Questo sito utilizza cookie tecnici, analytics e di terze parti.
Proseguendo nella navigazione accetti l'utilizzo dei cookie.

Preferenze cookies

Mogherini: “Su Kiev dialogo con Putin. E’ il modo di vincere tutti” (L’Unità)

La ministra degli Esteri insiste per una soluzione concordata con la Russia. Nella sua agenda Europa, Mediterraneo ma anche l`America Latina.


Dalla crisi ucraina al tormentato Mediterraneo, passando per la sfida europea e per un rinnovato interesse verso l`America Latina. I dossier più caldi nello scenario internazionale sono al centro dell`intervista a 1`Unità della ministra degli Esteri, Federica Mogherini.


La crisi ucraina è senza dubbio il dossier più caldo. C`è ancora spazio per una soluzione politica o il dialogo è un cedimento a Vladimir Putin?


«No, il dialogo è la strada del realismo, l`unica che può portare a un risultato concreto. E utile. Per tutti. Non è un gioco a somma zero, in cui uno vince e uno perde. È un gioco in cui tutti abbiamo molto da perdere e molto da vincere. E l`unico modo che abbiamo per vincere tutti è percorrere con convinzione la strada del dialogo, la sola che può portare a una soluzione politica. A condizione ovviamente che Mosca torni ad agire in modo responsabile. Il fatto che giovedì della prossima settimana ci sia finalmente un incontro, a livello di ministri degli Esteri, di Russia, Ucraina, Stati Uniti e Unione Europea per facilitare il negoziato, è un`ottima notizia tanto più che quell`incontro, su cui l`Italia ha investito fin dall`inizio assieme agli altri partner europei, fra cui la Germania, non era affatto scontato. Sì, uno spazio negoziale esiste ed è utile a tutti percorrerlo. Lunedì prossimo, al Consiglio Affari esteri di Lussemburgo, sosterremo con forza che l`Europa debba facilitare questo spazio di dialogo per arrivare a un negoziato molto concreto e condiviso sul futuro dell`Ucraina».


Da cosa partire?


«Innazitutto dall`importante accordo del 21 febbraio, richiamato positivamente dallo stesso ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, in un articolo sul Guardian di qualche giorno fa, così come è stato fatto dai ministri degli Esteri di Germania, Francia, e Polonia. Ci saranno poi le elezioni presidenziali, il passaggio della riforma costituzionale in Ucraina, la responsabilità che dovrà essere comune e condivisa nell`aiutare la transizione economica e democratica del Paese. C`è soprattutto la necessità di costruire un contesto internazionale in cui l`Ucraina possa avere relazioni costruttive con tutti i suoi vicini».


A proposito di Lavrov, il capo della diplomazia di Mosca ha affermato che «la stabilità dell`Europa è minacciata dal crescente sentimento antirusso scatenato dalla crisi ucraina». È fondata questa considerazione?


«Io credo che adesso dobbiamo concentrarci più sugli spazi concreti di negoziato che sulle rispettive rivendicazioni di posizionamento. In questa fase, ciò che è importante non è tanto guardare alle singole dichiarazioni, ma consolidare la strada negoziale che si è aperta. Vorrei rimarcare in proposito che, anche grazie all`azione dei Paesi, tra cui l`Italia, che fanno parte del G8 e della Ue, Kerry e Lavrov hanno sempre mantenuto un canale di dialogo aperto diretto, e questo ha fatto sì che si arrivasse a un primo incontro tra il ministro degli Esteri di Mosca e il suo omologo di Kiev all`Aja, a margine del summit sulla sicurezza nucleare. Un atto poco sottolineato dal sistema mediatico ma che è stato di una importanza fondamentale perché di fatto ha segnato un primo riconoscimento reciproco. Questo nuovo incontro, facilitato da Ue e Stati Uniti, forse non porterà subito a una soluzione ma permetterà di iniziare a discutere di quali passi fare insieme per consentire all`Ucraina una transizione di successo. Il Paese ha una situazione economica, politica e sociale estremamente complicata ed è interesse dell`Ue, degli Stati Uniti, della Russia e, ovviamente degli ucraini stessi, fare in modo che su tutti questi tre piani ci sia uno sbocco positivo».


Altro dossier caldo è quello del Mediterraneo, dalla Libia alla Siria. In che modo è possibile intervenire su queste tragedie alle porte dell`Italia?


«Innanzitutto ricordandocene. Perché c`è il rischio che la crisi ucraina metta in ombra tutto quello che succede nel resto del nostro vicinato. Che non è soltanto un vicinato italiano: il Mediterraneo è un mare europeo. Poi occorre saper leggere le differenze tra le varie realtà che segnano i Paesi della sponda sud del Mediterraneo: c`è il dramma siriano, tre anni di guerra e lo stallo del dialogo politico e anche degli aiuti umanitari. In Siria l`unica cosa che sembra funzionare è lo smaltimento delle armi chimiche del regime di Assad, operazione in cui l`Italia è fortemente impegnata. Accanto al dramma siriano ci sono altre situazioni: in Libia c`è uno scenario estremamente fragile, ma si registrano anche timidi segnali di speranza, come la ripresa di un dialogo nazionale e la riapertura dei centri petroliferi. L`Italia è impegnata a rafforzare la costruzione di istituzioni democratiche in Libia, consapevole che l`Europa e il resto della comunità internazionale devono fare di più in questo senso. Ma poi vi sono altre realtà dove la transizione democratica è più consolidata, come in Tunisia. O in Libano, dove abbiamo un ruolo di prima fila con la guida della missione Unifil, e dove la situazione è buona nonostante il Paese sia stato esposto per tre anni al pericolo di contagio del conflitto siriano».


Il Libano, Paese in cui si sarebbe rifugiato l`ex senatore Dell`Utri…


«A questo proposito vorrei precisare che Dell`Utri non risulta avere mai avuto passaporto diplomatico italiano e che il suo ultimo passaporto di servizio parlamentare è scaduto nell`aprile del 2013».


Strategicamente Europa. Chiamata in causa in Ucraina, nel Mediterraneo. L`Europa segnata dai populismi che rischiano di marcare le elezioni di maggio. In che modo l`Italia e il governo di cui lei fa parte può contribuire ad un cambiamento?


«Più che di populismi parlerei di una profonda disillusione e frustrazione, che cresce nel momento in cui non arrivano risposte ai problemi. Sono convinta che i cittadini, non solo italiani ma in tutta Europa, capiscano benissimo ormai, dopo questi anni di crisi economica, che le risposte non possano arrivare che dal livello europeo. La frustrazione e la disillusione verso Bruxelles si trasformano facilmente in una reazione contro l`Europa quando si vede che la risposta che dovrebbe venire da là, invece non arriva. Da più di dieci anni che c`è una sorta di una profezia che si autoavvera: i governi nazionali indicano in Bruxelles la radice di tutti i mali, anche di quelli nazionali. Dunque l`Europa è cattiva e non investiamo nel livello europeo, che quindi non ha gli strumenti per dare le risposte che servirebbero. Il modo in cui l`Italia può spezzare questo circolo vizioso è duplice. Da una parte iniziare a dire le cose come sono: investire nel livello europeo, non è cedere sovranità, ma significa riconquistarla. perché soltanto a quel livello si posso avere risposte veramente efficaci per i cittadini. Secondo: non ha senso l`alternativa Europa sì, Europa no. Esistono scelte politiche di segno diverso anche in Europa. Noi diciamo che quella che si apre con le prossime elezioni europee dovrà essere una legislatura che accanto al rigore dei conti pubblici – cosa utile innanzitutto per i nostri figli – trovi gli spazi di flessibilità che ci consentano di investire per la creazione di posti di lavoro, a partire da quelli delle giovani generazioni, un problema che non è solo italiano».


Ucraina, Mediterraneo, Europa… Ci sono altre priorità nel mondo su cui l`Italia investe?


«Dobbiamo coniugare il nostro ruolo regionale con la consapevolezza di avere interessi globali. Lavoreremo sull`Africa, sull`Asia, sull`America Latina. Avrei voluto fare la mia prima visita da titolare della Farnesina proprio in America Latina, in occasione dell`insediamento della presidente Bachelet in Cile, ma gli impegni legati alla crisi ucraina non me l`hanno consentito. Conto di farlo nei prossimi mesi. È un`area importantissima a livello globale e per l`Italia in particolare. Adesso la nostra attenzione è concentrata soprattutto sulla situazione in Venezuela. L`Italia, anche con la recente missione del sottosegretario Giro, ha contribuito in modo determinante a incoraggiare quello che oggi si sta realizzando: l`avvio di un dialogo nazionale tra il presidente Maduro e le opposizioni. È importante l`impegno assunto dalla Santa Sede di essere parte di questo dialogo».


Lei è la più giovane ministra degli Esteri che l`Italia repubblicana ha avuto. Da ministra e dirigente del Pd, come valuta la scelta compiuta da Matteo Renzi di mettere cinque donne a capolista nelle europee?


«È stata una scelta importantissima. Questo è l`esecutivo più giovane della storia italiana ed è la prima volta che non solo metà del governo è formato da donne, ma che le donne sono tutte in posizioni chiave: Esteri, Difesa, Sviluppo Economico, Riforme, Pubblica Amministrazione, Affari regionali, Istruzione, Sanità… tutti ministeri pesanti. E si dà anche una immagine nuova dell`Italia all`estero. C`è una aspettativa che va oltre l`elemento della curiosità e che testimonia la voglia di vedere un`Italia diversa, un`Italia normale nel contesto internazionale. Non sono soltanto simboli, ma il racconto di quello che l`Italia è davvero: un Paese in cui la società è spesso più avanti della classe dirigente, non solo politica, che la rappresenta».