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Discorso dell’On. Ministro alla Seconda Conferenza Ministeriale “A Shared Responsibility for a Common Goal: Solidarity and Security”

Fa fede solo il testo effettivamente pronunciato

 

Care Colleghe, Cari Colleghi,

E’ per me un grande piacere aprire i lavori della Seconda Conferenza Ministeriale di Roma “Una responsabilità condivisa verso un obiettivo comune: solidarietà e sicurezza”.

Quando ci siamo incontrati l’anno scorso, alla Prima Conferenza sui Paesi di Transito (6 luglio), c’erano almeno tre fondamentali ragioni che giustificavano un nostro impegno comune, per superare la gravissima crisi dei flussi migratori nel Mediterraneo.

C’era – e c’è ancora oggi – una ragione politica: dettata dall’insorgere di populismi che strumentalizzano la questione migratoria per spargere paure e acquisire facili consensi. Avevamo e abbiamo il compito cruciale di rassicurare i nostri cittadini sul tema migratorio per contrastare i populismi e il razzismo; e salvaguardare il sostegno popolare all’Unione Europea e all’immigrazione regolare.

C’era – e persiste – una ragione di sicurezza: perché è nel nostro interesse comune sconfiggere il modello d’affari dei trafficanti di esseri umani, i cui introiti vanno a finanziare il crimine organizzato e il terrorismo. Tanto più ora che il rischio del ritorno dei foreign fighters è concreto.

C’era – e c’è tutt’oggi – una ragione umanitaria: sono ancora tanti, direi troppi, i rifugiati e i migranti che muoiono nella disperata traversata del deserto o del Mediterraneo.  E’ inaccettabile che ciò accada nel 21° secolo. Così come è intollerabile che rifugiati e migranti si trovino in campi di accoglienza dove sono violati i loro diritti e offesa la loro dignità.

Queste motivazioni, così importanti, ci hanno uniti in una azione comune che ha trovato larghi consensi internazionali: il nuovo formato che abbiamo creato il 6 luglio scorso e l’approccio innovativo che abbiamo definito, sono stati avallati anche a livello di Capi di Stato e di Governo e all’ultimo Vertice UE-Africa di Abidjan. Inoltre, vorrei qui ricordare, che ci avviciniamo alle fasi più intese del negoziato sui Global Compact dell’ONU per i rifugiati e per i migranti. Ed è il mio auspicio, oggi, che anche in quel consesso sia sentita la nostra voce comune; sulla base delle azioni e delle esperienze che abbiamo condiviso grazie a questa iniziativa.  

Come ho ricordato ieri sera, la Conferenza odierna ha quindi un duplice obiettivo. Da una parte: tracciare un primo bilancio dei risultati ottenuti finora. Dall’altra: individuare le criticità e le sfide che ancora ci attendono.

Sul piano dei risultati, vi potrei fare un elenco di “freddi” numeri: come la drastica riduzione dei flussi in uscita dal Niger dai 330.000 del 2016 a poco più di 60.000 del 2017; e se guardiamo solo ai flussi verso la Libia dai 291.000 del 2016 ai 35.000 del 2017; il calo complessivo dei passaggi nel Mediterraneo del 34%; e la riduzione di quasi il 40% delle vittime in mare sulla rotta del Mediterraneo Centrale. Ma questi dati, da soli, non rendono l’idea del grande investimento politico-diplomatico che è al cuore della nostra azione comune. Questo è il risultato più importante.

Nell’ottica italiana, cito ad esempio la piena riattivazione della nostra Ambasciata in Libia e le più recenti aperture di nuove Ambasciate in Niger, Guinea e Burkina Faso.

Vorrei in particolare sottolineare l’importanza strategica delle relazioni con il Niger. Quest’anno non solo abbiamo aperto la nostra Ambasciata a Niamey, ma l’abbiamo resa pienamente operativa. Tra le risorse della Cooperazione e quelle del Fondo Africa negli ultimi 12 mesi abbiamo destinato al Niger più di 100 milioni di euro per costruire un partenariato a tutto campo.

Un altro risultato molto significativo – della nostra azione comune – è stato di aver contribuito a riattivare l’ONU sul terreno, in Libia, in uno sforzo a favore dei diritti e della dignità dei migranti e dei rifugiati. All’inizio dell’anno scorso sembrava una missione impossibile. Ma grazie alla collaborazione con il Governo libico e al sostegno finanziario all’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, oggi è possibile.

Grazie al lavoro di queste due importanti organizzazioni dell’ONU si sono fatti passi in avanti: 1) per migliorare le condizioni dei campi di accoglienza; 2) per favorire rimpatri volontari assistiti di migranti e il reinsediamento di rifigliati. Misure che l’Italia ha sostenuto anche attraverso bandi di cooperazione per ONG; e misure che sono oggi al centro della strategia della comunità internazionale, come confermato dal Vertice UE-Africa di Abidjan che ho già menzionato.

E’ ovvio che siamo profondamente sconcertati dalle spaventose condizioni alle quali sono sottoposti rifugiati e migranti in alcuni centri di raccolta. Ma a tutti coloro che per tanto tempo hanno fatto paternali e lezioni dall’alto, dico una cosa: rimboccatevi le maniche, siate coraggiosi e fornite aiuti concreti ed immediati, come noi tutti abbiamo fatto e continuiamo a fare grazie anche al sostegno dell’ONU.

Nel 2017 quasi 20.000 migranti sono stati assistiti dall’OIM nel loro desiderio di fare ritorno a casa dalla Libia. Tuttavia c’è ancora molto da fare sul piano dei reinsediamenti dei rifugiati e delle persone più vulnerabili verso l’Europa. L’Italia sta facendo la sua parte, per esempio, attraverso il progetto dei corridoi umanitari. Il mio auspicio è che i Paesi Membri dell’UE prendano maggiore coscienza di questa realtà e dimostrino la necessaria solidarietà.

Quando non c’è un posto dove nascondersi, quando la vita di una persona è schiacciata contro un muro, quando un’intera comunità è messa all’angolo da persecuzioni o da guerre o da brutali dittature, allora negare l’accoglienza, girare lo sguardo dall’altra parte significa rinunciare all’umanità che ci accomuna.

Inoltre, sappiamo bene, dalla tragica esperienza libica, che il collasso delle istituzioni statali ha un costo notevole per le popolazioni locali, per gli stessi rifugiati e migranti, e per i Paesi vicini. Per questo, sono convinto che si debba fare un grande investimento in institution building, fra cui il sostegno alle forze dell’ordine per il controllo integrato delle frontiere e un più ampio sostegno all’amministrazione pubblica. L’obiettivo è creare quelle partnership e quei “gemellaggi” di più lungo corso, fra le nostre forze dell’ordine e i nostri funzionari pubblici, che operano secondo un ciclo molto più lungo di quello nostro della politica.

Sono altrettanto convinto che si debba fare un grande investimento nel campo dell’istruzione e della formazione dei giovani. Per tanti paesi dove operiamo è essenziale che alla vertiginosa crescita demografica corrispondano adeguati sbocchi occupazionali per i giovani. L’istruzione, la formazione e la cultura sono il primo investimento da fare per sostenere la vocazione imprenditoriale e il desiderio di innovare; per creare le condizioni per l’occupazione e la crescita; e per scongiurare i rischi di radicalizzazione.

E’ in questo spirito che vogliamo rilanciare gli investimenti economici, sia nelle comunità di origine delle migrazioni, sia nei Paesi di transito. E ho il piacere di annunciare che l’Italia ha deciso di rifinanziare il Fondo Africa per ulteriori 80 milioni di euro (per il biennio 2018/2019). Utilizzeremo questi fondi in gran parte per nuovi progetti di sviluppo economico e sociale; e soprattutto a favore delle fasce più giovani delle popolazioni.

Ricordo poi che l’Italia è stata tra i fondatori ed è il secondo donatore (dopo la Germania) del Fondo Fiduciario dell’UE per l’Africa. Inoltre, siamo stati fra i più convinti promotori del Piano Europeo di Investimenti Esterni in Africa (4,1 miliardi di euro che mobiliteranno 44 miliardi di investimenti). Siamo fieri di aver contribuito a queste iniziative, ma anche di aver promosso la consapevolezza che l’Europa e l’Africa sono su un sentiero comune di crescita.

Ricapitolando: diritti e dignità; rimpatri e ricollocamenti volontari; lotta ai trafficanti; controllo dei confini; e sviluppo economico; sono per noi i settori chiave per perseguire l’obiettivo di “solidarietà e sicurezza”. Ma, allo stesso tempo, mi auguro che dalla discussioni di oggi possano nascere nuove idee e nuovi stimoli per affinare ulteriormente la nostra strategia comune.

Mi dicono che c’è un detto africano che dice: “se vuoi arrivare primo, corri da solo; se vuoi arrivare lontano, cammina insieme”. Noi dobbiamo arrivare lontano. Nessuno può superare  questa sfida da solo. Mentre insieme, guardando ad un orizzonte di lungo periodo, sono sicuro che raggiungeremo il nostro traguardo. E lungo il nostro cammino avremo creato una partnership molto più solida fra l’Europa e l’Africa.  

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