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Discorso dell’On. Ministro alla VIII Conferenza Italia, America Latina e Caraibi

(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)

 

Colleghi Ministri, Vice Ministri e Sottosegretari,

Onorevoli parlamentari,

Signori Ambasciatori e Rappresentanti di Organismi Internazionali,

Gentili Delegati,

Signore e Signori,

È per me un grandissimo onore aprire i lavori dell’Ottava Conferenza Italia, America Latina e Caraibi. Vorrei rivolgere a tutti il mio più caloroso benvenuto a Roma e qui alla Farnesina.

C’è una storia, in particolare, che ci lega. Era il 15 agosto 1805 e, durante un breve soggiorno a Roma, Simón Bolívar percorreva la via Nomentana. A un certo punto, fu accompagnato dal suo amico e maestro Simón Rodríguez sul Monte Sacro, una collina a pochi chilometri a nord-est di Roma, dove gli raccontarono che nell’Antica Roma (nel 494 a.C), su quella collina, la plebe romana iniziò la rivolta contro il potere dei patrizi. Quella rivolta portò all’istituzione dei tribuni della plebe, degli edili plebei e di una assemblea rappresentativa: il concilium plebis.

Questi fatti storici colpirono così tanto Simón Bolívar che quella stessa sera pronunciò dal Monte Sacro il famoso giuramento che ispirò la sua campagna per l’indipendenza dell’America Latina.

Sul piano più personale, mi fa piacere ricordare che uno dei miei primissimi impegni alla Farnesina – esattamente un anno fa – fu la Conferenza internazionale sulla cooperazione italo-latinoamericana nei settori della giustizia e della sicurezza (16 dicembre), nel quadro delle celebrazioni del 50° anniversario dell’Istituto Italo-Latino Americano.

Non esito a dire che l’IILA è la nostra “casa comune” qui a Roma, dove coltiviamo insieme quella “latinità” che ci unisce in una visione comune del mondo. In un mondo globale in cui la lingua franca è diventata l’inglese e la cultura del consumismo ha omologato tante società, noi – popoli latini – abbiamo tante specificità da tutelare e promuovere, che si fondano su radici, religione e cultura comuni. La nostra “latinità” è una “carta d’identità”; un “passaporto” che dobbiamo mostrare con orgoglio nel mondo e sempre difendere.   

E non posso che prendere atto con favore dell’attenzione che il Parlamento sta prestando all’IILA, in sede di esame di Legge di Bilancio, dove è stato approvato dal Senato un emendamento per stanziare un finanziamento integrativo di 500mila euro. Il che consentirebbe all’IILA di avere il 30% in più rispetto allo stanziamento originario per il 2018, di oltre 1 milione 700mila euro.

Venendo ai lavori di oggi, vorrei esprimere la mia più profonda gratitudine a tutte le persone che in questa sala hanno contribuito all’organizzazione di questo grande evento. Fin dai primi incontri organizzativi, assieme all’IILA, avevamo auspicato un programma di taglio concreto e operativo.

Il titolo prescelto è indicativo del nostro piano d’azione: “Obiettivi e proposte per crescere insieme”. E abbiamo dato particolare priorità a due questioni: 1) l’investimento nelle reti energetiche; 2) il contrasto alla corruzione come fattore di crescita.

Gli obiettivi concreti di questa Conferenza si inseriscono in un quadro più generale delle relazioni fra Italia, America Latina e Caraibi. In particolare, vorrei sottolineare due linee direttrici:

  1.   Il rafforzamento della nostra amicizia “speciale”, facendo leva sulla comunità italiana in America Latina e nei Caraibi e sulle comunità latinoamericane e caraibiche in Italia. Questo è il nostro “capitale umano”.
  2.   Il rafforzamento della cooperazione economica ed industriale, grazie al ruolo propulsivo delle nostre piccole, medie e grandi imprese. Il nostro “capitale produttivo”.

Sull’amicizia “speciale”, ricordo che quello tra Italia, America Latina e Caraibi è un legame sedimentatosi con il succedersi di intere generazioni. La presenza italiana in America Latina e nei Carabi – quasi 50 milioni di discendenti italiani di cui 2 milioni con passaporto italiano – e quella latinoamericana e caraibica in Italia hanno alimentato nel tempo un prezioso flusso di idee, di contatti e di cultura dal valore inestimabile. In molti casi non si tratta più di scelte di vita, ma di professionalità in costante movimento, pronte a cogliere le straordinarie opportunità offerte da tutti e due i “lati”.

Quindi, vorrei sfruttare questa occasione per assicurare la massima attenzione e apertura italiana verso tutte quelle iniziative volte a migliorare i servizi offerti dalla nostra rete diplomatico-consolare nei Paesi latinoamericani e caraibici. Come, ad esempio, l’assunzione di 100 nuovi contrattisti e 150 impiegati di ruolo che ho fortemente voluto nella Legge di Bilancio al Parlamento; e che in buona parte saranno assegnati nelle sedi latinoamericane e caraibiche. 

Allo stesso tempo, non calerà la nostra sensibilità verso quelle popolazioni che vivono situazioni di disagio. Penso, in questo momento, al Venezuela, “Paese fratello” dove 140.000 italiani stanno affrontando, assieme ad altri cittadini, un periodo difficile. L’Italia resta convinta che la soluzione a queste difficoltà attuali sia possibile solo attraverso un dialogo franco e costruttivo tra venezuelani di governo e opposizione. Quindi, auspichiamo che la nuova tornata di dialogo, prevista il 15 dicembre a Santo Domingo, possa segnare dei progressi verso risultati concreti ed efficaci.

Sapete pure che l’Italia e l’Unione Europea hanno adottato sanzioni nei confronti del Venezuela. Tali misure sono volutamente reversibili, flessibili e modificabili in base all’evolversi degli eventi. Abbiano come unico scopo quello di incoraggiare un dialogo sostanziale, tramite gesti che creino un clima di fiducia.

Sulla seconda linea direttrice – le relazioni economiche tra Italia e America Latina e Caraibi – ricordo che l’interscambio ha superato i 20 miliardi di euro all’anno (20,9 miliardi nel 2016). Operano in America Latina e nei Caraibi quasi 3000 imprese italiane, che costituiscono una parte significativa del nostro comune tessuto economico-industriale.

L’obiettivo che dobbiamo perseguire è di andare oltre la dimensione puramente commerciale e dare nuovo slancio alla collaborazione industriale, agli investimenti nei settori infrastrutturali ed energetico, e all’innovazione tecnologica. Io sono ottimista perché da tempo ormai è in corso uno straordinario risveglio economico.

In tantissimi Paesi dell’America Latina e dei Caraibi sono state perseguite – con coraggio e determinazione – riforme per rispondere alle sfide sociali che la globalizzazione ci impone, ottenendo risultati considerevoli in termini di crescita.

Anche in Italia abbiamo compiuto importanti riforme in questi anni, per difenderci dalla più grande crisi economica in Europa del dopoguerra. Secondo le previsioni, il PIL italiano aumenterà del 1,5% nel 2017 e nell’ultimo trimestre c’è stata un’accelerazione del 1,8% (dati Istat; rispetto allo stesso trimestre del 2016). Oggi, tutti gli indicatori più importanti hanno un segno “più”: più occupazione, più produzione industriale, più export e più investimenti. C’è stato anche un balzo nell’attrattività dell’Italia per gli investimenti esteri. In termini finanziari, siamo passati dai 19 miliardi di euro di investimenti attratti nel 2015, ai 29 miliardi nel 2016.

Ma la vera grande sfida è puntare – insieme – su una crescita economica di qualità: vale a dire una crescita che sappia tener conto dell’impatto dell’economia sulla vita degli individui, delle famiglie, del ceto medio, dei giovani e delle donne in condizioni di parità, in base a criteri di inclusività e di sviluppo sostenibile.

La lezione di Amintore Fanfani, uno dei padri fondatori dell’IILA, è ancora estremamente attuale: quella di resistere alle mode del tempo e di perseguire una via intermedia tra uno sfrenato capitalismo e un asfissiante monopolio statale dei mezzi di produzione. Una terza via, come la definirono alcuni, fortemente ispirata alla dottrina sociale della Chiesa, secondo cui il progresso economico non può mai prescindere dal rispetto dei valori etici e non può essere quindi fondato sullo sfruttamento e sulla prevaricazione. 

Si tratta di quel capitalismo sociale che ha anche ispirato i padri fondatori dell’Unione Europea e che ha posto l’individuo al centro del sistema economico.

Partendo da queste premesse, l’obiettivo è quindi quello rimuovere i tanti ostacoli che impediscono all’individuo di realizzarsi come persona. Disuguaglianze, rendite di posizione, barriere alla mobilità sociale creano le condizioni per classi sociali rigide e contrapposte.  Dobbiamo riuscire a ridurre le diseguaglianze ed evitare che ancora nel Terzo Millennio resti attuale una dicotomia tra plebei e patrizi, come quella che ispirò la missione di Simón Bolívar.

Noi, invece, crediamo che sia possibile rafforzare il debole senza indebolire il forte, creando le condizioni per la diffusione della ricchezza senza impoverire i più abbienti, contrastare le sperequazioni con la buona amministrazione, il rispetto della legalità e il merito, la sicurezza e la crescita.

In questa visione mi sono sempre ritrovato. E cerco quotidianamente di metterla in pratica nell’azione del Ministero degli Esteri e della diplomazia italiana. La chiave sta sempre nella nostra capacità di coniugare spinta ideale e approccio realistico; la propensione ad affrontare le questioni più complesse con pragmatico entusiasmo; una fondamentale qualità per proporre anche oggi soluzioni innovative – ma realistiche – per il nostro futuro.

Faccio l’esempio del libero commercio, sempre più sotto attacco dai venti del protezionismo. Perché difendere un’economia di mercato aperta e il libero commercio internazionale – per tutti noi –  significa difendere tanto la crescita quanto gli ideali di libertà. Non si può essere per la limitazione della libertà di commercio e – allo stesso tempo – sostenere le libertà economiche più generali, così come le libertà del pensiero, delle idee e delle discussioni. Una libertà è legata all’altra.

Questa è una sfida comune, di Italia, America Latina e Carabi, in tanti contesti: dal G20 all’Organizzazione Mondiale del Commercio. Proprio oggi si svolge a Buenos Aires la Ministeriale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio e colgo quindi l’occasione per augurare alla Presidenza argentina il massimo successo.

Sono altrettanto convinto che per difendere questi ideali con pragmatismo sia vitale continuare ad alimentare le spinte integrative delle nostre economie. Quello che hanno fatto l’America Latina e i Carabi con diverse iniziative, negli anni, per avvicinare le loro economie. Quello che ha fatto l’Italia attraverso il progetto dell’Unione Europea; ancora oggi il più riuscito progetto di pace e di prosperità al mondo.

Dobbiamo allora continuare a guardare ad un futuro in cui l’America Latina, i Carabi e l’Unione Europea siano legati assieme in una grande area di benessere e prosperità. E’ con questo obiettivo che l’Italia sta mettendo tutta la spinta possibile per giungere ad una rapida conclusione dell’Accordo UE-MERCOSUR; cercando di fare sponda nei Paesi dell’America Latina per vincere le pulsioni protezionistiche anche all’interno del blocco UE. Perché solo così creeremo maggiore benessere e prosperità. 

Come ho già detto, io sono ottimista. Perché …

Quando all’origine c’è una storia comune e un’identità comune…

Quando c’è sintonia di vedute e di pensiero . . .

Quando c’è un’amicizia così forte come la nostra…

. . . si possono fare grandi cose insieme.

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