Roma, 27 ottobre 2017
(Fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)
Ministro Pinotti,
Ministro Minniti,
Generale Graziano,
Generale Del Sette,
Commissario Stylianides,
Rivolgo un caloroso saluto a tutti i partecipanti e un forte ringraziamento all’Arma dei Carabinieri per aver organizzato questa Conferenza Internazionale sul Diritto Umanitario, che alla sua terza edizione si incammina ormai verso la tradizione.
Non è per caso che questo evento si celebri nella “casa dei Carabinieri”. Rispetto, umanità, solidarietà e vicinanza alle popolazioni civili sono i principi chiave che ispirano le missioni all’estero dei nostri Carabinieri. Un approccio che coniuga grandi capacità tecniche con le sensibilità culturali locali. E competenze che spaziano dalle operazioni di pace e di sicurezza, alla difesa del patrimonio culturale, alla tutela dell’ambiente.
Ma quello che mi rende più orgoglioso, da italiano, e da Ministro degli Esteri, è la capacità dei Carabinieri e dei diplomatici di “giocare in squadra” in tanti contesti di crisi: dall’Iraq al Libano, dal Corno d’Africa al Cipro, dall’Afghanistan al Kosovo, alla Libia.
Quando Carabinieri e diplomatici lavorano insieme all’estero promuovono il “modello italiano”, riconosciuto da tutti i nostri partner per un “approccio unico”, “non-egemonico” e “non-paternalistico” a favore della pace, perché rispettoso della cultura e delle sensibilità delle popolazioni, per comprenderne a fondo le esigenze.
Questo è quello che contraddistingue tutte le nostre missioni umanitarie. E nasce dalla consapevolezza che gli aiuti umanitari non sono soltanto un aiuto nell’emergenza, ma un ponte di dialogo e di speranza fra l’Italia e il Paese aiutato. Un investimento sicuro nell’amicizia e nella pace fra popoli.
Approfitto della presenza del Commissario europeo Stylianides per sottolineare l’importante ruolo guida svolto dalla Commissione, sia dal punto di vista del coordinamento delle operazioni di soccorso, sia da quello della diffusione di informazioni tempestive sulle esigenze provenienti dal terreno.
Lavoriamo fianco a fianco con la Commissione europea per salvare vite umane e proteggere la dignità delle persone. E sosteniamo con convinzione la sua azione di sensibilizzazione sul rispetto del diritto umanitario in tutto il mondo. In questo sforzo operano anche altri importanti attori non-governativi, che sono qui con noi oggi, come: l’Istituto Internazionale di Diritto Umanitario di Sanremo e la Comunità di Sant’Egidio.
Il rispetto del diritto umanitario, nel mondo che ci circonda, è condizione essenziale per la stabilità e per la pace. Stabilità e pace alle nostre frontiere sono elementi imprescindibili per garantire la nostra stessa sicurezza e crescita.
La difesa del diritto umanitario è oltretutto un obbligo morale. In qualsiasi angolo del mondo in cui si verificano catastrofi o vengono commesse atrocità – da altri Stati o da attori non-Statali – abbiamo una responsabilità di agire per tutelare le persone più vulnerabili e fragili: donne, bambini, persone con disabilità, coloro che fuggono da guerre e persecuzioni. E siamo al fianco delle minoranze quando il loro diritto all’esistenza viene messo in pericolo, come la comunità yazida in Iraq o quella Rohingya in Myanmar.
Umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza, sono i principi che ispirano l’azione umanitaria italiana per difendere il più genuino “Spirito di Solferino”. Quello spirito di fratellanza e di salvaguardia della vita altrui che ci ha insegnato una grande organizzazione internazionale: la Croce Rossa, partner di tante nostre iniziative umanitarie.
Vorrei ricordare che negli ultimi cinque anni l’Italia ha più che raddoppiato le risorse dedicate agli interventi umanitari. Nel 2017, il budget umanitario è stato di oltre 120 milioni di euro. Quasi la metà delle iniziative sono attuate da organizzazioni non governative (ONG). Le ONG sono il nostro più grande “capitale umano”: migliaia di ragazze e ragazzi, missionari laici e religiosi, professionisti e volontari, che si mettono a disposizione di chi ha bisogno.
Siamo impegnati in Siria, in Iraq, nei Paesi afflitti dalle carestie (Yemen, Somalia, Sud Sudan, nord della Nigeria), ma anche e soprattutto nei Paesi di origine e di transito dei rifugiati e dei migranti.
L’approccio umanitario ha sempre ispirato la nostra azione in risposta alla crisi migratoria, dove il lavoro congiunto di attori statali e ONG ha permesso all’Italia di coniugare solidarietà e sicurezza. Abbiamo dimostrato che è possibile salvare vite e che nello stesso tempo si può essere severi nei confronti di chi disprezza i nostri valori. Un risultato che ci è stato unanimemente riconosciuto dai nostri partner alla Riunione ministeriale dell’OSCE, che ho presieduto pochi giorni fa a Palermo, per rafforzare il partenariato con i Paesi del Mediterraneo.
Ora che vediamo gli effetti della nostra strategia; ora che i flussi migratori stanno diminuendo; non possiamo perdere di vista i diritti umani. Sui diritti umani non possiamo fare compromessi.
E allora stiamo agendo, sia contro l’orribile traffico di essere umani, sia a favore di rifugiati e migranti per migliorare le loro condizioni di vita. Abbiamo già destinato più di 93 milioni di euro per questi obiettivi e per tutelare i loro diritti più basilari in Libia e in Niger, in collaborazione con l’Agenzia ONU dei Rifugiati (UNHCR), con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), ed intervenendo anche sulle Tribù libiche.
Ieri, al Comitato Congiunto della Cooperazione Italiana, abbiamo approvato diverse nuove iniziative a favore dei minori. Ne cito solo alcune:
-1 milione di euro a UNICEF per proteggere i diritti dei minori in Etiopia, dopo una simile iniziativa indirizzata ai minori in Sudan.
-1 milione e mezzo di euro, sempre a UNICEF, per permettere ai giovani di frequentare la scuola dell’obbligo in Giordania, che ospita una delle più grandi comunità di rifugiati al mondo.
Solo pochi giorni fa abbiamo approvato due nuove iniziative in Libia, del valore di 2 milioni di euro, per migliorare le condizioni di vita in diversi centri per migranti e rifugiati.
E vorrei qui ricordare che attraverso la Cooperazione Italiana stiamo lanciando nuovi bandi per iniziative delle ONG, sempre al fine di rendere più dignitose le condizioni dei rifugiati e dei migranti che si trovano Libia e in altri Paesi di transito.
Il diritto umanitario non è un diritto statico, ma è in costante evoluzione. In Siria, Iraq, Afghanistan e Mali: oltre alla brutalità del terrorismo, dei crimini di guerra, della pulizia etnica e dei crimini contro l’umanità, abbiamo anche visto un drammatico aumento della “pulizia culturale”. Una terribile distruzione della cultura.
Gli atti di distruzione intenzionale del patrimonio culturale possono essere crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Perché gli atti di distruzione del patrimonio culturale sono un ostacolo enorme alla pace. Ostacolano il dialogo e la riconciliazione, fomentando l’odio tra le comunità e tra le generazioni.
In questo campo la diplomazia italiana è stata innovatrice. Abbiamo portato il tema della cultura nel Consiglio di Sicurezza: promuovendo la Risoluzione 2347, la prima risoluzione del Consiglio sulla protezione del patrimonio culturale nelle aree di conflitto.
E’ uno sforzo che l’Italia conduce già da tempo con il prezioso contributo dei Carabinieri, soprattutto nell’ambito dell’UNESCO e della sua campagna Unite4Heritage. Abbiamo messo a disposizione dell’UNESCO una task force per fronteggiare le minacce al patrimonio culturale.
L’Italia si è poi fatta promotrice di molte iniziative per il contrasto al traffico illecito di beni culturali che costituiscono una fonte di finanziamento per le organizzazioni terroristiche, specialmente nel quadro della Coalizione globale anti-Daesh.
La nostra sfida comune, come diplomatici e carabinieri, è mettere la cultura al servizio della pace e della sicurezza. Perché dove passa la cultura non passano gli eserciti. E perché la cultura sconfigge fanatismi ed estremismi che alimentano il terrorismo.
Il diritto è cultura nella sua forma più pura. E difendendo il diritto, difendiamo anche la “cultura dell’impunità”, rispetto a chi viola i diritti fondamentali della persona. In questa sfida abbiamo un altro cruciale alleato: la Corte Penale Internazionale, il cui Statuto è stato approvato qui a Roma e di cui rimaniamo il quinto contributore al bilancio.
Oggi, dobbiamo continuare a promuovere il lavoro della Corte con determinazione. Perché l’osservanza della legge è l’antidoto alla tirannia e la massima tutela dei nostri diritti umani e libertà.
Ma non dimentichiamoci che la responsabilità di salvaguardare i diritti umani non è solo con i Governi. E’ anche e soprattutto compito delle ONG e di ogni singolo individuo segnalare le violazioni, con fermezza e coraggio, rifiutando di lasciare che la paura prenda il sopravvento.
E, soprattutto, dobbiamo mantenere un’importante promessa. Una promessa che riassume il nostro patrimonio umanistico e lo spirito dei nostri tempi: dire “mai più” a gravi violazioni dei diritti umani.