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Tajani: «C’è bisogno di un’Europa più efficiente» (Gazzetta di Parma)

Il ministro degli Esteri e vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani sarà oggi a Parma per una serie di appuntamenti istituzionali: prima sarà all’Efsa per incontrare i vertici dell’Autorità alimentare europea e quelli delle Scuole per l’Europa, poi al Teatro Farnese terrà una lectio magistralis agli allievi del Collegio Europeo, dopodiché terrà una conferenza stampa al Circolo di lettura. 

Tajani è stato co-fondatore di Forza Italia nel 1994, partito di cui è coordinatore nazionale dal 2021 e segretario nazionale dal 2023. Nel 1994 è stato eletto per la prima volta al Parlamento europeo, dal 2002 è vicepresidente del Partito popolare europeo, nel 2008 è stato nominato commissario europeo ai Trasporti, nel 2014 è stato rieletto deputato del Parlamento europeo, di cui ha assunto la carica di vicepresidente e, nel 2017, di presidente.

 

Ministro Tajani, nei giorni scorsi lei ha ribadito al suo collega israeliano Katz che l’Italia vuole il cessate il fuoco. Quante speranze ci sono che le nostre richieste vengano accolte?

«Non è solo l’Italia a chiedere questo, ma paesi amici e alleati di Israele, innanzitutto gli Stati Uniti. Chiediamo un cessate-il-fuoco immediato per assicurare la consegna di aiuti umanitari e per consentire l’immediata liberazione degli ostaggi israeliani. La situazione sul campo richiede azioni urgenti, troppi morti fra i civili palestinesi, troppi feriti e troppa fame. Bisogna riportare la vita a Gaza: questo è lo spirito con cui abbiamo lanciato l’iniziativa “Food for Gaza”, un tavolo di coordinamento a cui partecipano anche FAO, Programma Alimentare Mondiale  (PAM) e Federazione Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa (FICROSS) e che vuole far arrivare aiuti alimentari alla popolazione palestinese. Il Ministro Katz mi ha garantito il suo sostegno definendo Food for Gaza “un modello” per la popolazione civile, dando la disponibilità a contribuire concretamente».

Cosa pensa della nuova proposta degli Stati Uniti per ottenere una tregua e la liberazione degli ostaggi?

«Sin dall’inizio della guerra sosteniamo attivamente i tentativi di mediazione portati avanti con costanza da Egitto, Qatar e Stati Uniti. L’azione statunitense va nella direzione giusta, e cerca di trovare un punto di contatto tra le diverse richieste avanzate dalle parti in conflitto. Sei settimane di tregua consentirebbero di aumentare sensibilmente l’ingresso e la successiva consegna degli aiuti umanitari all’interno della Striscia di Gaza, preparando inoltre il terreno politico per un possibile negoziato volto a porre fine al conflitto. Io stesso ho tenuto a ribadire al Ministro degli Esteri israeliano Katz l’importanza che l’Italia attribuisce a queste condizioni in occasione del nostro incontro del 7 aprile scorso».

Più volte si è detto preoccupato per l’antisemitismo strisciante che monta anche in Italia.

«Chi utilizza in maniera strumentale il conflitto in corso per attaccare Israele e la comunità ebraica alimenta i vergognosi rigurgiti di antisemitismo che stiamo vedendo. Questo è un fenomeno che non va sottovalutato. Abbiamo il dovere di contrastare qualsiasi espressione di odio o discriminazione contro il popolo e la religione ebraica.

Ciò non toglie che il diritto di Israele a difendersi dopo il barbaro attacco del 7 ottobre non può continuare a colpire così massicciamente la popolazione civile. Il numero di civili innocenti rimasti uccisi a Gaza è troppo alto. È quello che ho detto anche al Ministro Katz a Roma».

Cosa pensa delle università italiane che interrompono i rapporti con Israele?

«Credo si tratti di un errore, così come è una vergogna cacciare i giornalisti dagli atenei in quanto ebrei. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con il sostegno al popolo palestinese. Cultura ed istruzione dovrebbero essere un ponte, non un muro, soprattutto ora che viviamo in un periodo di tensione geopolitica senza precedenti».

Da un fronte di guerra all’altro: in Ucraina i raid su Zaporizhzhia hanno fatto scattare di nuovo l’allarme nucleare. Come la vede?

«Dall’inizio dell’aggressione russa all’Ucraina i numerosi incidenti attorno agli impianti di Zaporizhzhia ci ricordano che questa guerra riguarda tutti noi e che essa può avere conseguenze tragiche per tutta l’Europa. Il nostro Governo lavora da tempo per far sì che attorno alla centrale si crei un’area sicura e per questo continueremo a sostenere l’azione dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica. Dobbiamo continuare a lavorare per l’obiettivo di una pace giusta, che non è solo nell’interesse dell’Ucraina ma di tutti noi europei».

Quale strada si può percorrere per ottenere la pace tra Russia e Ucraina? «Continueremo a sostenere l’Ucraina per tutto il tempo necessario, con convinzione e con impegno. Il raggiungimento della pace non significa la resa di Kyiv alla brutale aggressione di Mosca».

Veniamo all’Italia. II Def ha infiammato da subito il clima all’interno del Governo.

«Non direi: discutiamo in maniera costruttiva fra i partiti della maggioranza, ne discute in maniera più strumentale l’opposizione. Il DEF varato alla vigilia di elezioni europee non può non tener conto del fatto che avremo una nuova Commissione più avanti nell’anno, e che quindi dovremo essere preparati ad una possibile opera di aggiustamento».

Più in generale, è soddisfatto dei primi mesi del Governo Meloni? Reggerà cinque anni?

«Di sicuro il governo reggerà, non ho nessun dubbio, e noi abbiamo trovato un modo di lavorare che funziona e ci porterà a completare la legislatura. La condizione della coalizione di centrodestra è quella di chi ha abbracciato da tempo l’idea di Silvio Berlusconi di non formare un’alleanza elettorale, buona solo per arrivare al giorno del voto. Pur mantenendo le nostre differenze, noi abbiamo nel centro-destra una sintonia di fondo sulle scelte politiche decisive che permette agli italiani di capire che il nostro è un progetto politico non un cartello per arrivare al giorno delle elezioni. Abbiamo creato un’alleanza politica».

Stando al voto in Abruzzo e ai sondaggi, Forza Italia è in crescita. Cosa si aspetta dalle Europee?

«L’ho detto spesso in questi giorni: mi aspetto di arrivare al 10% dei voti, perché credo che Forza Italia sia già in grado di essere percepita dagli elettori moderati come un partito responsabile e capace. In Europa poi noi siamo gli “specialisti”, siamo gli unici che conoscono fino in fondo i meccanismi. Se poi gli italiani capiranno che il voto a Forza Italia è il voto utile perché andrà al Partito popolare europeo, la prima formazione nella Ue, allora davvero quel traguardo del 10% sarà raggiunto».

Lei è un europeista convinto dalla prima ora. Ma non tutti i vostri alleati lo sono.

«La mia vita politica è stata costruita sul percorso europeo. Adesso, soprattutto dopo la pandemia e dopo la capacità di reazione che la Ue ha dimostrato, tutti i cittadini capiscono chiaramente che la risposta dei nostri paesi viene rafforzata nell’Unione europea. Ogni singolo paese è più forte nella Ue. I nostri alleati non possono pensare diversamente».

Quanto bisogno di Europa abbiamo?

«Abbiamo bisogno di una Europa più efficace e più efficiente. Più capace di portare risultati e meglio organizzata per servire i suoi cittadini e non per rispettare le liturgie di alcuni sacerdoti di ortodossie burocratiche che con i bisogni degli europei hanno poco a che fare. Quindi più Europa, ma che funzioni meglio. Per esempio fra le riforme strategiche che dovremo adottare ci sono una crescente integrazione della Difesa europea, con la possibilità di nominare un Commissario per la Difesa e quella di iniziare al più presto a spendere insieme per gli armamenti. Penso poi al voto a maggioranza, che dovrà rendere più veloce il processo decisionale delle nostre istituzioni».

Qual è il ruolo del Collegio Europeo di Parma?

«In quanto Paese fondatore dell’Unione, l’Italia crede nella collaborazione tra i partner europei per consolidare un’identità comune e favorire l’integrazione comunitaria. La città di Parma ha storicamente una vocazione europea ed è per questo che il Governo guidato da Silvio Berlusconi vent’anni fa si è battuto in Europa con successo per avere a Parma la sede dell’Agenzia Europea perla Sicurezza Alimentare ed ha avviato qui la prima Scuola Europea accreditata in Italia. In questo contesto, la presenza del Collegio Europeo con la sua attività di formazione post universitaria completa un ecosistema europeo che merita di essere ulteriormente rafforzato per consolidare il ruolo dell’Italia come Paese leader nella formazione dei giovani europei.

Non è un caso se proprio a Parma abbiamo organizzato in questi giorni diversi incontri nel quadro della Presidenza Italiana delle Scuole Europee, incentrati sul futuro della formazione in Europa attraverso una maggiore cooperazione tra sistemi scolastici degli Stati membri dell’UE».

Il titolo della sua lectio magistralis al Teatro Regio di Parma sarà «L’Italia nell’Europa di domani: al lavoro sulle sfide globali della sicurezza e della competitività». Ci anticipa qualche riflessione che farà?

«Lo scenario attuale ha fatto emergere la centralità delle questioni di sicurezza e competitività, tanto a livello nazionale quanto europeo. L’Italia intende affrontare queste sfide attraverso un progressivo allargamento dell’Unione europea e l’istituzione di un fondo di sovranità europeo per finanziare investimenti strategici che permettano all’Unione di competere nei mercati globali».

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