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Alfano: «Dialogare con l’Egitto per stabilizzare la Libia» (Il Messaggero)

Pur con le sfumature dei vari interlocutori egiziani, l’Egitto è un attore imprescindibile per la soluzione della crisi libica. Ho in programma di incontrare il ministro degli Esteri egiziano a metà settembre, nel corso di una riunione ristretta proprio sulla Libia che ha convocato Boris Johnson a Londra, In quella occasione ribadirò l’esigenza di unificare gli sforzi a sostegno delle Nazioni Unite e del loro inviato in Libia, Salamè». Prove di pacificazione nei rapporti tra Roma e il Cairo, con il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, impegnato a fare da battistrada nel tentativo anche di escogitare un percorso comune con Al Sisi sulla Libia.

Ministro Alfano, sarà possibile colmare il vuoto creato dalle incomprensioni sulla barbara uccisione del ricercatore italiano?

«Ferma restando la competenza dell’autorità giudiziaria per le indagini sulla morte di Giulio Regeni, sono convinto che l’invio dell’ambasciatore Cantini e l’intensificazione del dialogo con l’Egitto potranno rafforzare l’azione del governo a sostegno dell’attività investigativa. Ci muove un unico obiettivo: il raggiungimento della verità».

Quali iniziative mette in campo l’Italia per favorire la stabilizzazione della Libia?

«La Libia è un unico Paese e un unico popolo. Noi, per esempio, abbiamo assistito feriti dell’ovest e dell’est del Paese e riattivato il servizio visti prima a Tripoli e poi nell’est. Riconosciamo, come tutta la comunità internazionale, il governo di accordo nazionale presieduto da Serra). Ma siamo stati anche i primi a dire che Haftar, per il seguito che riscuote in Libia, deve avere un ruolo nella soluzione della crisi. È ora indispensabile unificare gli sforzi per sostenere la mediazione dell’Onu e operare una “reductio ad unum” delle iniziative unilaterali. Da un lato noi facilitiamo il dialogo tra e con gli attori libici più influenti, incluse le comunità locali e le tribù; dall’altro, vogliamo mettere la Libia al riparo dalle crisi regionali, come quella che vede contrapposto il Qatar a Egitto e altri Paesi del Golfo. Occorre cercare di coinvolgere in modo costruttivo i partner regionali: alcuni hanno fatto dello scacchiere libico il terreno per espandere la loro influenza e regolare alcune dispute interne al mondo arabo».

Parliamo del vertice di Parigi. Quali risultati ha ottenuto l’Italia?

«A Parigi è stata confermata, a livello di capi di Stato e di Governo, la validità di un formato e di una strategia che l’Italia aveva ideato un mese fa con la prima Conferenza alla Farnesina proprio sui Paesi di Transito. Sia a Roma che a Parigi, Italia, Francia, Spagna e Germania hanno concordato sul fatto che i rifugiati devono essere selezionati e assistiti nei Paesi di Transito e da lì ricollocati in tutta Europa; ai migranti irregolari invece deve essere offerta, sempre negli stessi Paesi, assistenza e la possibilità di essere rimpatriati volontariamente e reinseriti nei loro luoghi di origine».

I flussi migratori stanno diminuendo. È un buon segno?

«Certamente, il lavoro della guardia costiera libica, alla quale forniamo motovedette, formazione e assistenza navale, ha inciso sulla riduzione dei flussi. Inoltre le comunità libiche locali, sia del nord che del sud, hanno compreso che la cooperazione con l’Italia nella lotta ai trafficanti offre loro un modello immediato e concreto di aiuti, sviluppo economico e di servizi alla popolazione. La Farnesina ha molto investito in questi ultimi mesi in progetti di emergenza e cooperazione in Libia. Dopo l’accordo che ho firmato a marzo col ministro degli Esteri nigerino per il rafforzamento dei controlli alla frontiera tra Niger e Libia, anche i flussi attraverso il territorio nigerino sono significativamente diminuiti».

Quanto è ancora pericolosa la presenza di Al Qaeda e Isis in Libia? C’è il rischio d’infiltrazione di terroristi tra i profughi?

«Dopo la sconfitta militare di Isis a Sirte, grazie all’azione delle milizie libiche, la Libia è più sicura. Ma il terrorismo non è stato ancora del tutto debellato nel Paese, anche alla luce del rischio che in Libia ritornino foreign fighters che hanno combattuto in Siria e Iraq. Viviamo in un contesto dove nessun Paese è a rischio zero e nessuno può escludere che un terrorista o un estremista si infiltri tra i profughi, ma anche per questo è importante fare uno screening attento e rigoroso in Libia, come in Niger, dei veri rifugiati».

È inutile girarci intorno: la Francia ha interessi che confliggono con quelli italiani nel Nord Africa…

«Il Vertice di Parigi ha indicato che la Francia di Macron non solo non intende procedere da sola nell’affrontare queste complesse problematiche, ma di fatto ha accolto la linea italiana. Pur in uno strettissimo rapporto tra due Paesi alleati e amici come l’Italia e la Francia, possono nascere divergenze di posizione su questioni di interesse strategico: mi riferisco all’acquisizione dei cantieri STX di Saint Nazaire da parte di Fincantieri. Ma sottolineo l’atteggiamento costruttivo che caratterizza il dialogo tra le parti in causa. Sulle grandi questioni internazionali, esiste uno stretto coordinamento tra Roma e Parigi rispetto ai dossier più gravi, dalla lotta al terrorismo alla situazione in Libia, dove i colleghi francesi condividono con noi l’obiettivo prioritario della stabilizzazione politica del Paese».

Lei che cosa si aspetta dall’Europa? Un grande Piano Marshall per l’Africa?

«È da tempo che si parla di un piano Marshall per l’Africa. Chi può essere contrario a un piano significativo di aiuti europei all’Africa? Ma non è questo il punto. Mentre per anni a Bruxelles si è discusso, la politica europea bruciava con la retorica incendiaria dei populisti che hanno cavalcato la paura dell’immigrato».

Sembra che il presidente Trump solleciti una maggiore presenza di militari italiani in Afghanistan…

«Siamo il secondo contributore alla missione della Nato che assicura formazione e assistenza alle forze afghane; un contributo enormemente apprezzato da tutti i nostri Alleati e dagli Stati Uniti in particolare. Il segretario generale della Nato Stoltenberg ne ha personalmente ringraziato l’Italia giovedì scorso, in un incontro a margine del Meeting di Rimini. Insomma, facciamo già molto, lo facciamo bene e continueremo a farlo».

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