni fra Stati. La sua negazione mette in pericolo i diritti più elementari di ogni persona; e se l’aggressione è perpetrata contro intere comunità, si innesca una spirale perversa che mette in pericolo la sicurezza e la pace tra Stati.
Difendere la libertà religiosa significa allora salvaguardare l’essenza del diritto, fondato su quelle libertà che ci garantiscono pace, sicurezza e prosperità: se le libertà religiose sono protette nell’ordinamento giuridico, come nella vita quotidiana, si potrà affermare lo stato di diritto e garantire la sicurezza; se tale protezione è disattesa, la conseguenza è il moltiplicarsi di conflitti e il perpetrarsi dell’instabilità sociale e politica.
Come ha osservato il Santo Padre: la libertà religiosa, recepita nelle costituzioni e nelle leggi e tradotta in comportamenti coerenti, favorisce lo sviluppo di rapporti di mutuo rispetto tra le diverse Confessioni e, al contempo, una loro sana collaborazione con lo Stato e con la società politica.
Quindi la libertà religiosa deve essere parte integrante della politica estera, in quanto favorisce la cooperazione fra Stati.
Eppure, la libertà religiosa nel senso di “diritto alla preghiera” nasce con l’umanità, prima ancora della formazione degli Stati. Si tratta di un elemento innato della nostra identità, di un diritto naturale, che gli Stati non devono concedere, ma riconoscere come elemento fondante dell’identità dell’individuo e della sua appartenenza alla comunità di cui fa parte.
Per questo, rifiuto con forza l’opinione di coloro che sono per la libertà di credo purché “non si veda” e purché sia “praticata dentro le mura di casa”. E’ la negazione dei principi democratici e liberali. Ogni persona deve avere il diritto di esprimere liberamente il proprio credo, non solo attraverso il culto, ma anche attraverso la partecipazione alla vita della comunità.
Quindi, la fede è identità che alimenta lo spirito di comunità. E vorrei aggiungere che il dialogo è più profondo e più proficuo, fra religioni e civiltà diverse, quando si parte da piattaforme identitarie ben consolidate. Una forte identità non è da ostacolo al dialogo – non è strumento di prevaricazione dell’identità altrui – ma anzi rafforza le ragioni stesse del dialogo.
Palermo è il perfetto esempio. Il suo Emblema è la Lapide Quadrilingue: una stele custodita nel Palazzo della Zisa, risalente al 1149, che riporta in ebraico, in latino, in greco e in arabo i diversi sistemi di datazione del mondo. Quell’emblema dimostra il rispetto per tutte le religioni e tutti i popoli che allora abitavano in Sicilia. Anticamente, anche le strade del centro di Palermo erano indicate nelle lingue delle diverse comunità. Sono simboli tangibili della convivenza e della tolleranza tra popoli e religioni con identità ben definite e ben radicate, che a Palermo hanno saputo dialogare.
Spirito di dialogo tra comunità di religioni diverse, nel rispetto e nella comprensione reciproca, deve ispirare e forgiare la politica estera di questo terzo millennio. Perché anche se viviamo in un mondo digitale, tecnologico, e di comunicazione ad alta velocità, le minacce più gravi restano quelle che provengono da un arcaico odio settario e da coloro i quali invocano Dio per giustificare stragi e uccisioni di civili inermi.
E’ vitale allora separare chi prega da chi spara. Dobbiamo estirpare le radici da cui trae alimento la furia distruttiva di chi, lungi dal professare una fede, intende piuttosto prendere in ostaggio una religione. Anche perché, come sanno le persone di buona volontà, Dio è amore e pace; e non si può mai giustificare l’odio provocato dal terrore.
Rivolgo in particolare un pensiero all’Iraq, dove la furia dell’Isis ha decimato la popolazione cristiana. Nella Piana di Ninive, se prima del 2003 la popolazione cristiana era maggioritaria, oggi conta meno del 20% sul totale della popolazione. Ora, finalmente, l’Isis è sconfitto in quelle terre, ma i dividendi della pace e della riconciliazione non si percepiranno fino a quando non rinascerà un dialogo fra cristiani, yazidi, shabak, turcomanni e curdi. Nel confronto rispettoso di tutte le componenti etnico-religiose possono rinascere un’identità e una nazione irachena più solide di prima.
Con questo spirito inclusivo, ho avviato, in questi mesi alla Farnesina, nuove iniziative con l’obiettivo di mettere la diplomazia al servizio della libertà religiosa.
Abbiamo deciso di istituire l’Osservatorio sulle minoranze religiose nel mondo e sul rispetto della libertà religiosa, presieduto dal Prof. Salvatore Martinez. E’ stato ideato come uno strumento di monitoraggio e di early-warning di violazioni e discriminazioni.
L’Osservatorio ci sta già segnalando, in collaborazione con le nostre Ambasciate, i casi più significativi e le situazioni più critiche. E nel quadro della sua attività di dialogo ha avviato incontri con la Lega Musulmana Mondiale (Segretario Generale Al Issa), con i Caldei (Patriarca di Babilonia dei Caldei Louis Raphaël I Sako), con i Copti (Patriarca di Alessandria dei Copti Mons. Ibrahim Isaac Sidrak) e con gli Indù (guru induista Dada P. J. Vaswani).
Ricordo poi l’Accademia Europea delle Religioni, promossa dalla Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII di Bologna, diretta dal Prof. Alberto Melloni, a cui abbiamo dato il Patrocinio della Farnesina.
Sono anche felice di poter annunciare la creazione – proprio qui a Palermo – di una Biblioteca e di un centro di ricerca dedicati alla storia e alle dottrine dell’Islam. È un’iniziativa nata dalla collaborazione tra la Fondazione per le Scienze Religiose di Bologna e l’Arcidiocesi di Palermo (dal Padre Arcivescovo Lorefice). Mi hanno detto che potrebbe essere dedicata a Giorgio La Pira, siciliano innamorato del dialogo. Le parole di La Pira rimangono molto attuali ancora oggi. Chiamava infatti il Mediterraneo “il grande Lago di Tiberiade”. E’ un mare piccolo, un lago, dove ancora una volta si giocano i destini del mondo, i destini di pace, di sicurezza e di libertà.
Per questo, dato che il nostro destino è nel Mediterraneo, confidiamo anche sul rilancio della Rete Italiana per il Dialogo Euro-Mediterraneo, di cui il nuovo capofila in Italia è la Fondazione Anna Lindh, diretta dal Dott. Enrico Molinaro.
Ho fiducia in tutte queste magnifiche espressioni della nostra società e ho tantissima fiducia in voi giovani: nella vostra grande capacità di sognare, ideare, progettare, e costruire un futuro migliore;
promuovendo quella cultura del dialogo e della convivenza di cui la comunità internazionale ha – oggi più che mai – bisogno vitale.