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Alfano: «Sì alla linea italiana Ora non smarriamoci nelle pastoie di Bruxelles» (Corriere della Sera)

«A Parigi si è affermata l’agenda italiana», dice il ministro degli Esteri Angelino Alfano. A partire dal formato del vertice, che ricalcava quello della Conferenza organizzata alla Farnesina il 6 luglio scorso: «In quella occasione, abbiamo messo insieme per la prima volta i ministri di Italia, Spagna, Francia, Germania (più Olanda e Austria) e quelli dei principali Paesi di transito, come Niger, Libia e Ciad, dimostrando che è possibile fare un salto di qualità, fornendo aiuti immediati a questi Paesi per il controllo delle loro frontiere, nel rispetto dei diritti umani e degli standard internazionali, grazie al coinvolgimento delle Agenzie dell’Onu. In più a Parigi è stata ribadita l’esigenza di rafforzare il sostegno alle azioni dell’Italia in Libia: dall’aiuto alla Guardia costiera libica ai finanziamenti all’Unhcr, al progetto europeo realizzato con i 10 milioni della Farnesina per il controllo delle frontiere libiche».

Ma quattro Paesi della Ue, sia pure i più grandi, bastano da soli a dare risposte accettate e applicate da tutti al problema dei migranti?
«I quattro maggiori Paesi europei non bastano certo a risolvere tutte le complesse e strutturali questioni migratorie. Quella definita a Parigi potrà diventare la strategia di tutta l’Europa, a patto che non si impantani nelle pastoie burocratiche di Bruxelles. Ciò che ho cercato di indicare in questi mesi è che solo coinvolgendo Francia, Germania e Spagna è possibile fornire risposte immediate al problema migratorio dell’Unione, affrontando la gestione dei flussi prima che i migranti arrivino in Italia e cioè lungo le rotte dei Paesi di transito. Il vertice di Parigi dimostra che la diplomazia italiana ha fatto bene a insistere in questi mesi in un rapporto intenso con Parigi, Berlino e Madrid».

Sei miliardi della Ue alla Turchia per bloccare (con successo) la rotta balcanica. Finora per la Libia è stata mobilitata appena una frazione di quella cifra. Abbiamo avuto garanzie di impegni finanziari adeguati anche nel dossier libico?
«Ho sempre sostenuto che, chiusa la rotta attraverso la Turchia, l’Europa avrebbe dovuto mettere tutto il suo peso politico e finanziario per chiudere anche quella del Mediterraneo centrale. Per troppo tempo l’Italia è stata lasciata sola in questa azione, come riconoscono ormai anche leader europei quali la cancelliera Merkel e il presidente Juncker. Le conclusioni di Parigi aprono una nuova prospettiva, sottolineando l’esigenza prioritaria di rifinanziare il Trust Fund europeo per l’Africa con il quale si sostengono i progetti contro i trafficanti, per lo sviluppo economico e per l’assistenza dei migranti in Libia, Ciad e Niger».

L’accordo con i sindaci libici è richiamato nel comunicato di Parigi, ma sono solo 14. E poi rimane il problema dell’instabilità strutturale del Paese. Come intendiamo proseguire?
«Noi sosteniamo tutti i libici. Lo facciamo con iniziative articolate: dal sostegno alle comunità locali del Sud, al rilancio dell’imprenditoria locale con il primo Forum italo-libico svoltosi ad Agrigento l’8 luglio, dalla fornitura di servizi essenziali alla popolazione all’invio di kit di emergenza sanitaria. Ma c’è un solo vero modo per superare l’instabilità del Paese: sostenere la mediazione dell’Inviato Speciale delle Nazioni Unite, unificando gli sforzi della comunità internazionale verso un unico obiettivo. Questo è il messaggio che ho trasmesso a tutti i miei interlocutori».

La cancelliera Merkel ammette finalmente che il sistema Dublino non è più sostenibile. Di fatto resta in vigore. Riusciremo a cambiarlo?

«Dublino ha mostrato tutti i suoi limiti perché è stato ideato per un’altra epoca e un altro contesto. L’Italia, in questi anni, ha coniugato solidarietà e sicurezza, dimostrando che non vi è contraddizione tra rigore e umanità. Ma siamo onesti: per quanto ci proviamo, molti governi non vogliono modificare il regolamento di Dublino. È per questo che abbiamo chiesto un cambio di strategia, con la Conferenza di luglio: i rifugiati siano assistiti nei Paesi di transito e da lì ricollocati in tutta Europa. Ai migranti economici sia invece offerto, sempre negli stessi Paesi, il rimpatrio volontario assistito e il reinserimento nei luoghi di origine».

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