L’articolo pubblicato il 22 aprile 2017 sulla carriera diplomatica merita le seguenti precisazioni. Il concorso diplomatico è tutt’altro che una «parentopoli». Lo dimostrano i dati (nel 2016, a titolo di esempio, uno solo fra i 33 vincitori vantava una parentela con un ex diplomatico), la trasparenza e la meritocrazia che ne guidano lo svolgimento. Strutturato in 5 prove scritte (storia diplomatica, diritto internazionale, economia, inglese e una seconda lingua a scelta fra tedesco, spagnolo e francese), è per comune giudizio uno dei concorsi pubblici più impegnativi. La prova attitudinale non è affatto «nozionistica» ma è volta ad accertare assieme alla preparazione e alla capacità di ragionamento dei candidati, anche l’attitudine a lavorare sotto pressione e in situazioni di disagio.
L’anonimato della prova attitudinale, i cui quesiti sono predisposti da una società esterna, è assoluto e garantito da un sistema di lettura ottica dei codici a barre, mentre la correzione automatica degli elaborati avviene sempre alla presenza di testimoni (i candidati stessi) e dell’intera Commissione esaminatrice. Quest’ultima, a differenza di quanto affermato, è composta non da 11, ma da 7 membri effettivi di cui solo tre (previsti naturalmente dalla legge) sono diplomatici: il Presidente (sempre scelto fra gli Ambasciatori a riposo, proprio a garanzia dell’imparzialità) e due funzionari di grado non inferiore a Consigliere d’Ambasciata. I restanti 4 membri previsti dal Regolamento (Dpcm 72/2008) sono un Consigliere di Stato (o un avvocato dello Stato o un magistrato della Corte dei Conti) e tre professori di prima fascia di Università pubbliche o private per le materie che formano oggetto delle prove scritte. Le prove scritte, anch’esse garantite da assoluto anonimato, non sono affatto di natura nozionistica. Lo chiariscono bene i criteri di valutazione adottati dalla Commissione esaminatrice in base ai quali va accertata anche la «conoscenza, la pertinenza, la congruenza, la maturità, l’equilibrio, la razionalità, la capacità di esposizione e di argomentazione, di giudizio e di analisi critica» dei candidati.
Contrariamente a quanto affermato nell’articolo, si precisa inoltre che le due colleghe citate Alessandra Oliva e Francesca Guariglia non hanno alcun le game di parentela con gli omonimi funzionari diplomatici già in carriera. Si segnala infine che i funzionari diplomatici attualmente in carriera non sono 1.019, come erroneamente indicato nell’arti colo, bensì 917. Le predette precisazioni non mirano solo a ripristinare il dovuto rispetto della realtà fattuale. Esse hanno anche il fine di tutelare tutto il personale del Ministero degli Esteri che presta servizio con impegno e professionalità, a Roma e in Paesi e contesti geo-politici sovente ad alto rischio. Intendono infine preservare il valore della funzione pubblica della politica estera e della cooperazione internazionale al servizio degli interessi generali del Paese, servizio che oggi più che mai richiede preparazione, professionalità e alto senso dello Stato.