L’attentato di Mosca «era nell’aria», tanto che «noi avevamo avvertito i nostri connazionali sul sito della Farnesina di non recarsi in Russia e comunque, se sul posto, di non partecipare a eventi già l’8 marzo». Antonio Tajani, ministro degli Esteri segue con attenzione da venerdì la nuova crisi esplosa in Russia: «Nessun italiano, dalle nostre informazioni, risulta coinvolto nell’attentato», ma resta molto preoccupato. «Adesso speriamo che Putin non strumentalizzi un drammatico episodio di terrorismo per alzare la tensione: noi tutti ci dobbiamo impegnare per collaborare nella lotta al terrorismo, affinché non si ripetano più episodi simili».
Che idea si è fatto della matrice dell’attentato?
«Ci sono state due rivendicazioni, entrambe da parte dello Stato islamico. La prima venerdì, poco dopo l’attentato, era un po’ più generica. La seconda rivendicazione, sabato mattina, molto più circostanziata, con foto di presunti attentatori a volto coperto».
Le sembrano quindi credibili, nonostante i dubbi dei russi?
«Sappiamo bene che in Caucaso c’è una minoranza islamica molto irrequieta al confine dell’Afghanistan. Come non è un mistero che ci sia il progetto di realizzare anche attraverso il ramo afghano dell’Isis uno stato islamico nella regione caucasica e dell’Asia centrale. Ad ora, tutto fa pensare che gli autori possano essere loro».
Quindi secondo lei dovrebbe rimanere un atto che riguarda solo la Russia?
«Il terrorismo riguarda tutti, è l’ennesimo grande pericolo per la pace. E siamo tutti disposti a collaborare per contrastarlo. Non solo perché si deve fare in modo che non si innalzi ulteriormente la tensione sul fronte orientale russo, ma perché la minaccia può diventare globale. Abbiamo subito espresso la nostra solidarietà alle vittime, siamo tutti dalla stessa parte nel combattere queste azioni terribili».
Ma lei vede un rischio anche per l’Europa, per l’Italia?
«Certamente non possiamo abbassare la guardia neanche noi. La tensione in Medio Oriente, in Mar Rosso, la guerra in Ucraina, hanno portato a un innalzamento dei controlli su tutti gli obiettivi sensibili nel nostro Paese. La presenza delle forze dell’ordine e dei servizi è costante, anche qui pochi giorni fa sono stati arrestati all’Aquila tre presunti terroristi collegati alle brigate Al Aqsa. Non sottovalutiamo nulla».
Avete avuto contatti con il governo russo?
«A livello governativo no, ovviamente abbiamo contatti costanti con la nostra ambasciata e i nostri consolati. Certo non si possono escludere in queste situazioni relazioni tra le intelligence, soprattutto per quanto riguarda il terrorismo internazionale. Mi risulta che gli stessi americani avessero avvertito la Russia di un pericolo imminente di attentati».
Quali misure politiche comuni si possono prendere per affrontare questo nuovo livello di allarme?
«Ne parleremo al G7 a Capri ad aprile, e prima ancora al prossimo vertice Nato dei ministri degli Esteri subito dopo Pasqua. E un tema che riguarda la sicurezza internazionale, sul quale è necessaria la massima collaborazione».
Cosa può fare l’Italia?
«L’Italia ha l’occasione di utilizzare scenari internazionali che la vedono protagonista per favorire un processo di pace che salvaguardi la libertà e i diritti di uno Stato occupato come l’Ucraina e che porti a una fine delle ostilità. E per farlo, infatti, continuiamo a sostenere Kiev senza tentennamenti».
Come valuta il fatto che Putin pensi a un possibile coinvolgimento dell’Ucraina nell’attentato?
«Ripeto, ci auguriamo che Putin non utilizzi la tragedia di Mosca per una nuova escalation. Noi lavoreremo per una de-escalation».
Intanto restano aperti altri fronti: il Medio Oriente, in primo luogo.
«E anche su questo piano stiamo cercando una soluzione — anche come Europa, uniti — perché si arrivi a un cessate-il-fuoco umanitario; noi abbiamo attivato il piano “Food for Gaza” con Fao, Wfp e Croce Rossa e Mezzaluna rossa. E come Paese dopo i primi 20 milioni di aiuti ne aggiungeremo altri 20 perché offrano sostegno a una popolazione stremata. Chiediamo a Israele di ascoltare e accogliere le nostre richieste».
L’Europa non sembra avere una voce così autorevole.
«L’Europa deve lavorare a una forza di difesa unitaria, per aver un ruolo maggiore. Spendiamo come Ue un terzo degli Usa, ma abbiamo molto meno peso e potenza militare di loro, perché non siamo integrati né organizzati come una difesa comune. È un processo non breve, ma necessario. La nomina di un Commissario alla Difesa potrebbe accelerare».
Intanto la maggioranza continua a dividersi sui temi internazionali: Salvini ha dato del «guerrafondaio» a Macron e ha attaccato von der Leyen. Come si fa a dire quale sia la posizione del governo?
«Per quanto ci riguarda, siamo europeisti, lavoriamo per la stabilità, vogliamo più Europa e non vogliamo danneggiarla. Il posizionamento dei nostri partiti nell’Unione però non fa parte del programma di governo e non tocca la coalizione o la stabilità dell’esecutivo, che sulle crisi internazionali ha una linea unica. Noi di FI siamo nel Ppe, e vedrete che i Popolari esprimeranno sia il presidente del Parlamento europeo che quello della Commissione. Non facciamo polemiche, un certo linguaggio non ci appartiene. Crediamo nell’Europa, nella sua politica estera, in una difesa comune, nel popolarismo europeo. Poi, ogni forza politica è libera di fare le sue scelte».