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Intervista al ministro Mogherini in occasione della visita in Macedonia (Dvevnik)

Traduzione di cortesia


Nel Programma della Presidenza Italiana dell’Unione Europea sono indicati come priorità la crescita, o meglio “il rinascimento industriale”, l’occupazione, una politica migratoria comune e un nuovo impulso alla politica estera dell’Unione. Come realizzare questi obiettivi in condizioni di crisi?


La Presidenza italiana della UE si propone di fare di questa fase di transizione, con il nuovo parlamento e la nuova Commissione, l’occasione per ridefinire il futuro dell’Europa aprendo nuove e positive prospettive. A tal fine è prima di tutto indispensabile garantire la crescita economica e l’occupazione senza le quali l’Europa e i cittadini europei non avrebbero futuro. Nell’attuale contesto riteniamo che ciò possa essere fatto applicando le regole comunitarie già esistenti con realismo e flessibilità, usando tutti gli strumenti possibili per gli investimenti e la crescita. Allo stesso tempo l’UE deve puntare a rilanciare la politica estera sia per garantire un generale quadro di stabilità e pace, sia per rinsaldare partenariati strategici e accordi per favorire la crescita degli scambi e degli investimenti.


E’ un dato di fatto che l’interesse in materia di immigrazione non è lo stesso per tutti. In che misura esiste solidarietà tra gli Stati membri in tale campo, considerando che l’Italia, la Bulgaria e la Grecia si trovano ad affrontare ogni giorno questo problema, a differenza dei paesi al nord dell’Unione?


Si tratta di un problema estremamente serio e complesso che richiede attenzione alle esigenze di tutela di popolazioni in fuga e ai problemi di un crescente numero di persone alla ricerca di un futuro dignitoso. Questi sono diritti che toccano lo spirito e i principi ispiratori dell’Unione Europea, che devono orientare tutte le nostre scelte. D’altra parte proprio perché si tratta dei principi profondi e ispiratori dell’Unione la situazione deve essere affrontata insieme e in un approccio di responsabilità condivisa. Il Mediterraneo non è solo un mare italiano, greco o spagnolo, ma europeo, e la gestione di questa comune e difficile frontiera è naturale che debba essere di tutta l’Europa, insieme.


Tra le priorità dell’Italia c’è la crescita industriale, ma per raggiungere questo obiettivo è necessario superare le differenze tra il nord ed il sud dell’Unione. Esiste una strategia ed un piano in questo senso?


Superare il divario tra nord e sud è un obiettivo di lungo periodo nell’interesse di tutti. Una crescita stabile ed equilibrata costituisce la migliore garanzia che si possa esser capaci di assorbire crisi e squilibri momentanei che tocchino alcuni paesi. Essendo un processo di lungo periodo non possiamo aspettarci risultati immediati tanto più in momenti di crisi e difficoltà economica. In questi momenti l’obiettivo sembra allontanarsi. Invece deve essere tenuto sempre presente e può essere raggiunto solo inserendolo come obiettivo trasversale in tutte le politiche, dalla competitività alla completa creazione di un mercato unico, da una politica industriale integrata a una migliore armonizzazione delle leggi e regolamenti.


Alcuni degli Ambasciatori italiani nella regione hanno dichiarato che i Balcani saranno una delle priorità dell’Italia. C’è uno stato d’animo positivo in questo senso all’interno dell’Unione e quanto può fare l’Italia in qualità di Presidente di turno?


Più che di allargamento, che sembra un processo che parte da Bruxelles verso il resto d’Europa, mi piace parlare di integrazione. La Presidenza italiana ha posto l’integrazione tra le sue priorità e l’ha inserita nel programma dei diciotto mesi delle “tre presidenze” per cui ritiene importante dedicare attenzione ai Balcani occidentali. Ne è prova concreta la visita che ho programmato proprio agli inizi della presidenza nella regione e a Skopje. Al momento in ambito europeo il dibattito sull’integrazione è aperto. In un contesto economico difficile quale è quello in cui ci troviamo ancora, molti ritengono debba essere data la precedenza allo sviluppo interno della UE. Noi riteniamo che questi processi possano e debbano andare avanti di pari passo nell’interesse stesso della sicurezza, della stabilità e della prosperità della UE. L’Italia si impegnerà quindi durante il semestre a sostenere queste posizioni, nel rispetto delle regole esistenti, nei confronti di tutti i paesi candidati.


Cosa “di concreto” può essere raggiunto nel processo di adesione di questi paesi all’UE?


Il risultato concreto che potrà essere raggiunto dipenderà in ultima analisi soprattutto dai paesi candidati. Da parte nostra ci impegniamo a garantire una valutazione aperta e senza preclusioni di tutti i paesi ma il ritmo di avanzamento dipenderà dai meriti e successi che ognuno otterrà in relazione agli obiettivi che deve conseguire e che sono naturalmente diversi da paese a paese. I paesi candidati sono i protagonisti di questo processo, da parte nostra non mancheremo naturalmente di fornire ogni possibile sostegno a fronte di segnali e impegni chiari. Al termine del semestre, nel Consiglio Affari Generali di dicembre, è poi prevista una valutazione generale dello stadio di avanzamento nel processo di adesione. Personalmente, sono convinta che in questi sei mesi possano esserci dei passi concreti che possiamo fare, insieme.


Nel caso del nostro paese, l’impressione è che non solo la Macedonia ma anche l’UE sia ostaggio della politica di uno dei suoi membri, la Grecia. E’ vero che l’Unione non può fare nulla sul progresso della Macedonia, oppure il consenso è soltanto una scusa?


L’adesione di un paese candidato è un processo complesso che si è andato strutturando sulla base dell’esperienza acquisita. Tale esperienza mostra che l’ingresso di nuovi Stati rappresenta un valore positivo. D’altra parte l’Unione Europea, che è sorta con l’obiettivo primario di garantire un’area di pace e stabilità, non può assorbire Stati che non abbiano normalizzato i rapporti con i loro vicini. La regola del consenso, che per tali questioni è peraltro prerogativa degli Stati, rappresenta di fatto anche l’espressione dell’idea che debba esserci una comune valutazione sul completamento del processo che lo stato candidato è chiamato a svolgere. Per questo è importante che venga trovata un’intesa con la Grecia sulle questioni in sospeso.


L’Italia ha avuto finora 11 presidenze dell’UE ed è uno dei membri più esperti dell’Unione. Quali sono stati in passato i vostri risultati?


L’esperienza ci rende consapevoli dell’impegno e delle difficoltà che gestire una presidenza comporta, ma anche coscienti dei risultati concreti che possiamo raggiungere. Non voglio rivendicare meriti particolari perché nelle 10 precedenti presidenze molto è stato fatto. Voglio solo ricordare che proprio in occasione della nostra ultima presidenza della UE, nel 2003, sono stati raggiunti tangibili risultati a favore dell’allargamento verso i Balcani e che per Skopje tale periodo ha rappresentato un momento di svolta nel processo di avvicinamento rappresentato dall’Accordo di Associazione.


Quale è la posizione dell’Italia sul Corridoio 8 e in che misura la Macedonia può aspettarsi aiuti dai fondi dell’UE per la realizzazione di questo progetto?


Il Corridoio 8 rappresenta per l’Italia un asse strategico di collegamento in quanto è l’unico collegamento Est-Ovest nel sud-Europa, dal Mar Nero all’Adriatico. In quanto è un progetto multimodale che prevede non solo strade e ferrovie ma anche oleodotti e gasodotti, il Corridoio 8 è un elemento fondamentale per lo sviluppo. Sul suo percorso si costruiscono interessi comuni, economici, di integrazione e di stabilità in cui l’Italia è direttamente coinvolta. In tal senso abbiamo operato attivamente al fine di assicurare che una quota significativa dei fondi IPA venisse dedicata alle infrastrutture e trasporti nel periodo 2014-2020. Non mancheremo di vigilare sull’impegno della UE per il completamento del Corridoio che è di interesse strategico anche di altri paesi membri quali la Bulgaria e la Romania.