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Intervista al ministro Mogherini in occasione della visita in Bosnia Erzegovina (Olsobodjenje)

Traduzione di cortesia


Ministro Mogherini, Sarajevo e’ la prima capitale dei paesi dei Balcani occidentali che visita dopo aver assunto, il 1° luglio, la Presidenza dell’Unione Europea. La Bosnia Erzegovina dovrebbe perciò essere una delle priorità per l’UE. Quale sarà l’approccio dell’Unione Europea verso la BiH durante il semestre di Presidenza italiana?


Quella di aprire il Semestre di Presidenza italiana con una visita nei Balcani e’ una scelta precisa che testimonia la forte attenzione dell’Italia verso il processo di integrazione europea della regione. L’allargamento ai Balcani occidentali e’ un investimento in termini di sviluppo, democrazia, sicurezza non solo per la Regione, ma per tutta l’Europa. Comincio da Sarajevo perché e’ da qui che attendiamo con urgenza segnali di progresso. Il sostegno europeo dunque non e’ in discussione, ma la leadership bosniaca deve confermare la volontà politica di proseguire speditamente su questo percorso.


Si possono aspettare, entro la fine dell’anno, dei passi più importanti verso l’allargamento dell’Unione Europea sui Balcani occidentali?


I Balcani geograficamente sono in Europa e il loro contributo allo sviluppo e alla stabilità del continente e’ cruciale. Occorre adesso fare passi avanti dal punto di vista politico. Nel corso del Semestre lavoreremo molto con i Paesi candidati e potenziali candidati. Montenegro, Serbia, Albania stanno già compiendo importanti passi avanti verso l’Europa. La Bosnia deve colmare il ritardo accumulato. E’ un compito non facile, ma che non si può rimandare ancora. L’adozione della Strategia per la Macroregione Adriatico Ionica in sede di Consiglio Europeo – altro obiettivo della Presidenza italiana – va in questa direzione e offre ai Paesi dell’area, che siano membri dell’UE o non lo siano ancora (inclusa la Bosnia), la possibilità di collaborare a programmi di sviluppo congiunti su fondi europei.


I paesi dell’Unione Europea, a metà aprile, durante la seduta del Comitato per la politica estera, hanno concordato di mettere in primo piano in la Bosnia Erzegovina le questioni economiche e sociali, seppure senza accantonare la riforma costituzionale. Quando verranno adottate misure concrete nel quadro della nuova strategia?


Il “Compact for Prosperity and Jobs” lanciato dall’UE il 27 maggio scorso e di cui presentiamo stamane i dettagli e’ un insieme di raccomandazioni formulate da autorità bosniache, operatori economici e società civile con l’assistenza delle istituzioni internazionali. Si tratta di un pacchetto di riforme strutturali destinate a rimettere in moto l’economia, un modo per contribuire a rispondere al disagio dei cittadini manifestato nelle piazze lo scorso febbraio. Le stesse riforme avvicinerebbero la Bosnia a molti degli standard europei. Ora spetta alla leadership bosniaca fare la propria parte. Sulla base del mandato elettorale che sarà conferito dalle elezioni del prossimo ottobre, ci attendiamo che il nuovo Esecutivo traduca queste linee guida in un programma di governo e che lo attui.


Purtroppo, il nostro paese si è bloccato sulla strada delle riforme: Lei si aspetta che i Suoi ospiti siano pronti ad intraprendere qualsiasi passo per sbloccare subito i processi, anche perché questo è l’anno delle elezioni in BiH?


Il sistema economico bosniaco non e’ in grado di assicurare un impiego – ovvero la prospettiva di una vita dignitosa – al 60% dei suoi giovani. In una economia in condizioni di ordinaria salute, a un incremento del PIL del 2% corrisponde una crescita dell’occupazione dell’1%; in Bosnia occorre un aumento del PIL del 6% per ottenere lo stesso risultato. Anziché crescere, le stime del PIL riviste dopo le alluvioni prevedono una contrazione dello 0.7%. E la Bosnia e’ 131esima nelle classifiche mondiali per clima di investimento. Il problema della crescita non e’ solo di questo Paese. L’Europa affronta la stessa sfida e, come la Bosnia, attraversa un anno di profondo rinnovamento istituzionale. Su questi temi, le ultime elezioni europee hanno lanciato un messaggio molto chiaro alle istituzioni di Bruxelles: i cittadini chiedono cambiamenti radicali, vogliono un’Europa che agisca per il loro benessere. Con le elezioni generali di ottobre la leadership bosniaca deve aspettarsi richieste dello stesso tenore e prepararsi a offrire risposte adeguate.


E’ chiaro che le alluvioni hanno ulteriormente aggravato una situazione economica già difficile nell’economia della BiH e che la BiH non ha tempo per aspettare, ma sembra che anche la Comunità internazionale, quindi l’Unione Europea, da anni ha degli standard diversi nei confronti dei problemi in BiH nei quali è indubbiamente coinvolta e oserei dire anche corresponsabile. Quanto è veramente pronta l’Europa ad accettare anche i propri errori nel rapporto verso la BiH e, se posso dire così, lavarsi la coscienza anche attraverso un processo più dinamico dei rapporti nei confronti del nostro paese?


L’Unione Europea, e’ attenta e sensibile alla situazione bosniaca. La tempestività con cui abbiamo risposto all’emergenza delle alluvioni ne e’ un chiaro esempio. La Conferenza dei donatori di Bruxelles del 16 luglio ha confermato che il sostegno internazionale non e’ in discussione, né lo e’ l’assistenza al processo di integrazione europea. Tuttavia, gli aiuti non basteranno a innescare la leva dello sviluppo. Il cambiamento deve venire anche e soprattutto dall’interno. E’ una realtà di cui, di fronte alla crisi economica e finanziaria di questi anni, gli stessi Paesi membri dell’UE hanno dovuto prendere atto, l’Italia per prima. All’indomani della sua investitura, il Governo Renzi si e’ dato mille giorni per cambiare il volto del Paese con un’agenda di riforme strutturali anche difficili, ma indispensabili. Purtroppo non esistono scorciatoie, mentre e’ altrettanto vero che dalla crisi possono nascere nuove opportunità di crescita. Il mio augurio e’ che la Bosnia sappia sfruttarle al meglio. L’Italia e’ pronta a valorizzare a Bruxelles qualunque segnale in tal senso durante la sua Presidenza.


L’Italia è il terzo paese partner commerciale della Bosnia Erzegovina con uno scambio del valore pari al dieci per cento del PIL del Paese. Parlerà, durante la visita in Bosnia Erzegovina, con le nostre autorità della creazione di un ambiente più favorevole per aumentare la collaborazione economica tra l’Italia e la BiH?


Lei ha toccato un punto fondamentale. I rapporti economici bilaterali sono solidi e in crescita: nel primo semestre del 2014 siamo diventati i secondi partner per volume di interscambio e proprio in questi mesi alcune aziende italiane hanno raddoppiato il loro volume d’affari, con investimenti a volte superiori ai 35 milioni di euro. Gli imprenditori italiani guardano alla Bosnia come uno sbocco naturale e sono pronti ad ampliare le loro attività. Ma è necessario creare condizioni favorevoli all’investimento e all’impiego. Porterò perciò ai colleghi bosniaci questo messaggio: occorre più trasparenza, certezza del diritto ed un allineamento agli standard internazionali ed europei.


L’Unione Europea ha dato un importante aiuto al nostro paese durante le catastrofiche alluvioni del mese di maggio. Il 16 luglio a Bruxelles si è svolta la Conferenza dei donatori per la Bosnia Erzegovina e la Serbia organizzata dalla Commissione Europea, Francia e Slovenia. Qual è il contributo dell’Italia?


Il Governo italiano si e’ immediatamente mobilitato per portare assistenza alle popolazioni alluvionate. Nei giorni dell’emergenza, abbiamo messo a disposizione 300.000 mila euro in risorse, uomini e mezzi. In Bosnia siamo intervenuti tramite la Croce Rossa Internazionale e l’Organizzazione Mondiale della Sanità e con i volontari della Protezione Civile italiana che hanno portato soccorso ai cittadini di Bijelijna, tra i più colpiti, per rendere di nuovo praticabili le strade e mettere al sicuro le loro case. Alla Conferenza dei donatori di Bruxelles abbiamo stabilito un impegno di 2 milioni di euro. Dopo le frane, poi raddoppieremo il nostro intervento per lo sminamento con uno stanziamento di 280mila euro. Ricordo infine tutte le offerte di aiuto provenienti da enti locali, associazioni, ONG e da singoli cittadini italiani che, ancora una volta, hanno dato prova agli amici bosniaci della loro amicizia e solidarietà.