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Perrone “L’Iran si sente assediato Difficile far ripartire i negoziati” – Ambasciatore Giuseppe Perrone (La Repubblica)

Alla Conferenza degli ambasciatori organizzata al Ministero degli Esteri uno dei temi più delicati tra quelli affrontati è la tensione Stati Uniti-Iran nel Golfo Persico. Giuseppe Perrone è il rappresentante italiano in Iran. «Il nostro obiettivo è far ridurre la tensione: quello che accade nello stretto di Hormuz è la spia di una situazione più generale in cui ad ogni reazione corrisponde una controreazione. Il rischio è che questa dinamica provochi ulteriore tensione e conflitto».

La catena di incidenti militari nel Golfo fa pensare che l’escalation possa finire fuori controllo. Quale è la strategia applicata dall’Iran?

«La sensazione è che l’Iran si senta sotto assedio da parte degli Usa e delle potenze regionali. La loro dirigenza non ha chiaro quale sia l’obiettivo finale dei loro avversari. Molti, nella parte più conservatrice del sistema politico, ritengono che sia il cambio di regime. Per cui l’ottica è quella di difendere il Paese ma anche il sistema politico».

Teheran non ha interesse a uno scontro totale. Quali i motivi delle loro azioni militari nel Golfo e ad Hormuz?

Non c’è il rischio che azioni e reazioni finiscano fuori controllo? «C’è questo rischio. Che non è nell’interesse di nessuno, e non di Paesi come l’Italia che lavorano a una composizione politica delle differenze. Anche in Iran ci sono sensibilità differenti. La prospettiva militare ha già mobilitato una corrente di nazionalismo, che ha l’effetto di rafforzare l’assetto della Repubblica islamica. Alcuni settori del Paese guardano senza timore a questa fase, il regime non fugge. È stata messa in atto una strategia difensiva a bassa intensità, che vede nel Paese la prevalenza degli elementi nazionalisti: i gruppi radicali stanno rafforzando la loro contrarietà ad accordi con gli Usa».

Come vengono percepiti gli interessi Usa nel Golfo?

«C’è una forte diffidenza verso l’amministrazione americana. Con l’America da decenni l’Iran ha vissuto un rapporto problematico, a iniziare dalla crisi degli ostaggi del 1980. Il popolo non è anti-Usa, credo aspirerebbe a un rapporto normalizzato. Ma c’è il fossato di 40 annidi contrasti politici e militari».

Trump chiede un negoziato che oltre al nucleare affronti il piano missilistico e l’espansione di Teheran nell’area. Come è possibile una trattativa del genere?

«Questo è il nocciolo del problema. Il programma balistico è visto dall’Iran come una assicurazione difensiva: ci si sente sotto assedio e i missili sono visti come una assicurazione. Prospettiva diversa dalla percezione di altre potenze regionali. Su un altro piano, la presenza regionale dell’Iran è parte della loro strategia politica, negoziando sul nucleare hanno inteso mantenere il settore balistico. Far ripartire la trattativa è molto difficile anche per queste profonde diversità».

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