L’ opinione pubblica segue con apprensione gli sviluppi della crisi in Mali, dove terrorismo e crimine organizzato mettono in pericolo la pace e la stabilità del Sahel e del Sahara, minacciando di espandersi in tutto il Nord Africa. La comunità internazionale si è dimostrata consapevole di questi rischi e si sta organizzando per sostenere la forza africana dispiegata in Mali sulla base della risoluzione 2085 adottata a dicembre dal Consiglio di Sicurezza dell’ Onu. Non è la prima volta che l’ Onu dimostra di saper agire con efficacia e tempestività per la stabilità di un paese o di una regione, a tutela della pace e della sicurezza internazionale. Il successo della missione a Timor Est, la missione nel sud del Libano, che l`Italia ha voluto e che oggi guida; il sostegno al completamento della transizione in Somalia: sono esempi vicini che confermano come, a quasi settant`anni di distanza, conservi intatta la sua validità l`intuizione di San Francisco di dotare l`Onu di un organo responsabile di mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Vi sono tuttavia altri casi in cui, chiamato a dare risposte concrete a crisi altrettanto gravi, il Consiglio di Sicurezza ha mostrato i suoi limiti, o perché paralizzato dal veto di un suo membro permanente o perché condizionato dal prevalere di logiche di alleanza sugli interessi generali della comunità internazionale.
IL COSTO UMANO
In passato vi sono stati Ruanda, Bosnia-Erzegovina, Kosovo; oggi la crisi siriana con i suoi numeri spaventosi: 60.000 morti, 2 milioni di sfollati, 650.000 rifugiati nei paesi vicini. All’altissimo costo umano descritto da questi numeri si aggiunge quello politico: l’ immobilismo mina la credibilità stessa dell’ Onu. In un momento in cui, proprio alle Nazioni Unite, si registra, anche per impulso dell`Italia, un avanzamento della coscienza collettiva su temi quali la pena di morte, la libertà religiosa e la responsabilità internazionale degli Stati di proteggere i propri cittadini, il mondo ha bisogno di un Consiglio di Sicurezza adeguato alle nuove sfide alla pace e alla sicurezza. È difficilmente sostenibile una situazione in cui oltre 70 Stati non abbiano mai fatto parte, in questi 68 anni, del massimo organo di tutela della pace e della sicurezza internazionale, nel quale quasi 200 Paesi sono rappresentati solo da 15 Stati, dei quali 5 su base permanente e con potere di veto. Serve un Consiglio nel quale si riconoscano tutti gli Stati dell’ Onu.
L`INTERESSE ITALIANO
Che i Paesi africani continuino, ad esempio, a essere sottorappresentati non è solo contro la storia, è contro l`interesse dell’ Italia a favorire la crescente assunzione di responsabilità, il rafforzamento della cooperazione regionale e lo sviluppo socio-economico di un`area del mondo a noi vicina e che nei prossimi decenni farà registrare i più alti tassi di crescita demografica al mondo. Così come è nostro forte interesse continuare a perseguire l`obiettivo di un seggio che consenta all`Unione Europea di parlare, anche all’ Onu, con una voce sola. La riforma del Consiglio di Sicurezza non è più rinviabile se vogliamo per i nostri figli un futuro più sicuro. Ed è con questo senso di urgenza che, insieme alla Spagna, ho voluto riunire alla Farnesina i rappresentanti di oltre 60 Paesi, per riportare ai primi posti dell`agenda politica internazionale il tema della riforma del Consiglio di Sicurezza. Il consenso è il principio al quale si ispira da sempre la linea dell’ Italia. Solo una soluzione largamente condivisa potrà rafforzare la credibilità dell`Onu come garante della pace e della sicurezza internazionale e porre fondamenta solide di una nuova architettura di sicurezza collettiva.
LA PROPOSTA
Quanto alle formule, la proposta è semplice: ampliare il numero dei membri del Consiglio per renderlo più rappresentativo anche attraverso il riconosci mento dei processi di integrazione regionale, di cui l`Ue è l’ esempio più alto, e tenendo conto del contributo degli Stati al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale e agli altri scopi dell`Organizzazione. Aumentare il numero di Paesi che, a rotazione, siedono in Consiglio in quanto eletti da tutti membri dell`Onu vuol dire rafforzarne la legittimazione, la credibilità e quindi l`efficacia. Mentre un ampliamento a nuovi membri permanenti rischierebbe di cristallizzare situazioni che potrebbero non riflettere nel tempo l`equilibrio delle relazioni internazionali e creerebbe nuove categorie di Stati privilegiati. Roma come New York, Ginevra e Vienna si conferma “polo” e centro di riflessione e di negoziato sul futuro dell`Organizzazione. I Paesi che si riuniscono oggi in quello che è diventato un appuntamento fisso della diplomazia internazionale si confrontano su una sfida non più rinviabile: le Nazioni Unite, straordinario sviluppo del Novecento nel percorso di formazione di uno «stato di diritto» internazionale, vanno adeguate a un mondo che col secolo scorso ha ormai poco a che fare, rimanendo esposto al rischio di replicarne gli orrori. E ancora una volta, come spesso è accaduto in questi mesi, l`Italia è protagonista sul piano internazionale, non solo nella risposta alle crisi attuali, ma anche nella definizione degli strumenti che serviranno a prevenire e a gestire quelle future.