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Alfano: «Governo senza scadenza. Subito il nuovo Italicum» (Il Messsaggero)

Il nuovo governo non ha scadenza. E’ questa l’opinione di Angelino Alfano. Il neo ministro degli Esteri e leader del Nuovo centrodestra sostiene che nella maggioranza non c’è il tema del voto anticipato e che Matteo Renzi non ha alcuna intenzione di accorciare la vita del governo di Paolo Gentiloni. Per quanto riguarda la questione della legge elettorale, il ministro è convinto che si debba fare prima della decisione della Corte Costituzionale sull’Italicum, prevista per il 24 gennaio, e suggerisce un Italicum corretto: «Via il ballottaggio e introduzione del premio per le coalizioni». Alfano respinge l’accusa degli avversari che parlano di «governo fotocopia» e non chiude all’ingresso di Ala nell’esecutivo e nella maggioranza: «Per noi nessun problema». E sulla scalata di Vivendi a Mediaset ritiene che «il governo non può essere un semplice spettatore» di fronte all’offensiva francese.

Ministro, il nuovo esecutivo arriva a fine legislatura o si va a votare prima dell’estate?

«Questo governo è senza scadenza, non è uno yogurt, e non si può discutere per tutta la durata del governo di quanto durerà lo stesso governo».

Ma il tema dilania il principale azionista della maggioranza, e cioè il Partito democratico. Lei pensa che Renzi voglia portare il Paese a elezioni anticipate?

«Renzi è un leader politico che tiene conto delle esigenze del Paese e dunque non credo proprio che parta dal presupposto di accorciare la vita a questo governo. Penso invece che ragioni su ciò che fa bene al Paese e quindi non pensa al voto anticipato».

Il referendum sul Jobs Act, la Consulta si esprime I’11 gennaio sull’ammissibilità. E’ una mina sulla strada dell’esecutivo?

«Riguardo all’ammissibilità del quesito referendario facciamo parlare prima la Corte Costituzionale. Noi siamo dalla parte di chi quella riforma l’ha sostenuta».

 In molti ritengono che l’ammissibilità sia scontata, ma lei come la pensa?

«Non ho titolo per giudicare preventivamente quello che nel nostro ordinamento è un giudizio preliminare e dunque siamo rispettosamente in attesa della decisione della Corte. Dopo ciascuno farà le proprie valutazioni. Noi comunque riteniamo che la riforma del mercato del lavoro sia stata un grande passo avanti, e per di più non definitivo, che ha consentito fin qui risultati positivi destinati a durare. Occorre continuare su questa strada e portare a compimento quelle ulteriori innovazioni contenute nella riforma. Innovazioni che furono impedite dall’opposizione di un pezzo della sinistra».

C’è un precedente: nel 1987 si votò per le politiche, anticipate, il 14 giugno. E a novembre dello stesso anno gli italiani andarono alle urne per i referendum sul nucleare e sulla responsabilità civile dei magistrati. Fu approvata una norma che lo permise. E’ possibile intervenire in questo senso?

«Mi pare tutto così prematuro che ogni elemento in questa direzione è un modo per scatenare polemiche preventive sulla durata del governo e del la legislatura. Io non voglio cadere in questa tentazione».

II governo GentiIoni è stato definito «fotocopia». Le critiche principali riguardano la mancanza di discontinuità rispetto all’esecutivo Renzi, nonostante la sconfitta del 4 dicembre. Non avete preso atto della bocciatura degli elettori?

«In realtà, dopo il referendum, tutti ci hanno detto “fate un governo per approvare la legge elettorale”. E poi, detto senza mezzi termini, se non è discontinuità il cambio del premier cosa è discontinuità? Voglio rispondere con le parole del presidente Gentiloni che ieri (mercoledì, ndr), nell’aula del Senato, ha detto “Se stasera siamo qui..”. E’ il titolo di una nota canzone di Luigi Tenco che spiega tutto: se eravamo nelle aule parlamentari a prendere la fiducia su un altro presidente del Consiglio, vuol dire che l’esito elettorale del 4 dicembre si è visto eccome. Altra cosa è, invece, una continuità programmatica che mi pare debba essere assicurata, essendosi votato su una modifica della Costituzione e non sull’intera esperienza e sulle politiche di questo triennio».

Renzi allora ha sbagliato a caricare così tanto l’appuntamento referendario legandolo al suo destino personale?

«Renzi è stato veramente di parola nel dare le dimissioni. Io gliele avevo sconsigliate per tutta la campagna referendaria, ben prima di conoscere il risultato e la sua ampiezza. Tutto quello che abbiamo fatto valeva molto più del bicameralismo paritario o del Cnel».

C’è un caso Boschi? Alcuni vi accusano di portare acqua, con il «governo fotocopia», al mulino dei movimenti populisti e antieuropei?

«Maria Elena Boschi ha fatto il ministro delle Riforme e dei Rapporti con il Parlamento. E’ diventata una profonda conoscitrice della macchina del funzionamento del governo. E lo ha fatto non dal solarium di una nave, ma proprio dalla sala macchine. Farà benissimo ciò che è stata chiamata a fare adesso. A volte colgo un accanimento che mi fa pensare ancora una volta che Renzi avrebbe fatto bene a non dimettersi perché in ogni caso gli avversari, proprio accusando la Boschi o Luca Lotti, non gli riconoscono neanche la limpidezza del gesto di fronte a una maggioranza parlamentare che gli chiedeva di rimanere».

L’aggressione a Osvaldo Napoli ex deputato FI, da parte dei cosiddetti “Forconi”, è un episodio preoccupante. La classe dirigente sta dando una risposta adeguata all’onda populista?

«All’antipolitica si risponde solo con la buona politica. L’unica strada è fare andar meglio le cose nel nostro Paese».

Ci sarà una nuova legge elettorale? E in che tempi? Si riparla di Mattarellum ma anche di ritorno al proporzionale.

«Io propongo di fare la legge elettorale prima della sentenza della Corte Costituzionale e di cominciare a lavorare subito su un sistema che, per quanto ci riguarda, può essere questo: eliminazione del ballottaggio e introduzione del premio per le coalizioni nell’Italicum. Per il Senato c’è già il Consultellum, ma si potrebbe adeguare lltalicum riformato della Camera anche per Palazzo Madama».

I numeri della maggioranza a Palazzo Madama non sono così rassicuranti. Ci sarà il soccorso di qualche senatore?

«Il Senato consegnò la fiducia al governo Renzi, nel febbraio 2014, con 169 voti. La fiducia al governo Gentiloni è stata uguale: 169 voti. Sui numeri non si può discettare e sono numeri che descrivono una maggioranza solida».

Ala è fuori definitivamente o ci sono le condizioni per recuperare i verdiniani? Ci sono parecchi posti ancora da assegnare, al governo e in Parlamento.

«Noi non abbiamo posto nessun veto all’ingresso di Ala. Sarà il presidente del Consiglio a fare le sue valutazioni. Per noi non c’è nessun problema».

Berlusconi sta difendendo Mediaset dalla scalata di Vivendi. Per il governo «una scalata ostile inappropriata», come ha detto il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. Cosa farete?

«Il nostro giudizio politico è severo e chiaro ed è quello espresso dal ministro. Tutto questo sta a significare che il governo non può essere semplice spettatore. Ci sono le regole del mercato che stanno dentro agli ordinamenti giuridici e quindi bisognerà vedere se queste iniziative sono conformi all’ordinamento giuridico italiano».

Quali iniziative? Si tratta soltanto di una moral suasion sui francesi oppure pensate a un intervento concreto?

«Queste non sono competenze che riguardano il mio ministero e quindi se ne occupa il ministro Calenda».

Il futuro del centrodestra: vi alleerete con Forza Italia?

«Ribadiamo che per noi l’alleanza dei moderati, dei popolari, dei liberali non può farsi con i lepenisti».

Quindi sì all’alleanza con Berlusconi solo se Lega e Fratelli d’Italia non saranno della partita.

«Sì, per noi lo schema è quello francese: dimostra che si può creare un’area moderata che punta a vincere e a governare, lasciando alla propria destra i populisti».