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Intervista al ministro Mogherini in occasione della visita in Kosovo (Koha Ditore)

Traduzione di cortesia


Qual è lo scopo della sua visita in Kosovo e quale sarà il messaggio dello Stato italiano per le istituzioni e il popolo del Kosovo?


La visita in Kosovo, all’inizio del semestre di Presidenza italiana dell’Unione Europea, si inquadra in una serie di incontri che ho voluto fare in sei diversi Paesi dei Balcani per confermare l’assoluta priorità che l’Italia attribuisce a questa regione, così vicina a noi italiani per ragioni storiche, geografiche e culturali, e la nostra volontà di renderla altrettanto prioritaria per il resto degli europei.Speriamo che si determinino quanto prima le condizioni affinché il Kosovo entri a far parte della grande famiglia europea, che e’ il suo naturale alveo. Ciò potrà avvenire se continuerà quel percorso improntato alla moderazione e responsabilità di tutta la classe politica che ha permesso gli straordinari risultati a ora raggiunti.


Dopo un processo elettorale che è stato considerato regolare, tuttavia a causa delle rivalità tra i partiti politici, la formazione del governo rimane una sfida che potrebbe anche portare il paese alle nuove elezioni. Qual è il suo punto di vista su tale situazione?


La regolarità del processo elettorale e’ stata motivo di grande soddisfazione, sancita anche dal Capo della Missione di Osservatori elettorali europea, l’Europarlamentare italiano Roberto Gualtieri.Quanto alla formazione del Governo, si tratta di turbolenze che si verificano in molte democrazie e accade spesso che vi siano tempi lunghi per i negoziati. I processi possono anche essere molto dialettici, ma l’importante e’ che le dinamiche per la formazione del Governo avvengano all’interno del Parlamento e nel rispetto della Costituzione, e che tutti accettino le regole anche se il risultato non e’ quello sperato.


A seconda delle costellazioni politiche del nuovo governo, ci possono essere cambiamenti anche sull’approccio del dialogo con la Serbia. In questo contesto, si è parlato anche di una possibile revisione del processo di negoziazione. Qual è la posizione d’Italia nei confronti di questa possibilità e del futuro del dialogo?


In questi mesi abbiamo più volte ricordato a Belgrado che una costruttiva e onesta prosecuzione del dialogo con Pristina e’ prerequisito per il proseguimento del percorso verso l’Unione Europea. Sappiamo che e’ processo non facile e che richiede anche dei costi politici in un’ottica di breve termine. E’ ovvio che si tratta di considerazioni che specularmente valgono anche per il Kosovo. Siamo pronti a intavolare un dialogo con qualsiasi Governo i kosovari esprimeranno e ci baseremo sul senso di responsabilità e sui fatti concreti. Certe posizioni oltranziste sono più facili dall’opposizione e per chi non ha responsabilità. E sappiamo che per la grande maggioranza dei kosovari il percorso verso l’Europa e’ irrinunciabile. E’ anche per questo che la nostra amicizia e’ così forte.


Il Sindaco di Mitrovica nord, della lista “Lista serba” partito sostenuto da Belgrado, il mese scorso ha cementato la barricata sul ponte del fiume Ibar e lo ha chiamato “Parco della Pace”. Tuttavia, questo “Parco” costituisce una violazione dei principi fondamentali dell’Unione Europea – Libertà di Movimento. In questo caso, cosa deve fare l’UE da una parte e il Governo del Kosovo dall’altra parte?


Tutte le parti devono agire con moderazione e senso di responsabilità. Se c’e’ un’onesta volontà di risolvere il problema, troveremo una via, e l’Europa si e’ impegnata e continuerà a impegnarsi a fondo sul problema. E’ facile, a volte, cedere all’ira, all’incitazione, alla demagogia, urlando con una forza che in realtà e’ debolezza. In questo caso il più forte e’ quello che non urla e mantiene equilibrio e saggezza, un approccio che alla fine risulta vincente. Tutti sappiamo quante sensibilità vi sono attorno a quel ponte, ma spero che in tutti prevalga una volontà costruttiva.


Lei come vede la prospettiva europea del Kosovo, riferendosi all’accordo per la stabilizzazione e associazione ed il processo della liberalizzazione dei visti?


Come Italia speriamo sinceramente che l’accordo possa essere firmato entro il nostro semestre di Presidenza e per tale obiettivo ci impegneremo a fondo. Quanto alla liberalizzazione dei visti, siamo ben coscienti del senso di frustrazione in molti kosovari soprattutto giovani. Si lavorerà con l’Ue ma intanto la nostra Ambasciata concede, a chi ne abbia titolo, dei visti di lunga durata (3 o 5 anni). Spero che si possa procedere quanto prima a una liberalizzazione dei visti per la quale, almeno per quanto mi concerne, ritengo che i tempi siano sostanzialmente maturi.


In che misura la mancanza di riconoscimento da parte di cinque paesi membri dell’UE ostacola il suo processo d’integrazione? Secondo Lei quando questi paesi riconosceranno l’indipendenza del Kosovo?


Sono Paesi che, a quanto mi risulta, non hanno a ora riconosciuto il Kosovo non per particolari problemi nei vostri confronti, ma per problematiche interne legate soprattutto, in alcuni casi, a percepiti timori di secessione che hanno fortissima valenza di politica interna. In questa fase siamo alla ricerca di soluzioni pragmatiche che permettano che il cammino verso l’Europa continui, come peraltro dimostrato dal felice esito del negoziato per l’ASA, nonostante le loro posizioni. Sapete che per quanto ci riguarda avete nell’Italia un deciso e fermo alleato in tutti i fori anche verso i cinque Paesi in questione con cui abbiamo le migliori relazioni.


Lei vede qualche altra sfida che il futuro Governo del Kosovo deve affrontare?


Le priorità assolute sono, a mio avviso, il mantenimento di un quadro di stabilità, lo sviluppo dei servizi sociali di base, la creazione di posti di lavoro, e il rafforzamento del “rule of law”.Per il mantenimento della stabilità politica e’ di primaria importanza la prosecuzione del dialogo con Belgrado e di un modo di fare politica antiretorico. Impensieriscono poi le voci di un accresciuto attivismo di organizzazioni di estremismo islamista anche in Kosovo, Paese famoso per la sua apertura e tolleranza.Per i servizi sociali di base vedo come priorità la sanità e le infrastrutture. Sono settori in cui l’Italia può fare molto per dare una mano.Per la creazione di posti di lavoro sono necessari in questa fase investimenti dall’estero, che i kosovari devono abituarsi a vedere in senso positivo e come fonte di opportunità.Per ciò che riguarda la giustizia, credo che sia necessario continuare nel consolidamento delle istituzioni. Inoltre bisogna sostenere ampie fasce della popolazione che hanno vissuto fasi traumatiche e difficili e devono pertanto riprendere piena fiducia nello Stato.


E l’Italia?


Siamo Paesi vicini che condividono storia, usanze e valori e credono nella democrazia. Ciò fa di noi naturali alleati e amici nei principali fori politici internazionali, e credo che i nostri rapporti si faranno sempre più stretti. Sul piano economico resta molto da fare perché l’Italia non ha una tradizione di presenza in Kosovo, diversamente dai principali Paesi limitrofi, come Serbia o Albania, dove siamo tra i primi investitori. Esistono però anche tra i nostri due Paesi delle forti complementarità. In Italia abbiamo grandi imprese che possono contribuire alla realizzazione delle necessarie infrastrutture in Kosovo e un reticolo di Piccole e Medie Imprese che possono portare una cultura produttiva che si e’ rivelata particolarmente congeniale nei Balcani.


Le imprese italiane, vedono in Kosovo potenziale per poter investire?


Vi e’ crescente consapevolezza delle opportunità esistenti e se non manca qualche difficoltà non mi sembrano tanto diverse da altri Paesi dove le imprese italiane operano abbondantemente e con successo. Per stimolare nostri investimenti credo sia necessaria soprattutto una più approfondita opera di informazione, per spiegare che il Kosovo e’ cambiato e maturo per un grande salto di qualità.

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