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Dettaglio intervista

Ringraziamo il Ministro degli Affari Esteri Giulio Terzi, diplomatico di lungo corso dal curriculum esemplare, per l’intervista gentilmente concessa e nella quale abbiamo affrontato il percorso che il nostro Paese ha fatto insieme agli altri Paesi UE in un periodo di crisi che ha di fatto cambiato i modelli economici e sociali di riferimento. L’impegno comune di cittadini e Governo nel porsi al centro di un processo di ricerca del ritorno alla crescita economica ha trovato certamente un forte supporto nei processi di internazionalizzazione dell’imprenditoria e nel ritrovato ruolo del sistema bancario.


Ma se la Farnesina ha un ruolo decisivo nel miglioramento del “business climate” del nostro Paese, le imprese italiane per prime dovranno saper guardare oltre i confini di un mercato sempre più globale dove la dimensionalità diventa cruciale quanto le strategie commerciali e di investimento per sopravvivere alla sfida della competitività internazionale.


1. Si cerca di guardare all’uscita dalla crisi, ma è inevitabile guardarsi indietro all’impatto economico e sociale di questa crisi, ritiene che il modello di crescita italiano e più in generale europeo abbiano subito modifiche sostanziali? E quanto queste possono essere costruttive per guardare al futuro?


Le società europee sono riuscite a trovare un giusto equilibrio tra il profitto e l’uguaglianza, ma le condizioni sociali di questi ultimi anni sono purtroppo in contrasto con i risultati raggiunti nel corso dei precedenti 60 anni. Dal 2009, gli Europei hanno accettato tagli nel reddito e nella spesa sociale. L’alto debito pubblico di molti Paesi rende nervosi e spesso irrazionali i mercati.


I leader europei oggi debbono far accettare misure di rigore ai cittadini provati da questa lunga crisi, rassicurare i mercati e affrontare problemi di competitività ormai annosi.


Quello che è certo è che l’Europa deve riavviare un processo di crescita, altrimenti il modello di vita europeo e il ruolo stesso dell’Europa nel mondo saranno a rischio.


Continuo a credere molto nel modello europeo. Molti Paesi ammirano e cercano di imitare questo modello, che va migliorato, non abbandonato. Occorre stimolare una maggiore competizione tra le imprese, liberare le capacità di innovazione e crescita per affrontare le nuove sfide poste dalla competizione globale, senza perdere di vista il mantenimento della coesione interna. Queste trasformazioni richiederanno uno sforzo collettivo, a livello europeo, per garantire maggiore flessibilità e mobilità del lavoro, una più efficiente gestione della mobilità dei capitali e un nuovo equilibrio tra la libertà economica e la sicurezza sociale. Un’impresa difficile, ma alla nostra portata. 2. Se l’internazionalizzazione è la carta vincente per l’imprenditoria italiana pensa che questa spinta ad incentivare l’export all’estero permetterà anche un consolidamento delle medie imprese italiane sul modello tedesco con l’inserimento di catene distributive organizzate (tipo supply chain) evolvendo dalla struttura sin ad ora improntata sulla piccola e media impresa, più vulnerabile alla crisi?


La globalizzazione produce economie sempre più integrate e competitive, in cui le PMI sono costrette ad affrontare nuovi scenari: penso all’abbassamento o alla sparizione di barriere doganali, all’accorciamento del ciclo di vita dei prodotti, all’impossibilità di controllare o influire sui prezzi delle materie prime o dei semilavorati che dipendono da fornitori globali. Penso soprattutto alla concorrenza molto intensa.


Le varie forme di cooperazione internazionale possono consentire alle piccole e medie imprese di essere competitive in mercati sempre più agguerriti.


Per questo motivo, componente essenziale della diplomazia per la crescita è l’impegno della Farnesina, attraverso le Ambasciate e i Consolati, per incoraggiare joint ventures, promuovere i contatti tra imprese sostenendo la loro partecipazione alle fiere, individuare i potenziali benefici dei vari mercati, offrire alle PMI ogni utile forma di assistenza per sviluppare partenariati internazionali.


3. Quale potrebbe essere il ruolo del sistema bancario in questo processo di internazionalizzazione, cosa a suo avviso è già stato fatto e cosa si potrebbe implementare?


Il ruolo del sistema bancario italiano nei processi d’internazionalizzazione è cruciale per il nostro sistema produttivo, poiché contribuisce a promuovere gli interessi economici italiani all’estero e a sostenere il nostro export, anche attraverso la diffusione ed il miglioramento di prodotti e servizi bancari e finanziari made in Italy.


Le nostre banche negli ultimi anni hanno migliorato l’efficacia del proprio ruolo nei mercati esteri. Oggi la presenza all’estero non è più considerata solo come accessoria alle attività italiane, ma come vera e propria penetrazione su mercati nuovi che si devono affiancare al mercato italiano. La tendenza è ad incrementare l’operatività internazionale.


Nel quadro della diplomazia per la crescita, la Farnesina ha sviluppato forme di collaborazione con ABI e con la rete estera delle principali banche italiane, per arricchire di una componente cruciale l’azione di assistenza alle nostre imprese, ed anche per ampliare le opportunità di business dello stesso sistema bancario.


4. Gli operatori sono molto attenti a questi cambiamenti in atto anche perché la nostra Borsa risulta molto concentrata su pochi Gruppi societari e sarebbe importante che alcune Corporates di eccellenza si quotassero o che nuove Corporates già presenti sull’estero si avvicinassero al nostro mercato, permettendo di attrarre capitali internazionali.


Quali misure ritiene necessarie perché ciò possa avvenire, servono di più le agevolazioni fiscali o una riduzione del peso della burocrazia?


Innanzitutto è importante attrarre investimenti stranieri in Italia, che possano creare nuovi posti di lavoro e contribuire sia alla formazione di capitale umano che all’attività di ricerca e sviluppo. Gli investimenti esteri sono fondamentali per rilanciare la competitività complessiva del nostro Paese, e stimolano la crescita della nostra imprenditoria, poiché favoriscono il cambiamento dei modelli di specializzazione produttiva.


Anche le istituzioni devono fare sino in fondo la loro parte, e l’efficienza della pubblica amministrazione, come pure il sistema legale e di tutela dei diritti di proprietà, sono determinanti per incrementare gli investimenti esteri in Italia.


A riprova del nostro impegno su questo, la “Cabina di Regia per l’internazionalizzazione”, istituita lo scorso giugno dalla Farnesina e dal Ministero dello Sviluppo Economico, ha proposto la costituzione di un Desk per gli investitori, e la mappa delle principali opportunità di investimento in Italia verrà diffusa dalle nostre Ambasciate nei Paesi dove operano gli investitori più interessati all’Italia.


La rete estera della Farnesina svolgerà un ruolo decisivo anche per accrescere la consapevolezza della comunità d’affari internazionale sulle azioni in corso per il miglioramento del “business climate” nel nostro Paese.


5. Per concludere quale auspicio per le esportazioni italiane e vi sono aree come il Mediterraneo o il corno d’Africa dove sarà possibile tornare ad avere una presenza italiana stabile e produttiva oppure l’Asia e la Cina restano i maggiori poli di attrazione per le imprese italiane?


Le esportazioni rappresentano circa un quarto del PIL italiano e sono fondamentali per rilanciare la crescita del nostro sistema economico. Anche se l’Unione Europea assorbe oltre la metà delle produzioni italiane, i maggiori incrementi nell’ultimo anno si sono avuti verso i grandi Paesi emergenti: Russia, Cina, Turchia e Brasile, grandi mercati di sbocco anche grazie al crescente potere di acquisto di larghe fasce medie di quelle popolazioni.


La stagione delle primavere arabe apre nuove opportunità per la nostra presenza nel “Grande Mediterraneo”, i cui dati sono già impressionanti: nel 2011 l’export verso l’area è cresciuto del 19%, e l’interscambio totale ammonta a 80 miliardi di Euro.


Nella regione operano 3300 imprese italiane, 500 solo in Egitto.


Il sostegno alle esportazioni verso i mercati a più alto potenziale e la crescita degli investimenti italiani all’estero sono le due priorità della diplomazia per la crescita. La Farnesina, in raccordo con i principali players dell’internazionalizza-zione, Ministero dello Sviluppo Economico, Agenzia per la Promozione/ICE, Confindustria e altre associazioni di categoria, sta mettendo a punto, da qui a fine anno, una serie di iniziative mirate: Business forum, country presentation e road shows che riguarderanno Paesi come l’Angola, il Sud Africa e il Mozambico, la Libia e i Paesi ASEAN.

Fondamentali anche gli appuntamenti istituzionali, le Commissioni Miste con Iraq e Palestina, e i Vertici bilaterali con Egitto e Algeria, con la partecipazione della componente imprenditoriale, che saranno momenti importanti per il consolidamento delle relazioni bilaterali con Paesi che consideriamo strategici.