ROMA – Antonio Tajani, ministro degli Esteri: sul caso Salis quali risultati avete ottenuto?
«Si sono mossi in tanti, il procuratore capo è andato a trovarla, sicuramente c’è stata una grande attenzione da parte delle autorità ungheresi: ma non dobbiamo dimenticare che sono più di 2.400 gli italiani detenuti nel mondo, noi seguiamo e diamo assistenza a tutti».
Come giudica l’atteggiamento del governo ungherese?
«Anche ieri a Bruxelles ho parlato con il ministro degli Esteri ungherese, abbiamo riscontrato una disposizione ad ascoltarci, stanno facendo tutte le verifiche che abbiamo chiesto sulla tutela della detenuta».
Sembra che la signora Salis, se ottenesse gli arresti domiciliari, potrebbe scontarli in Italia. Un accordo quadro europeo del 2009, su questo, dovrebbe essere automatico.
«Noi siamo stati colpiti dal modo in cui la signora Salis è stata tradotta in tribunale. Seguiremo il caso con il rispetto dovuto alle procedure della giustizia ungherese, ma sosterremo con attenzione e continuità la famiglia e gli avvocati».
Cosa pensa delle parole di Salvini, che ha detto che questa donna non può più fare l’insegnante?
«È una sua valutazione, io sono un garantista e sino a quando non viene condannata per me la Salis è una cittadina imputata, ma ancora innocente come tutti gli altri. Io non prendo posizioni politiche. Anche perché rischierei di danneggiare il detenuto. Quando si negozia il silenzio è d’oro».
Nella missione navale in Mar Rosso abbiamo ottenuto il comando tattico: quanti Paesi parteciperanno?
«Le istituzioni europee stanno costruendo la missione passo dopo passo: noi avremo il comando operativo delle operazioni, quello “in mare”, il comando centrale sarà in Grecia, e parteciperemo inizialmente con il cacciatorpediniere Caio Duilio. Con noi ci saranno Francia, Germania e Grecia. Ma altri Paesi Ue dovrebbero unirsi».
La minaccia degli Houthi è destinata ad affievolirsi?
«Mi auguro che ci sia un effetto deterrente, che sarà più efficace quando la missione europea partirà, e spero che questo possa contribuire a far calare la tensione nella guerra in Israele, in primo luogo se riusciamo ad ottenere un rilascio degli ostaggi e una tregua».
Lei ha incontrato da poco la sua omologa indonesiana, che rappresenta il Paese con più musulmani al mondo. A livello internazionale si moltiplicano le proteste contro Israele, che è entrato in conflitto anche con Washington. Cosa si sente di dire?
«Quello che ho già detto a tutte le autorità israeliane, che bisogna lavorare per l’opzione “due popoli e due Stati”, che è legittima la reazione contro Hamas, ma bisogna evitare di colpire la popolazione palestinese, che non c’entra nulla con Hamas. Per ora non ho trovato grande aperture, almeno da parte del primo ministro, se non per organizzare la ricostruzione di Gaza».
Cosa pensa dello scontro in atto fra il governo e Stellantis? E sulle parole dell’ad? Manca un’adeguata politica industriale sugli incentivi per la auto elettriche?
«Molti incentivi per l’auto elettrica in Italia sono rimasti inutilizzati, se non sbaglio 400 milioni non sono stati usati: serve una diversa politica industriale europea, oggi l’auto elettrica non ha il mercato che ci si aspettava».
Il partito di Orbán potrebbe entrare nei Conservatori della Meloni dopo il voto europeo. L’Ecr potrebbe diventare il terzo gruppo dopo Popolari e Socialisti. Voi Popolari sareste disposti a fare un accordo con loro?
«Bisogna vedere cosa accadrà con le elezioni, i Conservatori fanno entrare chi vogliono, ma Orbán è stato espulso dal Ppe e qualcuno potrebbe storcere il naso. Si vedrà dopo il voto».
Giorgetti sarebbe tentato di lasciare il Mef per fare il commissario europeo.
«Sarebbe un ottimo commissario, come lo sarebbe Fitto. Ma è tutto prematuro. Per il resto bisogna chiedere a lui, ma sarà una decisione che farà collegialmente il governo italiano».
Sul «Corriere» Giavazzi ha messo in luce una delle tante dinamiche disfunzionali dell’economia italiana: cresce l’occupazione, ma i dati non si riflettono sul prodotto interno né sulla produttività.
«Il pessimismo cosmico era di Leopardi, intanto c’è più gente che lavora ed è un dato positivo, e in molti altri Paesi europei non c’è nemmeno la crescita del Pil. In Germania e in Olanda in questo momento c’è la decrescita. Poi tutte le opinioni sono legittime, ma governare un Paese non è semplice».
Ma se il governo cadesse domani quali riforme strutturali avrebbe lasciato per la crescita del Paese?
«La riforma della giustizia è in Parlamento, il ministro Zangrillo sta lavorando ad una riforma della burocrazia incentrata sulla meritocrazia. Stiamo facendo riforme costituzionali importanti: quella sul premierato avrà risvolti importanti per dare stabilità e continuità ai governi del paese. E la stabilità incide sul giudizio e sugli investimenti delle imprese nel nostro Paese. Le riforme hanno bisogno di tempo».