Idlib si sta verificando un nuovo disastro umanitario, uno dei peggiori della crisi siriana che, in quasi un decennio, ha fatto contare innumerevoli disastri simili. Il regime siriano continua nella strategia di riconquista militare del Paese ad ogni costo, indipendentemente dalle conseguenze per i civili siriani. Da dicembre, le operazioni condotte nel nord-ovest sono aumentate di intensità, con il supporto degli aerei russi. Gli incessanti attacchi aerei e il lancio di «barili bomba» hanno costretto quasi un milione di siriani a fuggire in poche settimane. Le strutture di accoglienza sono ormai sature. Centinaia di migliaia di persone – soprattutto donne e bambini – cercano rifugio nei campi improvvisati dove patiscono freddo, faine ed epidemie. In totale, 298 civili sono stati uccisi a ldlib dal 1° gennaio, secondo i dati forniti dall’Unhcr.
È chiarissimo per noi che sono presenti gruppi radicali a Idlib. Non prenderemmo mai alla leggera il terrorismo. Stiamo combattendo il terrorismo con determinazione e siamo in prima linea nella lotta contro Daesh. Ma la lotta al terrorismo non può e non deve giustificare massicce violazioni del diritto internazionale umanitario. Le Nazioni Unite hanno avvertito del rischio di una crisi umanitaria senza precedenti se l’attuale offensiva dovesse continuare. Chiediamo al regime siriano e ai suoi sostenitori di porre fine a questa offensiva e di riprendere il cessate il fuoco stabilito nell’autunno 2018. Chiediamo loro di porre immediatamente fine alle ostilità e di onorare i loro obblighi ai sensi del diritto umanitario internazionale, compresa la protezione degli operatori umanitari e del personale medico, che spesso hanno perso la vita a causa del loro impegno in favore della popolazione civile di Idlib. Chiediamo inoltre alla Russia di proseguire i negoziati con la Turchia al fine di attenuare la terribile situazione a Idlib e contribuire a una soluzione politica. Al di là dell’urgenza di una tregua a Idlib, chiediamo alla Russia di non bloccare, nei prossimi mesi, il rinnovo da parte del Consiglio di Sicurezza del meccanismo che consente il trasporto di aiuti umanitari transfrontalieri di cui c’è disperato bisogno nella Siria nord-occidentale. Un meccanismo che è già stato chiuso nel nord-est, dove ora dobbiamo individuare un passaggio alternativo ad Al Yaroubiyah.
Di fronte alla tragedia in atto anche gli europei si stanno assumendo le proprie responsabilità. Da un punto di vista umanitario l’Unione europea e i suoi Stati membri sono i principali donatori a sostegno della popolazione siriana. Intendiamo sostenere e ampliare ancora questi sforzi collettivi, in risposta alla crisi che si sta svolgendo a Idlib. L’Europa continua ad esercitare pressioni sul regime affinché si impegni realmente nel processo politico.
Il 17 febbraio gli Stati europei hanno adottato nuove sanzioni che colpiscono, su base individuale, gli imprenditori siriani che stanno alimentando gli sforzi bellici del regime, beneficiando dal suo impatto. Intendiamo continuare a sostenere i meccanismi per combattere l’impunità istituiti dalle Nazioni Unite, impegnati a raccogliere le prove che saranno fondamentali nella preparazione di futuri procedimenti contro coloro che si sono resi responsabili dei crimini più gravi: la Commissione d’inchiesta sulla Repubblica araba siriana e il Meccanismo internazionale, imparziale e indipendente. Continueremo anche il nostro lavoro di rinvio dei casi al Tribunale penale internazionale. Manterremo il nostro impegno, anche nel quadro delle nostre giurisdizioni nazionali, per garantire che i crimini commessi in Siria non rimangano impuniti. Tali crimini hanno incluso l’uso di armi chimiche, violando le norme fondamentali del diritto internazionale. Dobbiamo accertare le responsabilità e garantire che chi è responsabile sia chiamato a risponderne. Abbiamo anche bisogno di chiarezza su ciò che è accaduto ai molti detenuti e alle persone scomparse.