“La Primavera araba è stata indubbiamente la più travolgente manifestazione della domanda di libertà e democrazia, veicolata con rapidità dai media digitali. Questi strumenti hanno creato una fitta ‘rete di libertà’ fra le nostre case e le più remote parti del mondo, soprattutto in quei contesti dove i mass-media convenzionali sono sotto censura”. Il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata riconosce alla Rete un ruolo fondamentale per la libera espressione dei cittadini di tutto il mondo, anche quelli che vivono in regimi autoritari. Oggi interviene all’evento “Conflitti armati e social media” della Social Media Week di Torino dove è presente via streaming da New York (è negli Usa con il premier Mario Monti per l’assemblea dell’Onu) e ha rilasciato a Wired questa intervista in esclusiva.
In che modo i nuovi mezzi digitali hanno cambiato la diplomazia e da quando? La cosiddetta ‘Primavera Araba’ dello scorso anno ha in questo senso rappresentato un punto di svolta?
“Le nuove forme di comunicazione e i social media sono un’opportunità unica che ha consentito alla diplomazia di fornire, ma anche di ricevere, informazioni e suggerimenti dai cittadini con una rapidità sinora sconosciuta. Non è azzardato sostenere che mai, in passato, una tecnologia aveva portato la diplomazia così vicino alla gente.
La Rete si configura sempre più come una conversazione tra persone che possono immediatamente verificare le informazioni, e discuterne tra loro. Per questa ragione sta modificando il modo di fare comunicazione: la Rete rappresenta un’agorà molto estesa e densamente popolata, ma al contempo sempre più complessa. Come Ministro degli Esteri di un grande paese come l’Italia, mi sembra quanto mai opportuno studiare, monitorare e utilizzare attivamente i media digitali, poiché sono convinto che siano ormai una componente essenziale anche delle relazioni internazionali.
I social media permettono ad esempio di cogliere da vicino quelle istanze politiche, economiche e sociali, espresse soprattutto dalle nuove generazioni. La Primavera araba è stata indubbiamente la più travolgente manifestazione della domanda di libertà e democrazia, veicolata con rapidità dai media digitali. Quello a cui abbiamo assistito nei Paesi toccati dalle rivolte è che, potenzialmente, tutti i cittadini possono rapidamente diventare testimoni e protagonisti di ciò che accade intorno a loro. Questi strumenti hanno creato una fitta ‘rete di libertà’ fra le nostre case e le più remote parti del mondo, soprattutto in quei contesti dove i mass-media convenzionali sono sotto censura.
Penso ad esempio alla giovane blogger tunisina Lina Ben Mhenni, un’attiva promotrice di pace e tolleranza in Tunisia, che ho incontrato sia a Tunisi sia a Torino all’evento ‘Twiplomacy’. Il ruolo di Lina è stato cruciale per portare all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale il caso drammatico di Mohamed Bouazizi, che avviò quel movimento che rovesciò il governo del presidente Zine El-Abidine Ben Ali. Da utilizzatore attivo di Twitter, e dalle nostre corrispondenze digitali, non posso che essere ammirato dal lavoro che Lina fa quotidianamente per raccontare quanto accade nel suo paese, e per contribuire dunque ad un processo di transizione inclusivo di tutte le istanze politiche e sociali”.
In che modo l’informazione generata dai cittadini attraverso mezzi mobili digitali ha cambiato la geografia delle fonti a vostra disposizione? Esiste un servizio di monitoraggio delle informazioni generate da social network da sovrapporre alla rete ufficiale delle notizie raccolte dalle ambasciate?
“I media digitali hanno certamente arricchito la quantità di fonti a nostra disposizione. Il processo di monitoraggio è dunque essenziale. Tuttavia, occorre tenere bene in mente due aspetti. Da un lato, l’integrazione con altre fonti ‘classiche’ necessita di un’attenta selezione e verifica dei contenuti.
Troppe volte si corre il rischio di contribuire a diffondere notizie non verificate, e che magari dopo qualche ora si sono rivelate false.
Ricorderete la notizia – rivelatasi poi infondata – della liberazione di Rossella Urru, data da Al Jazeera che a sua volta aveva ripreso media mauritani e senegalesi. A solo pochi minuti dalle prime segnalazioni su Twitter, la Rete iniziò a festeggiarne la liberazione, contribuendo a viralizzare il corto circuito dell’informazione. Mi verrebbe da dire che si è trattato in questo caso di un classico esempio di uso irresponsabile della Rete, che prova come la contrapposizione fra giornalismo tradizionale e informazione digitale sia assolutamente errata. Il mondo nuovo e veloce delle tecnologie ha bisogno degli stessi standard e dello stesso metodo di controllo delle notizie che si richiedevano un tempo, per poter disporre di un’informazione seria e affidabile.
In secondo luogo, va ricordato che la fruibilità di Internet, e degli strumenti per accedervi, non è ugualmente distribuita in tutto il mondo. Esiste un netto “divario digitale” tra l’area euro atlantica e, ad esempio, l’Africa, che dovremmo impegnarci a colmare, sostenendo con forza l’acceso alle nuove tecnologie e all’informazione I media digitali possono esercitare un ruolo fondamentale nella crescita democratica delle nazioni, e per questo l’Italia sostiene attivamente l’applicazione di regole condivise, come la Risoluzione ONU in difesa della libertà su Internet.
Sin dal mio arrivo in Farnesina, ho voluto dare un forte impulso sia a livello centrale, che a livello di Rete diplomatica e consolare nel mondo, affinché siano aperti, e utilizzati con regolarità, profili istituzionali sui principali social media, fra cui Facebook, Twitter e Youtube. Per questo ritengo necessarie, per i nostri diplomatici che si recano all’estero, l’acquisizione di competenze specifiche attraverso appositi corsi di formazione”.
Come ha impattato l’azione di Julian Assange e di Wikileaks sull’idea di segretezza delle informazioni in vostro possesso? Più in generale, la possibilità da parte di cittadini di processare enormi quantità di informazioni e/o dati sta modificando il vostro lavoro?
“Di Internet non dobbiamo certamente avere una visione utopistica: la tecnologia di per sé è neutra, e prende i valori di chi la utilizza. La ‘public diplomacy’ di cui stiamo discutendo è, al pari del negoziato, delle corrispondenze e dei contatti riservati, uno strumento della diplomazia. Vi sono comunicazioni e valutazioni che devono necessariamente poter contare sulla riservatezza e in alcuni casi la violazione di questa riservatezza non solo ne vanifica il contenuto, ma mette seriamente in pericolo i soggetti coinvolti. Penso alle rivelazioni (mai confermate) di WikiLeaks sui presunti punti di contatto degli Stati Uniti in paesi come l’Afghanistan dove uomini e donne di liberta’ si battevano in quel periodo e continuano a farlo ogni giorno perché il loro paese possa avere un futuro migliore”.
Quali sono in questo momento i crinali caldi della geopolitica planetaria?
“Proprio questa settimana sto prendendo parte con il Presidente Monti alla 67ma Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dove sono in discussione tutti i principali dossier caldi.
Oltre ai tradizionali temi euroatlantici e alle principali aree di crisi, i focus della politica estera italiana, al centro della nostra azione anche alle Nazioni Unite, sono la promozione e tutela dei diritti umani e delle liberta’ fondamentali, l’impegno per la cessazione delle violenze e l’inizio della fase di transizione in Siria, la questione nucleare iraniana, la sicurezza internazionale e la lotta contro il terrorismo e la pirateria e, sopratutto in questi mesi, dall’insediamento del Governo di cui faccio parte, la decisa azione della nostra diplomazia per sostenere la crescita economica del Paese, promuovendo la presenza di nostre imprese all’estero e attirando investimenti stranieri in Italia”.
Quali sono le novità (o più in generale la strategia) introdotte dal Governo Monti nella politica estera italiana? E nell’area mediterranea, nello specifico?
“L’attività del Ministero degli Affari Esteri durante il Governo presieduto dal Presidente Monti si è concentrata sul rilancio del profilo dell’Italia sulla scena europea e globale. A Bruxelles ci viene riconosciuto un ruolo leader nell’orientamento e rafforzamento dell’azione esterna dell’Unione Europea. E lo stesso apprezzamento ho riscontrato anche a New York.
Un focus particolare è certamente riservato al Mediterraneo, area prioritaria per l’Italia e per l’Europa: grazie alla vicinanza geografica, ai legami storici e culturali, agli intensi flussi commerciali, alle forti complementarietà tra le economie e ai sentimenti di profonda amicizia tra i popoli, noi italiani abbiamo da sempre una speciale comprensione della realtà della sponda sud del Mediterraneo.
Nel quadro della “diplomazia della crescita”, la Farnesina ha in programma di continuare nelle missioni di sistema, consolidando proprio in Nord Africa e Medio Oriente le nostre posizioni. L’export può dare un forte impulso al rilancio della crescita del Paese, come dimostrano i dati straordinari del 2011 nel c.d. Grande Mediterraneo: +20% nell’export, +4% nell’ interscambio complessivo, con oltre 3.300 aziende italiane presenti nell’area.
Le libere elezioni in Tunisia, Egitto e Libia sono state il primo capitolo di un’importante fase di transizione verso un regime democratico. L’ampia partecipazione al voto di molte donne e uomini che per la prima volta esprimevano la propria preferenza ha dato ragione all’Italia, che ha sostenuto sin dall’inizio questi processi. Ora è importante vigilare sulle regole costituzionali che saranno alla base dei nuovi Governi: confido che i diritti umani, il rispetto della libertà di culto e la tutela delle minoranze saranno garantiti e tutelati senza indugio”.