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Gentiloni: «Dialogo con Putin ma l’Italia non si smarca dai suoi alleati occidentali» (Corriere della Sera)

Io credo che la Russia vada rassicurata su un punto e cioè che l’ingresso dell’Ucraina nella Nato non è una prospettiva realistica. Ma che la Nato difenda i propri confini fa parte della sua natura. Dobbiamo prendere atto della dichiarazione del presidente Putin di non avere intenzioni aggressive. D’altra parte è singolare attribuirle alla Nato, semplicemente perché consolida i dispositivi dell’alleanza, che è per definizione difensiva. La ferita aperta dalla crisi ucraina va rimarginata, applicando gli accordi di Minsk, nell’interesse strategico dell’Europa e a mio avviso anche della Russia». Paolo Gentiloni ragiona sull’intervista di Vladimir Putin al Corriere. Il ministro degli Esteri ieri era al Cairo, per un vertice con Egitto e Algeria.

Putin dice chiaramente che la Russia considera quello con l’Italia un rapporto privilegiato. E così anche per noi?

«L’Italia ne è consapevole e soddisfatta. Il rapporto privilegiato viene dalla constatazione che l’Italia fa la sua parte al fianco degli alleati europei e americani con coerenza e fermezza, ma al tempo stesso non vuole chiudere il dialogo con Mosca. È una linea politica che ha una storia. È dagli Anni Sessanta che l’Italia accoppia fedeltà e lealtà con i suoi alleati a un rapporto speciale, intenso anche sul piano economico, con la Russia. Queste due cose insieme giustificano l’idea delle relazioni privilegiate. La cosa più interessante è che né loro, né noi lo intendiamo come rapporto che rompe con le nostre alleanze tradizionali».

Lei ha accennato alla sua dimensione economica: è stata frenata dall’embargo?

«Nei settori non colpiti dalle sanzioni non ci sono ostacoli nella collaborazione economica con la Russia. Anzi la caduta dei corsi del petrolio spinge verso una diversificazione dell’economia russa e ciò offre nuove opportunità per le nostre imprese. Sicuramente c’è stato un calo dell’interscambio, ma la Russia resta un mercato di grandi potenzialità».

Come si declina il rapporto privilegiato nella vicenda ucraina?

«I russi sanno bene che l’Italia non scarta rispetto alle decisioni della Ue o a quelle prese di comune accordo con gli Usa. Piuttosto è una voce influente che oltre a tenere il punto sull’Ucraina, insiste nel tenere aperto un canale di dialogo con Mosca. Non credo che alla Russia interessi tanto che l’Italia rompa con i suoi alleati, anche perché sa che non accadrà».

Putin però insinua che gli americani non amino troppo un eccessivo riavvicinamento tra Europa e Russia.

«Dal punto di vista dell’attualità, non mi pare così. Credo che la missione di John Kerry a Sochi, se non significa affatto il ritorno al “business as usual” , segnala che anche l’Amministrazione è convinta della necessità del dialogo. Di cosa hanno parlato se non di cooperazione in diversi dossier internazionali, oltre naturalmente che delle divergenze forti che restano, lo dimostra l’intervista, sull’Ucraina? L’attualità ci dice che anche l’America associa fermezza e dialogo. Dal punto di vista strategico, penso che l’Europa nel suo complesso debba porsi il problema di recuperare un rapporto di collaborazione distesa con Mosca».

Sull’Ucraina Putin punta tutto su Minsk 2, come base di ogni soluzione pacifica. Ma accusa europei e americani di non premere abbastanza sul governo di Kiev, per far rispettare gli obblighi derivanti dall’accordo.

«Non condivido la ricostruzione che il presidente Putin fa della vicenda ucraina, come di  un mix tra accerchiamento, complotto e golpe. Qualcosa sicuramente non ha funzionato nel rapporto con la Russia, quando si era alle soglie del Patto di Associazione tra Ue e Ucraina. Ma la crisi dipende completamente dalla reazione di Mosca, sia con l’annessione di fatto della Crimea, sia con il sostegno ai separatisti del Donbass. Questo riguardo al passato. Quanto al futuro, tutto dipende da Minsk. Purtroppo la tregua rimane fragile. E il freno di Mosca ai separatisti va dimostrato nei fatti. Molto resta ancora da fare su cessate il fuoco, ritiro delle armi pesanti, separazione delle parti, scambio dei prigionieri. Tuttavia so bene che la leadership ucraina è attesa a un compito difficilissimo: difendere contemporaneamente l’integrità del proprio territorio, fare le riforme economiche e costituzionali. La Russia deve sapere che l’Ue spinge perché ciò sia fatto».

Lei è in visita al Cairo, dove parla di crisi regionali in generale e di Libia in particolare. Quanto è importante il contributo russo alla soluzione delle varie crisi?

«Non c’è dubbio che su molti dossier, come nucleare iraniano, Siria, Libia, ambiente, disarmo, abbiamo bisogno di confrontarci con la Russia».

Oggi si conclude il G7 di Garmisch. Possiamo pensare che un giorno ridiventi G8 e la Russia ne torni a far parte?

«Oggi è inimmaginabile. Finché non si risolverà la crisi ucraina è difficile ricostruire. Ma in futuro può ridiventare possibile».