Questo sito utilizza cookie tecnici, analytics e di terze parti.
Proseguendo nella navigazione accetti l'utilizzo dei cookie.

Preferenze cookies

Discorso dell’On. Ministro alla XI Conferenza MAECI-Banca d’Italia

(Fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)

 

Palazzo Koch, 12 marzo 2018

 

Signor Governatore,

Delegati della Banca d’Italia e Addetti Finanziari,

Rappresentanti italiani presso le Istituzioni Finanziarie Internazionali e le Banche Multilaterali di Sviluppo,

Signore e Signori,

Sono molto onorato di inaugurare i lavori della XI Conferenza MAECI-Banca d’Italia e di farlo assieme al Governatore Visco per il secondo anno consecutivo del mio mandato alla Farnesina.

L’edizione di quest’anno è dedicata a uno dei cardini della politica estera italiana: il multilateralismo, che i lavori odierni declineranno sia in sfide che in opportunità. Il multilateralismo è il filo-conduttore di tutti i pilastri della nostra diplomazia: i rapporti transatlantici, la vocazione europeista, la dimensione mediterranea, la tutela dei diritti umani e la promozione del libero commercio internazionale. Ciascuna di queste scelte ha risposto – e continua a rispondere – a specifici e concreti interessi nazionali per la stabilità, per la sicurezza e per la crescita economica e sociale del nostro Paese.

Il migliore auspicio che posso formulare per le discussioni di oggi è che si esamini il multilateralismo in termini concreti e realistici. Per difendere il multilateralismo, bisogna sempre evitare di parlarne in astratto. E’ invece fondamentale essere molto chiari ed espliciti sui suoi benefici tangibili per il nostro Paese.

Faccio un primo esempio che riguarda la sfida epocale contro il terrorismo, che tocca anche i rapporti transatlantici con gli Stati Uniti: mi riferisco all’impegno comune nella Coalizione internazionale anti-Daesh che ha sconfitto lo “Stato Islamico” in Iraq e in Siria. Inoltre, assieme agli Stati Uniti e all’Arabia Saudita, presiediamo il Gruppo multilaterale sul contrasto al finanziamento di Daesh e lavoriamo insieme nel Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale, per “congelare” quelle risorse illecite che sono “l’ossigeno” delle organizzazioni terroristiche. Ecco, questi sono eccellenti esempi di quel multilateralismo efficace in cui crediamo.

Allo stesso tempo, non possiamo nasconderci dietro ai successi. Sappiamo bene che ci attendono sfide importanti, per esempio, sul piano del libero commercio: quel sistema multilaterale di regole che hanno consentito all’economia italiana di essere competitiva e di crescere. L’export ha raggiunto un peso di quasi il 30% del nostro PIL ed è fonte di vitalità per le nostre PMI. E’ ovvio che un Paese esportatore come l’Italia deve difendere un’economia mondiale aperta e scongiurare ogni rischio di guerre commerciali.

Personalmente, rimango fiducioso che le diverse posizioni emerse tra Unione Europea e Stati Uniti sul commercio internazionale troveranno una loro ricomposizione. Non dobbiamo mai perdere di vista il senso profondo del rapporto transatlantico, che affonda le sue radici nella storia, tradizioni e valori condivisi. Del resto, l’amicizia con gli Stati Uniti è imprescindibile per conseguire gli obiettivi prioritari di sicurezza e di crescita.

Con la massima consapevolezza degli interessi in gioco, l’Italia ha contribuito in maniera costruttiva alla riflessione strategica dell’Unione Europea sulla politica commerciale. La nuova strategia punta sugli Accordi di Libero Scambio che superano la mera riduzione tariffaria e che offrono una piattaforma più strutturata sui temi della governance, delle norme di tutela del lavoro, del c.d. level-playing field e del contrasto alla concorrenza sleale. E fra le attuali priorità ricordo: la conclusione dei negoziati con il MERCOSUR, il Giappone, il Messico, i Paesi dell’ASEAN; nonché l’avvio di negoziati con l’Australia e la Nuova Zelanda.

Oltre al commercio, bisogna riconoscere che in Europa ne abbiamo fatti di progressi. Oggi, a Bruxelles la parola d’ordine è “investimenti”. Soltanto poco tempo fa, la parola che intaccava la nostra fiducia nel futuro era “austerity”. La più devastante crisi economica che la nostra generazione abbia mai conosciuto aveva inflitto panico e paura, spazzando via le politiche d’investimento di più lungo orizzonte. L’Europa si era chiusa in sé stessa. E sono fiero di aver fatto parte di Governi che hanno invertito la rotta.

Ovviamente, non tutti i problemi sono risolti, a cominciare dalla Brexit. Pochi giorni fa il Presidente Tusk ha diffuso le sue “Linee Guida” sui rapporti post-Brexit. E’ ancora presto per valutarne l’effetto. Quello che è importante, in questa fase, è assicurare che Londra e Bruxelles proseguano il negoziato in modo costruttivo e responsabile. L’obiettivo è definire una “partnership speciale” con il Regno Unito – a tutto campo – come “Paese terzo strategico”. E dobbiamo evitare “turbolenze” sia sul funzionamento del Mercato Interno sia sulla stabilità finanziaria dell’Unione. Questi devono essere i nostri interessi principali.

Sono altrettanto convinto che sia nell’interesse dell’Europa continuare a orientare la sua attenzione verso il Mediterraneo. La sfida principale resta – e resterà ancora a lungo – la gestione condivisa della crisi migratoria. E anche in questo caso l’Italia ha sempre proposto la ricetta di un multilateralismo pragmatico:

Sul piano delle strategie, lanciando un formato innovativo focalizzato sui Paesi di Transito che è stato poi avallato dal Vertice UE-Africa di Abidjan; e che ha contribuito al ritorno dell’ONU in Libia attraverso le attività dell’Agenzia dei Rifugiati (UNHCR) e dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM).

Sul piano degli strumenti, contribuendo alla creazione del Fondo Fiduciario dell’UE per l’Africa (oggi di oltre 3 miliardi di euro) e del più recente Piano Europeo di Investimenti Esterni in Africa (4,1 miliardi di euro che mobiliteranno 44 miliardi di investimenti).

Questo pomeriggio presiederò alla Farnesina con il Commissario europeo Hahn una Conferenza sugli strumenti finanziari a sostegno delle politiche di vicinato e di allargamento dell’UE. Complessivamente, i fondi dello Strumento di Vicinato (ENI) e dello Strumento di Pre-adesione (IPA) sfiorano i 30 miliardi di euro. Dobbiamo sfruttare al meglio queste risorse, sia verso il Nord Africa, sia verso i Balcani, per investire nelle infrastrutture, nelle reti energetiche e nelle PMI; senza dimenticare che questi investimenti sono anche uno stimolo al sistema produttivo italiano per espandersi.

Il mio messaggio, questo pomeriggio, sarà semplice: l’Italia è un hub naturale fra l’Unione Europea e i Balcani; e fra l’Unione Europea e i Paesi della sponda sud del Mediterraneo; e ha tanto da guadagnare dalle politiche di vicinato e di allargamento. I nostri interessi non sono soltanto economici, ma anche e soprattutto politici. Perché dove passano le merci non passano i soldati; dove si alimenta l’integrazione economica e dove cresce il commercio non vi è spazio per instabilità, insicurezza e conflitti.

Al di là delle sfide, non dimentichiamoci che il Mediterraneo è un sistema economico in espansione: dove passa il 30% del commercio mondiale di petrolio e si concentra il 20% del traffico marittimo. E’ un mercato di 500 milioni di consumatori che rappresenta il 10% del PIL mondiale e questo PIL è cresciuto ad una media annuale del 4,4% negli ultimi vent’anni.

Per questo, la diplomazia italiana è impegnata nel promuovere un’Agenda positiva per rilanciare il Mediterraneo come snodo economico globale che collega l’Africa e l’Asia all’Europa. Di qui il nostro sforzo per mantenere il Mediterraneo al centro delle Agende Globali dell’ONU, dell’OSCE, del G7 e del G20.

Anche i nostri partner cinesi, ad esempio, sono molto interessati al rilancio economico del Mediterraneo. E’ un tema che ho approfondito durante due importanti missioni che ho svolto l’anno scorso in Cina: la prima, in occasione della Visita di Stato del Presidente Mattarella (febbraio 2017); la seconda, per presiedere l’Ottavo Comitato Governativo Italia-Cina (dicembre 2017) assieme al collega Wang Yi.

L’Italia sostiene con convinzione la “Nuova Via della Seta”. Da una parte, per continuare ad espandere il libero commercio globale. Dall’altra, per sviluppare la via della cultura, della scienza e della tecnologia. Fra Italia e Cina sono in vigore oltre 600 accordi universitari e scientifici. Quindi, dobbiamo capitalizzare questo tesoro di conoscenze.

In base all’Agenda strategica UE-Cina 2030 vogliamo realizzare una cooperazione pragmatica, ma sempre ancorata ai principi e agli standard europei. Da questa collaborazione ci aspettiamo che derivi per la Cina un’assunzione di responsabilità, in linea con i benefici che essa trae dall’ordine multilaterale basato sulle regole. In definitiva, l’obiettivo è una crescita equilibrata e mutualmente vantaggiosa delle relazioni commerciali ed industriali.

Una delle sessioni di questa Conferenza intende rispondere a una domanda molto precisa: quale risposta dare all’attuale fase di sfiducia nella globalizzazione?

Oramai abbiamo preso atto – tutti – che i benefici della globalizzazione non sono stati distribuiti equamente. Infatti, permangono forti disuguaglianze non soltanto fra Paesi, ma soprattutto al loro interno. E anche in Italia. Ma sappiamo anche bene che serve a poco lamentarsi o alimentare rabbia. E’ tempo per un’azione molto più profonda per rettificare gli errori. Occorre promuovere politiche inclusive per correggere gli squilibri, senza però mettere in discussione le fondamenta del sistema: il multilateralismo e il mercato libero.

Per una globalizzazione più giusta è anche fondamentale un fortissimo impegno nell’attuazione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Perché lo sviluppo sostenibile è un impegno a tutto campo: tanto sulle politiche che favoriscano la stabilità finanziaria e una migliore distribuzione delle risorse; quanto sui fronti della lotta all’evasione fiscale e alla corruzione, che sottraggono risorse alla crescita e allo sviluppo. 

La lezione di Amintore Fanfani è ancora estremamente attuale: di resistere alle mode del tempo e di perseguire una via intermedia tra uno sfrenato capitalismo e un asfissiante monopolio statale dei mezzi di produzione. Una terza via, come la definirono alcuni, secondo cui il progresso economico non può mai prescindere dal rispetto dei valori etici e non può essere quindi fondato sullo sfruttamento e sulla prevaricazione.  Si tratta di quel capitalismo sociale che ha anche ispirato i padri fondatori dell’Unione Europea e che ha posto l’individuo al centro del sistema economico.

Infine, una parte importante della nostra risposta alla globalizzazione sta nella nostra capacità di “fare squadra” e di rafforzare il “Sistema Italia”. Ciò che abbiamo fatto qui undici anni fa – grazie alla saggezza dei nostri predecessori – dando vita ad un partenariato MAECI-Banca d’Italia che offre dinamismo ed incisività alla nostra politica estera.

Contiamo tantissimo sul partenariato con la Banca d’Italia. Penso ad attività molto concrete come i rapporti e le analisi sulle dinamiche economico-finanziarie nei Paesi di accreditamento. E’ un lavoro che alimenta l’attività di market intelligence e il sostegno istituzionale alle nostre imprese, capisaldi di una diplomazia economica che produce l’1,4% del PIL (indagine Prometeia 2017).

Come grande “Sistema Paese” dobbiamo continuare ad utilizzare tutte le nostre energie e tutta la nostra creatività per trasformare le sfide in opportunità. Vi ringrazio e vi auguro un buon lavoro!

 

 

 

Ti potrebbe interessare anche..