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Bonino: «Sui marò spero in buone notizie ma non sono gli unici italiani in cella» (La Repubblica)

«Mi auguro che Staffan de Mistura possa dare buone notizie sui marò alla Camera il 13 novembre». Non è l’annuncio di una svolta definitiva per i due fucilieri Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, quello che arriva da Emma Bonino nel videoforum di Repubblica Tv, in cui il ministro risponde alle domande dei lettori sui principali dossier internazionali. Un nuovo passo dovrebbe però essere stato compiuto. Alle commissioni Esteri e Difesa riunite, mercoledì, l’inviato speciale del governo dovrà dire cosa si sta facendo per loro.


Ci può confermare che sarà l’11 novembre, in videoconferenza l’interrogatorio degli altri militari che erano a bordo dell’Enrica Lexie?


«Preferisco la politica dei risultati e credo che la riservatezza, che non è segretezza, a volte protegga di più. Spero che de Mistura possa dare conto di tutto il nostro lunghissimo lavoro. Siamo un Paese complesso nell’amministrazione della giustizia: lo è anche l’India».


Tra i lettori c’è chi le chiede se ricordai nomi dei fucilieri


«E perché?»


Per sapere qual è il grado di attenzione del governo su di loro


«I nomi li so e non li voglio dire. Perché ho 3120 italiani in carcere nel mondo. Trovo eccessivo che si parli solo di quelli che arrivano alla stampa. Non voglio far sentire gli altri meno tutelati».


Sembra evocare la vicenda Cancellieri: per lei è chiusa?


«Mi hanno fatto la stessa osservazione sul caso Shalabayeva-Alfano. Per quanto mi riguarda la ricostruzione di Cancellieri è convincente. Vorrei però non si chiudesse la vicenda carceri e giustizia appena finisce il fragore».


E su Shalabayeva? Cosa stiamo facendo per lei?


«Abbiamo passato tutto agosto a sostenere la signora nel presentare alle autorità kazake la richiesta di libertà di movimento. Il ministro degli Esteri kazako mi ha risposto, dopo due mesi, che farà di tutto perché possa essere celebrato presto il processo che la riguarda, per la falsificazione del passaporto e lei possa esercitare dunque questa libertà di movimento».


Padre Dall’Oglio è stato rapito in Siria a luglio. Può dirci se è vivo?


«I fili che abbiamo sono fragili, in quella zona la situazione si è inviperita. Ma almeno non abbiamo prova che sia stato ucciso».


C’è poi Giovanni Lo Porto, cooperante scomparso 19 mesi fa in Pakistan


«Siamo in contatto con la famiglia ma non abbiamo informazioni».


Lei doveva incontrare a Roma il ministro degli Esteri iraniano Zarif, impegnato a Ginevra nel negoziato sul nucleare. Vi siete invece sentiti al telefono. Perché?


«Perché il dialogo è entrato in una fase promettente e delicata, la speranza è di chiudere in settimana o di lasciare fuori solo una tornata di colloqui».


Quale sarà il punto finale dei colloqui?


«Non si può dire ora. Gli iraniani puntano alla cancellazione delle sanzioni. Bisogna vedere cosa offrono in cambio».


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«La situazione egiziana è una delle più complesse. Il 15 novembre il governo dovrebbe togliere lo stato di emergenza. Io da ministro mi comporto in base alle informazioni che ricevo, poi gli italiani scelgono liberamente se partire o no».


Parliamo di immigrazione: come si possono tradurre in pratica le promesse di maggiore collaborazione dell’Unione europea?


«Bisogna continuare a responsabilizzare l’Europa sulla questione di tutta la frontiera sud».