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Bonino : “Die Kritik an Berlin ist ziemlich kleinlich” (Suddeutsche Zeitung)

Bonino: «La critica nei confronti di Berlino è alquanto ingenerosa» (Suddeutsche Zeitung)


(traduzione non ufficiale)


Venerdì, il Ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier si recherà in visita di presentazione in Italia, uno dei partner più stretti della Germania in Europa da decenni. In Italia, tuttavia, aumentano i consensi per gli euroscettici e i critici della politica europea tedesca. Il Ministro degli Esteri Emma Bonino (65), invece, difende la Germania e mette in guardia da una ricaduta nel nazionalismo. Emma Bonino è una delle politiche italiane più appassionate. In nome della lotta a favore dei diritti umani e di una politica sociale liberale si è fatta mettere in prigione e ha aderito a scioperi della fame. La sua passione è diretta anche all’Europa. È stata Commissario europeo, Ministro per le Politiche europee, e da aprile 2013 è Ministro degli Esteri del Governo Letta.


SZ: Attualmente, in Italia, i populisti anti-europei godono di ampi consensi. Ha paura delle elezioni europee di maggio?


Bonino: Paura forse non è la parola esatta, sono preoccupata però. Data l’attuale crisi di scala globale, alcuni leader politici sottolineano più le debolezze dell’Europa che i successi raggiunti in cinquant’anni. Dobbiamo lanciare un messaggio equilibrato.


Che sarebbe?


Sì, dobbiamo migliorare l’Europa. L’Europa, metaforicamente parlando, è ferma a metà del guado. Questo riguarda le sue istituzioni e la sua governance. Ora dobbiamo andare avanti e creare speranza – altrimenti, affondiamo. E dobbiamo mettere in risalto quello che è andato bene in Europa: la pace, l’integrazione, le libertà fondamentali dei cittadini, ma anche lo sviluppo economico.


È pensando alla crisi che lo dice?


Se ripenso alla mia infanzia, non riconosco l’Italia, e lo stesso vale per tutta l’Europa. Sono nata nel 1948, poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Nella mia gioventù c’era la povertà, nel mio paese, bisognava ricostruire tutto e fu grazie all’integrazione europea che tutto venne ricostruito. A quel tempo, abbiamo lavorato per il nostro futuro con tanto entusiasmo, anche perché abbiamo iniziato da zero.


Questo rendeva il raggiungimento di progressi più facile di oggi?


È proprio così. Abbiamo iniziato in un paese distrutto, e lo stesso è valso anche per la Germania. Oggi, per la prima volta viviamo una situazione in cui i figli sembrano avere opportunità peggiori rispetto a quelle dei loro genitori. Questo è un cambio di prospettiva difficile.


Come dovrebbe reagire l’UE di fronte a tale situazione?


L’Europa versa in difficoltà, ma qualsiasi ritorno al modello dello Stato nazionale sarebbe un’illusione drammatica. Quello che veramente significa il nazionalismo, lo ha sperimentato la generazione dei nostri padri. È per questo che dobbiamo impiegare tutte le nostre energie per creare un’Europa migliore piuttosto che per tornare indietro. Purtroppo, però, a volte ho l’impressione che la classe politica sia titubante nel divulgare questo messaggio.


Come potrebbe essere una UE migliore? Quale aspetto avrebbe?


Io sono per un’Europa federale, in senso non ideologico, ma pragmatico intendo dire. Non conosco nessun altro sistema al mondo che riesca a tenere unite 500 milioni di persone nella libertà, nel rispetto reciproco, nella diversità e nella democrazia .


La Sua aspirazione è uno Stato federale europeo?


Sì, mentre altri sono più orientati verso un’Europa intergovernativa.


Sta parlando di Angela Merkel?


No, non Angela Merkel, intendo altri. Trovo problematica una cooperazione intergovernativa più intensa senza un controllo democratico. Se diamo più potere all’UE a Bruxelles, come ad esempio nella politica di difesa, i cittadini vogliono sapere chi è il Ministro della Difesa, chi è a decidere sulla difesa e come viene controllato.


Quello che vogliono molti cittadini è proprio meno Europa e reagiscono in maniera allergica quando si parla di Stati Uniti d’Europa .


Penso ad un’Europa che si limita a fare in comune solo alcune cose importanti, applicando per il resto, invece, il principio di sussidiarietà in modo maggiore. Sono molte le cose che possono essere decise ottimamente a livello locale o nazionale. Il resto invece va fatto al livello europeo. Oggi abbiamo 28 diversi eserciti nell’UE. Ciascuno risparmia dove vuole nel settore della difesa. Così corriamo il rischio di ridurre tutti le medesime capacità operative.



Lei crede veramente che sia possibile creare un Esercito europeo?


In base agli attuali trattati è ovviamente impensabile. Ma è una visione ideale – e nulla è più concreto delle idee.


Quando potrebbe divenire realtà il Suo Stato federale d’Europa? Tra 20 anni?


Alcune cose sembrano impossibili, e improvvisamente accadono. Altre cose – i regimi, per esempio – sembrano essere fatti per l’eternità, e poi, un giorno, non ci sono più. E’ importante che abbiamo una visione di ciò che intendiamo raggiungere.


A parte la difesa, cos’altro rientra tra queste cose importanti di cui parlava?


La politica estera e quella economica.


In Italia la Germania è oggetto di forti critiche, secondo le quali, con la sua rigida politica del risparmio, frustra la ripresa economica dell’Europa meridionale. Quale é il suo punto di vista in merito?


Trovo questa critica abbastanza ingenerosa e calzante solo in parte. Prenda l’Italia: uno dei problemi principali è il nostro enorme indebitamento pubblico. Il servizio del debito ha un costo di € 90 miliardi di euro l’anno. Ma ad esserne responsabili, non sono né l’Europa né la Germania, ma proprio noi Italiani. Ci sono molti ambiti in Italia che vanno affrontati indipendentemente dall’Europa – le infrastrutture, il mercato del lavoro, le privatizzazioni o la riforma della giustizia. Chi attribuisce alla Germania la responsabilità per tutto, oltre a dichiarare cose non vere, assume anche un atteggiamento ingiusto.


Stiamo assistendo ad un fenomeno strisciante di allontanamento tra la Germania e l’Italia?


Sì, se consideriamo che alcuni leader politici si avvalgono della retorica del capro espiatorio, che sembra avere efficacia. Dobbiamo correggere questo. L’economia italiana non cresce più da dieci anni. Ad averne la colpa non è un’entità malvagia nel mondo esterno.


Niente critiche alla Germania, allora?


Riordinare le finanze non è un obiettivo fine a sé stesso. Noi riteniamo di sostenere gli sforzi necessari. Ora è giunto il momento di investire. Per esempio, in grandi progetti infrastrutturali. Nei collegamenti ferroviari o in gasdotti. Ciò gioverebbe anche all’integrazione politica dell’Europa. Io credo che ci siano grandi problemi dei quali siamo noi italiani – o i greci, per esempio – ad essere responsabili. Ma ci sono anche grandi opportunità che l’Europa potrebbe creare.


Come intende rendere l’Europa più attraente per i cittadini?


Penso che la questione della comunitarizzazione del debito e l’introduzione di Eurobonds potrebbe conferire grande slancio. Non sono praticabili politicamente al momento, però.


L’Italia assumerà la Presidenza dell’Unione europea nel mese di luglio. Quali sono i progetti più importanti?


Per noi un ruolo cruciale lo avrà il futuro dello spazio mediterraneo. L’intera sponda meridionale è in fiamme, milioni di persone sono in fuga. Una prosecuzione del dramma in Siria potrebbe causare un’implosione in Giordania e Libano e inoltre minacciare la pace e la sicurezza. La Siria sarà per noi quindi una priorità, così come la Libia, la Tunisia, l’Egitto.


L’Europa sarebbe dovuta intervenire prima in Siria, magari anche militarmente?


No. Se c’è una cosa che in questa regione non manca, sono proprio le armi. Le nostre esperienze con gli interventi militari le abbiamo fatte, e i risultati non sono stati brillanti.


A cos’altro si dedicherà l’Italia?


Alla crescita. Anche se non credo che i Governi possano creare posti di lavoro. Un Governo può invece fornire buone condizioni per gli investimenti del settore privato. Il nostro terzo tema sarà l’Europa dei Cittadini. Perché l’Europa non è solo sviluppo economico e mercato unico, ma vuol dire anche stato di diritto, regole, libertà di movimento.



La disoccupazione giovanile nell’Europa meridionale presenta livelli drammaticamente elevati. Si rischia di perdere una intera generazione?


Questa è una preoccupazione che dobbiamo porci. Le cifre parlano da sole. La disoccupazione giovanile è un dramma umano e politico. Se i giovani non vengono integrati nel mercato del lavoro, è la stessa coesione sociale ad essere minacciata. Una soluzione magica non c’è. La lotta va condotta con un insieme di misure. In Italia abbiamo bisogno di investimenti nel meridione. Inoltre dobbiamo migliorare la formazione, potenziare le infrastrutture e ridurre il livello di criminalità.

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