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Tajani: le divergenze sull’Ue non mineranno il governo (Messaggero Veneto)

Ministro Antonio Tajani, da giorni si discute sulle possibili conseguenze per l’Italia del “no” di Giorgia Meloni alla presidente Von Der Leyen. È un caso che al Parlamento europeo Forza Italia non abbia più la presidenza della Commissione affari costituzionali?

«Forza Italia è un partito serio e ha sempre dimostrato coerenza. Abbiamo lanciato un messaggio di stabilità a tutta la politica europea e ora si tratta di lavorare al di là dei ruoli. Continueremo a vigilare affinché tutto il lavoro del Parlamento e della Commissione possa andare nella direzione richiesta dagli elettori. Non c’è alcun nesso tra il “no” della Meloni e l’assegnazione delle presidenze. Noi abbiamo votato von der Leyen anche perché abbiamo visto che molte delle proposte di Forza Italia sono state accolte dal suo programma, dall’agricoltura alla scelta sull’immigrazione, al cambiamento climatico».

E i vostri incarichi nel Parlamento europeo hanno subito una “diminutio” per quel no della premier?

«Al Parlamento europeo l’attribuzione delle presidenze e delle vice-presidenze viene fatta in modo matematico utilizzando il metodo “d’Hondt”, che si basa sul peso numerico in termini di deputati eletti, sia a livello istituzionale che all’interno dei gruppi politici. Forza Italia con 9 deputati eletti è la quinta delegazione (dietro Germania, Spagna, Polonia e Romania) nel Gruppo Ppe, che è il primo gruppo con circa 188 deputati su 720. Abbiamo deciso di puntare sulla vicepresidenza del gruppo Ppe con l’onorevole Salini, perché questa nuova posizione garantisce maggiore influenza in un gruppo che governerà le politiche della prossima legislatura».

Anche lei come Salvini ritiene che l’Italia debba puntare i piedi con Von der Leyen per una vicepresidenza esecutiva?

«A noi interessa avere un portafoglio importante e un vice presidente. Vedremo quali saranno le deleghe che la presidente della Commissione intenderebbe offrire all’Italia e poi si troverà una soluzione. Per noi è importante contare in Europa e far sì che l’Europa possa avvalersi del peso dell’Italia e della qualità dell’Italia. E insisto su una cosa: noi come Italia dobbiamo dare di più all’Europa, in termini di proposte, di collaborazione, di azione politica. Anche solo un cambiamento nel nostro atteggiamento sarà utile all’Europa e a noi stessi».

Il no a Ursula della premier è stato interpretato come una scommessa sulla vittoria di Trump. Ma se vincesse Trump la sua politica isolazionista non farebbe perdere miliardi all’Italia per via dei dazi sui nostri prodotti? Cosa ci guadagneremmo?

«Noi siamo amici degli Stati Uniti. E lo siamo da sempre, con tutti i presidenti, al di là del loro colore politico. A prescindere, dobbiamo conservare rapporti solidi nell’azione transatlantica che sono una priorità della nostra politica estera. Guardiamo con grande serenità a un grande Paese amico e chiunque sarà il prossimo presidente noi ci lavoreremo bene, sia Trump, sia Harris».

Una eventuale vittoria di Trump potrebbe produrre delle conseguenze nella postura dell’Italia sull’Ucraina?

«Assolutamente no. L’Italia è fortemente impegnata in Ucraina non soltanto per difendere l’integrità territoriale di questo Paese ma anche per difendere il diritto internazionale. Perché nessuno può permettersi di invadere un Paese per sottometterlo con la forza soltanto perché si è più grandi. Noi vogliamo essere protagonisti della pace e della ricostruzione».

Il ministro Crosetto ha definito un affronto la nomina di uno spagnolo come inviato della Nato per il Fronte Sud. Può dipendere dalla diffidenza che c’è nella Nato verso un Paese che ha un vicepremier come Salvini, considerato filo Putin?

«È stata fatta una nomina in una maniera che riteniamo poco meditata, avremo modo di discuterne con il prossimo segretario generale. Ma questo non mette in discussione nulla dei caposaldi della partecipazione dell’Italia all’Alleanza atlantica. Noi siamo parte integrante della Nato. Nessuno ha mai detto che dobbiamo uscirne. Il nostro impegno è quello di procedere verso l’obiettivo di una spesa del 2%, un obiettivo che non si può raggiungere immediatamente. Ma bisogna tenere conto anche che l’Italia è il secondo Paese che offre donne e uomini in uniforme in tutte le missioni di pace della Nato e che siamo arrivati a una spesa dell’1, 6%».

Prima del “no” a Ursula, lei ha detto che i partiti fuori dalla maggioranza europea saranno ininfluenti; Salvini ha ribattuto che voi avete votato con Schlein e con i fanatici rossoverdi. Questa tensione tra voi può incidere sulla tenuta e la stabilità del governo a lungo andare?

«Questo governo è stabile, questa maggioranza politica lavorerà per tutta la legislatura. Siamo impegnati nella crescita economica del Paese, che passa inevitabilmente dallo sviluppo dell’economia reale che può rilanciarsi solo con l’incremento del commercio internazionale, con l’apertura ai nuovi mercati. Abbiamo differenze di vedute, ma non dobbiamo parlare solo di quelle: il lavoro comune ci porterà a buoni risultati».

Come fa un europeista della sua statura, che è stato presidente del Parlamento europeo, a restare oggi in un governo con due partiti all’opposizione in Europa?

«Il fatto che non ci sia un vincolo nell’attività di governo sull’omogeneità di idee in Europa non è una novità. Così come non è una novità che tra le forze di maggioranza ci siano differenze. Noi siamo leali con il governo e con la coalizione di cui facciamo parte perché c’è un programma elettorale, ma siamo partiti diversi e i nostri alleati non sono nel Ppe in Europa».

Dalla famiglia Berlusconi sono giunti richiami a breve distanza sui diritti civili e sui volti giovani che devono sostituire i soliti noti in Forza Italia. Li recepirà?

«Sui temi etici, sui diritti civili, nella tradizione di Forza Italia c’è sempre stata libertà di coscienza. Ma le dico di più: in un movimento che vuole essere una grande forza politica si possono avere posizioni differenti, ma c’è un obbligo comune che è il rispetto della persona, sempre e comunque. Questo per noi è irrinunciabile. Quanto ai giovani, vorrei ricordare che i festeggiamenti per i primi 30 anni di Forza Italia, così come lo stesso congresso, hanno visto protagonisti giovani provenienti da tutto il Paese. Saranno il futuro del nostro partito. Come voleva Silvio Berlusconi».

Come accoglierebbe una discesa in campo di Pier Silvio? Ha parlato con lui di questo nell’incontro di qualche giorno fa?

«Le parole di Pier Silvio Berlusconi le ho lette come una conferma di quello che abbiamo sempre detto, che dobbiamo coprire lo spazio politico tra Schlein e Meloni. Abbiamo raggiunto il 10 per cento alle Europee e puntiamo al 20 per cento alle Politiche. Pier Silvio è in perfetta sintonia con noi di Forza Italia. Il resto è speculazione. Per me e per Forza Italia è impossibile tagliare i legami con la famiglia del nostro fondatore ed è la famiglia Berlusconi che non vuole tagliare i legami con noi. Anzi i familiari continueranno a guardare e condividere le politiche di FI nel rispetto dei ruoli».

Sull’Autonomia differenziata, come placare i timori delle regioni del Sud e di alcuni governatori? Non teme di perdere il referendum come avvenne nel 2006?

«Si tratta di verificare che vengano messe in piedi politiche che difendano i diritti di tutti i cittadini italiani. Ho costituito l’Osservatorio sull’autonomia differenziata di Forza Italia proprio per evitare che ci siano distorsioni nell’applicazione della riforma. Non sarà un gruppo di studio, ma una struttura politica che dovrà fare valutazioni politiche e prendere eventuali iniziative qualora ci fossero distorsioni nell’applicazione della riforma».

  • Autore: Carlo Bertini
  • Testata: Messaggero Veneto

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