Gli sbarchi record a Lampedusa, il flusso ininterrotto di migranti di questi giorni sono solo la punta dell’iceberg: secondo Antonio Tajani, ministro degli Esteri, la situazione può «perfino peggiorare» nei prossimi mesi. E l’Italia «come hanno detto giustamente sia la presidente del Parlamento europeo Metsola che la presidente della Commissione von der Leyen, deve essere aiutata al livello continentale. Non possiamo essere lasciati soli».
Mentre Salvini evoca un «piano» e un «atto di guerra» contro l’Italia, il segretario di FI manda un messaggio a livello ancora più alto, in verità: «O prendiamo il toro per le corna, o non ne usciamo. Non basta nemmeno la sola Europa per affrontare un problema così enorme, che interessa non solo quasi l’intera Africa ma anche l’afflusso dalla rotta balcanica. Per questo abbiamo coinvolto le Nazioni Unite, il G20, abbiamo lavorato a una grande conferenza internazionale che deve essere l’avvio di un vero processo di stabilizzazione del Sahel».
Sapevate però quale situazione vi si trovava davanti: siete stati colti impreparati?
«No, noi facciamo tutto quello che è umanamente possibile: i ministeri della Difesa, dell’Interno, il mio, sono al servizio e al lavoro per affrontare l’emergenza. Ma l’instabilità della regione subsahariana — per la quale servirebbe una grande mobilitazione internazionale — è drammatica: da quei Paesi c’è una spinta verso il nord del continente, in particolare verso la Tunisia, per sbarcare in Italia, e poi una volta qui raggiungere altri Paesi. Ma l’accoglienza dei migranti irregolari pesa tutta sulle nostre spalle. Sono costi enormi».
Ma l’Italia cosa sta facendo per frenare l’esodo?
«Io ho appena fatto convocare al ministero gli ambasciatori di Guinea e Costa d’Avorio, Paesi da cui partono centinaia di migranti irregolari per l’Italia, e ho chiesto che ci sia un criterio più rigido per frenare le partenze, per accettare i rimpatri. Per evitare che queste persone affamate e disperate arrivino in Tunisia e salpino poi verso le nostre coste. E ancora, sono in continuo contatto con i miei omologhi di Algeria e Tunisia, che assicurano collaborazione, ma anche loro da soli non ce la fanno. Il piano Ue per la Tunisia lo affronteremo già a New York: lunedì ci incontreremo noi ministri degli Esteri europei. Discuteremo di come le istituzioni europee devono collaborare unite, insieme, per attuare e implementare immediatamente il piano per la Tunisia».
A peggiorare il quadro ci sono Francia e Germania che hanno chiuso le loro frontiere.
«Loro hanno un problema di immigrazione secondaria, noi di quella primaria, che necessita aiuti immediati e accoglienza. Sono gli stessi migranti che non vogliono restare qui ma andare appunto in Germania, a volte in Francia, o in Finlandia. Noi agiamo in due direzioni: siamo per la linea della fermezza, facciamo di tutto per fermare gli scafisti, sequestriamo le loro imbarcazioni, quando possiamo rimpatriamo i clandestini. E poi stiamo aumentando le quote per accogliere immigrati regolari, che sono altra cosa dagli irregolari. Sull’accoglienza cerchiamo di distribuire i migranti in maniera equa, perché la popolazione possa assorbire l’impatto. Ma ripeto, il problema è a monte. Se non si attua un vero piano per l’Africa non se ne esce».
Vi sentite garantiti in Europa? La Bce ieri ha praticamente bocciato la norma sugli extraprofitti delle banche: voi di FI l’avevate contestata, ma ora che succede?
«Noi abbiamo sempre detto che siamo favorevoli ad un aiuto da parte delle banche in questo momento difficile, il senso della norma è giusto. Avevamo proposto dei correttivi tecnici per non incorrere nel rischio di spaventare i mercati o danneggiare i piccoli istituti di credito, in particolare territoriali, e che si trattasse di una tantum. Apprezzo dunque che la premier Meloni abbia aperto a correttivi».
Mario Draghi è stato incaricato di lavorare in Europa sul tema della competitività: è una buona notizia o no?
«Certamente sì. Noi siamo stati al governo con lui, è stato un eccellente presidente della Bce, è uno degli italiani più autorevoli nel mondo, una risorsa della Repubblica, ed è un bene che sia stato scelto per lavorare sulla competitività, settore per noi molto importante. È l’uomo giusto al posto giusto».
E con il commissario Gentiloni, avete chiarito?
«Non è che fare qualche richiesta o qualche critica debba essere considerata un’offesa. Vogliamo discutere e collaborare, ma se c’è da fare qualche osservazione la facciamo».