Signor ministro, tra poco incontrerà di nuovo Sergey Lavrov, sarà il vostro secondo incontro dopo la ministeriale Esteri del G20 a Bonn. Quali saranno i temi del suo incontro con il collega russo e quali dossier internazionali ha intenzione di discutere?
Il mio incontro con Sergey Lavrov sarà una preziosa opportunità per confrontarci sui principali dossier internazionali, per i quali consideriamo la Russia un interlocutore ineludibile. Dedicheremo ampio spazio all’evoluzione del processo negoziale intra-siriano, nonché alla stabilizzazione del quadro politico e di sicurezza libico, che rappresenta per l’Italia un tema di assoluta priorità, anche per la vicinanza geografica e i rischi in tema di sicurezza e migrazioni. Discuteremo della situazione in Ucraina, per la quale continuiamo a spingere per una soluzione politica tempestiva e sostenibile.
La nostra comune appartenenza al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel 2017 ci porterà anche a confrontarci su alcune iniziative che l’Italia intende promuovere in quel contesto, sia per quanto riguarda la tutela del patrimonio culturale come componente della stabilizzazione, sia per la valorizzazione del ruolo delle donne nella prevenzione dei conflitti. Faremo anche il punto sul nostro dialogo bilaterale in tema contrasto alle sfide globali, prima fra tutte l’estremismo violento, nonché sulle opportunità e gli sviluppi del partenariato bilaterale culturale, scientifico e tecnologico, già solido e proficuo.
Dopo la riunificazione della Crimea con la Russia gli USA e l’UE hanno dato il via a una politica di sanzioni contro il nostro Paese. Non ritiene che le sanzioni antirusse debbano essere annullate al più presto possibile, anche perché contraddicono gli interessi dell’Europa stessa?
L’ho più volte detto e non posso che confermare che le sanzioni costituiscono uno strumento e non un fine in sé. Ciò significa che la loro adozione è subordinata a uno scopo, quello di ristabilire una interlocuzione positiva con Mosca di cui non abbiamo condiviso alcune scelte politiche. La loro durata è legata all’attuazione degli Accordi di Minsk. Solamente il costruttivo impegno verso tale obiettivo consentirà di aprire la strada a una revisione del regime sanzionatorio. Indubbiamente, auspichiamo che questo momento possa giungere presto, portando con sé nuove opportunità per le economie e le imprese dei nostri due Paesi.
La crisi ucraina è tuttora lontana dalla sua risoluzione. Purtroppo, il recente sviluppo degli eventi, in particolare l’introduzione da parte di Kiev del blocco dei trasporti al Donbass, complica ulteriormente la situazione. A Roma più di una volta è stato dichiarato che non ci sono alternative agli accordi di Minsk, ma le parti in conflitto si accusano reciprocamente di non rispettare i patti. Che cosa a suo parere potrebbe e dovrebbe fare l’Europa per contribuire alla risoluzione di questa crisi?
La ripresa degli scontri in Donbass dalla fine di gennaio è per noi motivo di grande preoccupazione, poiché lascia intendere che il percorso di stabilizzazione della regione è ancora complesso. Lungi dal costituire un freno, questa situazione deve piuttosto spingerci a sostenere con maggior vigore gli sforzi di mediazione dei formati negoziali esistenti, dal gruppo di Normandia al Gruppo Trilaterale di contatto mediato dall’OSCE. E’ fondamentale tuttavia poter contare sulla volontà politica delle parti di giungere a un compromesso, evitando posizioni massimaliste e provocazioni reciproche che non aiutano il negoziato. In questa fase, il compromesso è non solo possibile, ma necessario. E’ quindi importante che l’UE e la comunità internazionale tutta continuino a sostenere i lavori del Formato Normandia in vista dell’elaborazione di una “road map” definitiva per l’attuazione degli Accordi di Minsk.
Quasi subito dopo la sua nomina al Ministero degli Esteri, lei ha fatto capire che vorrebbe il ritorno al G8. Secondo lei, quando sarà possibile il ritorno della Russia in questo club? Potrebbe il vertice del G7 a maggio a Taormina servire per valutare questo problema?
La rilevanza del dialogo con Mosca su temi di comune interesse è un convincimento condiviso sia in ambito UE che NATO. Crediamo esistano spazi perché tale orientamento maturi anche all’interno del foro dei G7. Come ho già detto, spero che quello di Taormina sia l’ultimo G7 e che il prossimo, dopo Taormina, sia un G8 con la presenza della Russia. Questo scenario rimane però subordinato a un atteggiamento costruttivo e cooperativo di Mosca. Siamo fiduciosi che la Russia torni presto a essere il partner affidabile di cui abbiamo potuto in passato apprezzare il contributo propositivo sulla scena internazionale.
– L’Italia ha salutato con favore l’impegno congiunto di Russia e Turchia sul dossier siriano. In questo contesto, lei ha ricordato anche l’importanza della Conferenza di Astana. Come vede oggi le possibilità di una soluzione politica in Siria e il ruolo della Russia in questo processo?
L’Italia ha manifestato, in tutti i fori multilaterali e nella fitta serie di contatti con i Paesi maggiormente coinvolti nel conflitto siriano, il proprio sostegno alle iniziative tese a promuovere un cessate-il-fuoco e a far ripartire il processo di Ginevra, da cui soltanto può scaturire una soluzione politica inclusiva e credibile.
L’ingresso dell’Italia in Consiglio di Sicurezza ha coinciso con un rinnovato impulso degli sforzi per promuovere una soluzione politica al conflitto siriano che, ormai, ha compiuto sei anni. In questo senso, l’iniziativa russo-turca per un cessate-il-fuoco ha rappresentato un fattore positivo, poiché ha facilitato una sensibile riduzione del livello delle violenze, contribuendo alla ripresa dei colloqui a Ginevra, sotto egida ONU. Oggi il processo di Astana, un esercizio che riteniamo utile, sta attraversando una fase di difficoltà, come testimoniato dall’intensificazione delle violazioni della tregua. Auspichiamo che questa fase possa essere presto superata, e che Astana possa condurre all’azzeramento delle violazioni più gravi, insieme all’adozione di misure di (rilascio dei prigionieri, accesso umanitario) che consentano di far avanzare il processo politico di Ginevra in un clima più propizio al raggiungimento di una soluzione. Da questo angolo visuale, riteniamo che la Russia possa e debba giocare un ruolo di primo piano nel ripristinare la tregua e sbloccare l’accesso umanitario nelle aree assediate dal regime, ponendo fine a un comportamento molto grave dal punto di vista del diritto umanitario internazionale, oltre che etico.
Quanto alle prospettive di una soluzione politica, ribadiamo il nostro sostegno e la nostra fiducia nella mediazione di De Mistura e nei suoi sforzi per tenere le parti siriane impegnate nelle consultazioni a Ginevra, per discutere, attraverso l’intermediazione dell’ONU, tutte le problematiche più importanti riguardanti il futuro della Siria, cercando di evitare chiusure e rigide posizioni di principio. A questo riguardo, ribadiamo che tutti i Paesi dell’International Syria Support Group (ISSG), senza eccezioni, devono essere coerenti con gli impegni assunti nel dicembre 2015. Da quegli impegni è scaturita, come sappiamo, la Risoluzione 2254, una risoluzione assolutamente cruciale, che rappresenta il fondamento e la roadmap per una soluzione politica credibile e sostenibile e tutti i membri dell’ISSG hanno la precisa responsabilità di sostenerne l’attuazione; a questo riguardo, la Russia può essere determinante, vista l’influenza positiva che Mosca è in grado di esercitare nei confronti delle parti siriane e, in particolare, sul regime di Damasco, inducendolo a negoziare in buona fede. Non vi sarà pacificazione della Siria, né vittoria possibile sul terrorismo, senza una credibile transizione politica.
Esiste un altro importantissimo problema nel Medio Oriente per gli interessi italiani, cioè la riconciliazione della Libia. Come valuta le possibilità che potrebbero aprire la collaborazione con la Russia su questo problema, tenendo conto che Mosca ha incoraggiato i contatti tra Tripoli e Tobruk?
Siamo convinti che un’azione coordinata della comunità internazionale possa fare la differenza e, in questo ambito, contiamo sull’atteggiamento costruttivo che Mosca ha costantemente dimostrato a sostegno dell’Accordo Politico libico, in coerenza con la sua posizione di Membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La collaborazione con la Russia sul dossier è già molto intensa, come dimostrato non solo dai frequenti contatti bilaterali, ma anche dalla partecipazione di Mosca a tutti gli incontri di alto livello sul dossier, e mi riferisco alle riunioni di Roma, che hanno preceduto di pochi giorni la firma dell’Accordo Politico e, in seguito, di Vienna e di New York.
In questo contesto, qualsiasi iniziativa che possa incoraggiare i contatti fra le parti e favorire la riconciliazione nazionale nel quadro dell’Accordo Politico non può che essere benvenuta. Non solo la Russia, ma la Comunità Internazionale tutta è impegnata in questa direzione, per favorire maggiore inclusività e un miglior funzionamento delle istituzioni, perché non possiamo permettere che la Libia piombi nuovamente nel caos, tantomeno in considerazione delle ricadute negative in termini di terrorismo e traffico di esseri umani.
L’Italia e la Russia per lunghi anni sono state legate da relazioni definite da entrambe le parti come una partnership strategica. Come vede il futuro prossimo delle nostre relazioni bilaterali? E come valuta la collaborazione tra l’Italia e la Russia nell’arena internazionale?
Le nostre relazioni bilaterali sono da sempre estremamente proficue, sotto il profilo politico ed economico. Nonostante le difficoltà connesse alla situazione ucraina, crediamo fermamente nel dialogo con la Russia e abbiamo lavorato perché maturasse anche nei nostri partner la convinzione che non esiste crisi internazionale o sfida globale in cui sia possibile escludere il confronto con Mosca. L’intensità dei nostri contatti, a tutti i livelli, dimostra che vi sono settori delicati e rilevanti per la nostra sicurezza per i quali entrambi, Italia e Russia, sentiamo la necessità di confrontarci e collaborare. Anche a livello economico, in una congiuntura difficile, sia per il rallentamento complessivo dell’economia globale, sia per le sanzioni internazionali, abbiamo saputo aprire sentieri innovativi di partenariato, esplorando opzioni nuove e in linea con la disciplina internazionale.
Incontrerò a Mosca anche il vice primo ministro Dvorkovich, con cui co-presiedo il Consiglio di Cooperazione Economica, Industriale e Finanziaria. A novembre dello scorso anno, dopo quattro anni di pausa, si è riunita la plenaria, con grande soddisfazione delle istituzioni e degli ambienti economici e imprenditoriali. La riunione è stata un chiaro segnale del nostro impegno lungo un percorso di ripresa stabile e costante del partenariato bilaterale. Con questo spirito propositivo e costruttivo, affronteremo i prossimi mesi.
Alla vigilia del vertice del Unione Europea a Roma il presidente francese François Hollande ha lanciato l’idea di un’UE con velocità differenti per riavviare il processo dell’integrazione europea. L’Italia condivide questa visione? E cosa si deve fare oggi contro il pericolo della disgregazione nato dopo il Brexit?
A Versailles, lo scorso 6 marzo, i leader di Italia, Francia, Germania e Spagna hanno voluto avviare e condividere un percorso di riflessione congiunta sulla visione di Unione Europea nei prossimi dieci anni in vista del Vertice di Roma del 25 marzo.
Uno dei primi e più importanti risultati di questa riflessione è che occorre rimetterci in marcia ora, perché – come ricordato dal presidente del Consiglio Gentiloni, lo scorso 15 marzo, davanti al Parlamento europeo – «un’Europa ferma è un’Europa destinata a tornare indietro».
In questo cammino, se non possiamo andare avanti tutti insieme, la strada da percorrere è quella di un’«integrazione differenziata», fondata sul principio di flessibilità. La visione italiana è quella di lavorare insieme agli altri partner europei per un’Europa a «cerchi concentrici», in grado di fare avanzare un progetto comune con gli Stati che vogliono andare verso un’”Unione sempre più stretta” a partire da settori come la Difesa e il pilastro sociale europeo.
Di fronte al pericolo di disgregazione legato alla Brexit, l’Italia è stata sino a ora tra i principali protagonisti della risposta europea alla crisi istituzionale aperta dal Regno Unito, contribuendo a trasformare un evento di per sé negativo in un’opportunità per migliorare e ripensare l’Unione: un’Unione più rapida nelle decisioni, più attenta alle esigenze dei cittadini e capace di contare di più sulla scena internazionale.
È ciò che abbiamo iniziato a fare con il lancio dell’Agenda di Roma ieri 25 marzo. L’agenda aiuta a restituire capacità di visione al progetto europeo, indicando ai cittadini europei e al resto del mondo l’idea di Europa del futuro: un’Europa sicura, un’Europa della prosperità, un’Europa sociale, un’Europa più forte sulla scena globale, muovendo dalla consapevolezza che “Roma 2017” rappresenta un punto di partenza e non già di per sé un traguardo. Questa volta abbiamo però un elemento in più rispetto al passato: ripartendo da Roma abbiamo iniziato a delineare la direzione di marcia da intraprendere nei prossimi dieci anni per preparare e costruire l’Europa di domani.