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Si è conclusa a New York la Conferenza delle Nazioni Unite per negoziare un Trattato sul commercio delle armi. Da anni la Comunità internazionale è impegnata nel tentativo di regolare il commercio internazionale dei materiali di armamento. Vi sono infatti Paesi, tra cui l’Italia e più in generale l’Unione europea, che hanno rigorosi sistemi di controllo, ma ve ne sono molti altri che ne sono privi o ne dispongono in modo carente.


Troppo spesso in questi anni abbiamo visto Paesi fornire, in modo quanto meno disinvolto, armi ad altri che violavano in modo sistematico i diritti umani o il diritto internazionale umanitario. Intendiamo ridurre tale fenomeno, contribuendo concretamente a rafforzare la pace e la sicurezza internazionale anche con un efficace contrasto al traffico illecito e alla proliferazione di armi. L’Italia è impegnata su tutti i fronti nel rafforzare il sistema internazionale di protezione dei diritti umani e le norme di diritto internazionale umanitario, in particolare la protezione delle categorie più vulnerabili: donne, bambini, disabili. Vanno anzitutto identificati i meccanismi in base ai quali uno Stato proceda in modo automatico a negare una fornitura a un altro Stato che sia destinatario di un embargo deciso dal Consiglio di Sicurezza, o che violi i diritti umani e le norme di diritto umanitario. Serve al tempo stesso una cornice di regole sul commercio delle armi, che spetterà poi a ciascuno Stato attuare in concreto senza scappatoie.


Su questo l’Italia è già pronta. La Legge 185 del 1990, una delle più rigorose esistenti a livello internazionale, ha istituito presso la Farnesina una specifica struttura incaricata di autorizzare le esportazioni dei materiali di armamento. Il recente recepimento, grazie all’impegno del Governo, della Direttiva 43/2009 sul controllo dei trasferimenti dei materiali di armamento in ambito comunitario è avvenuto in maniera armonica con la stessa Legge 185.

Un altro aspetto importante è la trasparenza. Oggi non esistono norme vincolanti, sul piano internazionale, che impongano agli Stati di pubblicare i dati relativi alle loro esportazioni e importazioni di materiale di armamento. Serve un meccanismo obbligatorio che metta quei dati a disposizione delle opinioni pubbliche: aiuterebbe a prevenire il traffico illecito e lo sviamento degli armamenti, che oggi contribuiscono ad alimentare conflitti armati in diverse parti del mondo. Anche qui, l’Italia già assicura la massima trasparenza, attraverso una relazione annuale al Parlamento e il periodico invio dei dati all’apposito Registro delle Nazioni Unite. In questo processo le Organizzazioni non governative svolgono un ruolo prezioso di sensibilizzazione, assicurano un importante contributo di idee e il nostro dialogo con loro è continuo e approfondito. La Conferenza purtroppo non è riuscita a raggiungere il consenso su un testo di Trattato, ma il lavoro svolto finora rimane. I lavori di New York potranno essere la base per le future discussioni. Il tempo è maturo per definire norme internazionali a carattere universale che regolino il commercio internazionale delle armi. È un contributo importante che questa generazione potrà dare alla causa della pace. L’Italia intensificherà i suoi sforzi per il raggiungimento di questo storico risultato, che è ancora alla nostra portata.