«All’orizzonte c’è una nuova stagione per il Sud: tutti gli indicatori evidenziano una crescita maggiore del resto del Paese. E Napoli, la città più importante e strategica, può e deve rappresentare il motore di sviluppo del Mezzogiorno e dell’Italia», ragiona Antonio Tajani, ministro degli Esteri e numero uno di Forza Italia, che oggi parlerà a Rimini, invitato sul palco del meeting di Cl.
Partiamo proprio dall’appuntamento di Rimini: il governatore di Bankitalia Fabio Panetta da quel palco ha spiegato come serva fare ogni sforzo per ridurre il peso del debito pubblico.
«Tutti vogliamo ridurlo, ma serve una seria politica della crescita: serve favorire le imprese, rilanciare una nuova politica industriale e, soprattutto, abbassare il costo del denaro. La Banca centrale europea ha il dovere di riflettere proprio su questo punto specie ora che anche la Germania rischia la recessione con l’inflazione galoppante. E con il taglio del costo del denaro si favorirebbe l’accesso al credito per famiglie e imprese. Anche negli Stati Uniti, dove c’è un’inflazione diversa dalla nostra, l’alto costo del denaro ha danneggiato pesantemente le aziende e ora si corre ai ripari. Detto questo però, bisogna sottolineare due peculiarità del debito italiano».
Quali?
«L’Italia continua ad avere uno dei tassi di risparmio più alti al mondo, nessun paese ha questa stessa capacità. E poi il debito è in mani italiane, non in quelle straniere come invece era in passato. Ovviamente questo non significa che non servano politiche della crescita: in questo modo aumenterebbero anche gli introiti nelle casse dello Stato grazie ai maggiori versamenti».
L’attenzione verso le imprese è stato sempre uno dei capisaldi della politica di Forza Italia.
«E lo sarà sempre. E con grande orgoglio, le cito le ultime cose, possiamo rivendicare il taglio del cuneo fiscale e le agevolazioni per le nuove assunzioni per andare incontro a circa 4 milioni di imprese, specie quelle del Mezzogiorno. Mentre il prossimo impegno riguarda un aspetto che pure incide sulla vita delle nostre aziende».
Dica.
«Forza Italia è pronta a mettere in campo, alla ripresa dell’attività politica dopo la pausa estiva, la grande battaglia per ridurre il fardello burocratico che penalizza storicamente le nostre aziende. E, ancora, abbattere la lentezza della giustizia civile che pesa tra il 2 e 3 per cento di Pil. Avviare questa rivoluzione, a cui stiamo lavorando già con i ministri Zangrillo e Casellati, vuol dire diventare più competitivi e invogliare le aziende ad investire in Italia invece che all’estero».
Le statistiche dicono che Napoli e la Campania stanno crescendo moltissimo. Tra cantieri del Pnrr per ferrovie, logistica e portualità e sviluppo urbanistico. Può questo caso diventare un modello di sviluppo per altre realtà italiane?
«All’orizzonte c’è una nuova stagione nel Mezzogiorno: si intuisce da molteplici segnali positivi che continuano ad arrivare, come “Il Mattino” sta ben descrivendo. A cominciare dal Pil: oggi, a differenza che in passato, cresce in linea con la media nazionale e l’anno scorso è stato addirittura superiore. Parliamo dell’1,3 contro l’uno e continua a salire di più rispetto al resto del Paese. Non accadeva dal 2015. E questo vale anche per il nostro export: nel primo trimestre il Sud supera 17 miliardi di euro, il 5,8 per cento in più del 2023. E, ancora, mi lasci dire i numerici danno ragione anche sull’occupazione: più 3,1 contro il 2,1 della media nazionale. Insomma la tendenza a crescere è superiore rispetto al Nord, e si sta recuperando il gap. Che rimane, ma si sta accorciando con una performance inaspettata».
Cosa serve allora?
«Bisogna continuare in maniera ossessiva su questo percorso. Il Sud ha una storia industriale che nasce prima dell’Unità dell’Italia: serve recuperare quello spirito in cui il Mezzogiorno con le industrie manifatturiere e ferroviarie non aveva rivali. Per questo il governo è impegnato, con tutti gli strumenti necessari, allo sviluppo delle infrastrutture necessarie come porti e ferrovie. E proprio per questo, come ministro, ho fatto in modo di accendere i riflettori su questa parte del Paese con i G7 a Capri ed in Calabria: perché a livello internazionale, dobbiamo valorizzare il Mezzogiorno e non alimentare l’idea che la locomotiva è solo al Nord. Se cresce il Sud, cresce tutto il Paese».
Nel frattempo, molti giovani dopo anni vissuti altrove scelgono di tornare.
«Dobbiamo fare in modo, specie in questa fase di crescita, che i giovani rimangano al Sud. Per questo voglio proporre al governo di finanziare, già nella prossima manovra, il fondo per lo studio che agevola l’accesso al credito per gli studenti più meritevoli. Parliamo di almeno 30 milioni. Mentre altri 300 milioni saranno disponibili per chi vuole comprare casa. Consentiremo così ai giovani under 36 di accedere al diritto alla casa anche con un contratto precario perché sarà lo Stato a fare da garante».
Come vede quindi il Sud in una prospettiva futura?
«Può diventare un grande hub energetico ed un grande polo industriale. Il Sud ha molto da dare, ma potrà crescere definitivamente solo se si guarda a questo nodo non come una piagnucolosa rivendicazione meridionalista ma attraverso una strategia nazionale. E la Campania e Napoli devono avere un ruolo guida in questo processo».
A cosa si riferisce? Al lavoro che sta portando avanti il governo sotto il Vesuvio?
«Il governo ha dato una grande apertura di credito a Napoli. Dal Patto per Napoli per salvare i bilanci del Comune, concretizzato con il governo Draghi, di cui faceva parte Forza Italia, alle risorse previste dall’attuale esecutivo: per Bagnoli, tra quelli europei e il Pnrr, sono stati stanziati oltre 3,5 miliardi di euro. E ciò è stato fatto proprio perché Napoli può e deve rappresentare non solo il riscatto, ma il motore di sviluppo del Mezzogiorno e dell’Italia. Queste, però, sono risorse a debito che vanno restituite. Ora è, dunque, il momento di una rigorosa azione di riqualificazione e di rilancio di Napoli e di tutto il suo territorio metropolitano al fine di generare occupazione, ritorno degli investimenti e gettito fiscale necessario per restituire le risorse. Quindi ora le autorità locali, il sindaco Manfredi, devono agire rispettando questi impegni e questi obblighi».
E Napoli, che si appresta a festeggiare i suoi primi 2500 anni, che ruolo avrà nel Mediterraneo. La città sarà di nuovo protagonista?
«I 2500 anni di Napoli non possono limitarsi ad essere un evento né solo celebrativo, né puramente rievocativo. Ma devono costituire, innanzitutto, un’occasione per progettare e proiettare il futuro dell’Italia sia in Europa che nel Mediterraneo. Ciò va fatto proprio partendo da Napoli che, sin dalla sua fondazione, è stata il punto di incontro di quelle culture e religioni che hanno fatto del Mediterraneo la culla della civiltà».
In una logica in cui però il Mediterraneo torni ad essere strategico.
«Oggi il Mare Nostrum ritorna ad essere, dopo circa 500 anni, l’area più strategica per il futuro degli equilibri del Pianeta. Progettare e contribuire a realizzare lo sviluppo sostenibile non solo dei Paesi del Nordafrica, ma di tutta l’area del Mediterraneo e dell’intero continente africano, vuol dire restituire all’Europa ruolo e centralità sul piano politico, economico e strategico, una centralità indispensabile per garantire stabilità e pace. L’Italia ha un ruolo insostituibile nel promuovere il recupero di identità, valori e cultura che diano nuovamente all’Occidente il senso della propria storia e la visione del futuro indispensabili affinché, senza rinunciare a ciò che siamo stati e vogliamo essere, si possa riaprire il dialogo fra civiltà diverse. È soltanto rivendicando e mettendo in luce, con azioni concrete, la nostra identità e i nostri valori, senza rinnegarli, che possiamo impegnarci per evitare lo scontro di civiltà e costruire il futuro che ci spetta».
Su tutto questo però pesano i timori del Mezzogiorno nei confronti del progetto di Autonomia differenziata caro alla Lega. Non a caso, raggiunto il quorum delle firme per il referendum, si scopre come la Campania, con oltre 110mila sottoscrizioni ad oggi, sia la prima regione in Italia. E qualche timore è stato sollevato anche da qualche esponente meridionale del suo partito.
«Mi lasci ricordare come io sia un orgoglioso figlio del Sud: la mia famiglia è di Vietri sul mare. Sono lì le mie radici e Forza Italia, il partito che guido, è e sarà sempre vigile».
Come?
«Noi abbiamo corretto il testo in Consiglio dei ministri prima, in Parlamento dopo, e abbiamo ottenuto che non entri in vigore prima che ci siano i fondi per i Lep. Sempre Forza Italia ha varato, quest’estate, un osservatorio con nostri dirigenti e autorevoli studiosi per verificare lo stato dell’arte e formulare valutazioni e iniziative se ci fossero distrazioni nell’applicazione della riforma».
Nessun timore, quindi?
«Ribadisco come occorra essere attenti su alcune materie. Parlo da ministro per il commercio internazionale e le faccio un esempio: non possiamo permetterci di avere 20 o più politiche diverse che rischiano di mettere in difficoltà la strategia complessiva dell’export italiano. Parliamo, in questo caso, di un comparto che produce il 40 per cento del Pil italiano. L’Autonomia va fatta ma senza colpire il Sud e senza danneggiare nessun cittadino o nessuna parte d’Italia».
Il suo collega Raffaele Fitto è destinato ad un posto da commissario alla Ue: sarà necessario riguardare le deleghe dell’esecutivo. Può essere l’occasione per fare un tagliando alla squadra di governo?
«Fitto è la scelta migliore, come ho sempre detto, per un posto così importante in Europa: ha l’esperienza fondamentale per trattare i dossier. Sostituirlo come ministro non può essere un problema: tanti conoscono le dinamiche di un ministero in Italia, pochissimi quelle europee, e lui le conosce benissimo. Quindi non servono rimpasti e spetta alla premier decidere. Ma ne parleremo nel corso del vertice del centrodestra fissato per il 30 agosto».
Emergenza carceri, balneari, nomine a cominciare dalla Rai ed elezioni in Liguria: sono molti i dossier che il governo e i partiti della maggioranza dovranno affrontare a breve e su cui spesso non c’è univocità di veduta nel centrodestra.
«Sono argomenti di cui parleremo al vertice per vedere come affrontare tutti i dossier nel modo migliore. Ma al di là dei retroscena giornalistici questa maggioranza è nata da un patto politico serio e su ogni tema si è sempre trovato un accordo. Certo non siamo un partito unico ed ognuno ha le sue idee, ma poi si fa la sintesi necessaria con quelle migliori».
Vale anche per lo ius scholae: il Pd chiede un passo avanti da voi in tal senso.
«Nessun inciucio. Forza Italia non si sta trasformando e lo ius scholae lo voleva già Berlusconi».
Dopo l’offensiva ucraina in territorio russo non teme che si inizino ad usare le armi italiane non solo per difesa?
«Ogni paese della Ue decide per conto proprio e l’Italia non ha mai dichiarato guerra alla Russia. Un conto è difendere legittimamente il proprio territorio, un altro è attaccare la Russia. E noi rimaniamo fermi sulla linea della sola difesa».
Trattativa su Gaza: crede sia la volta buona? Che speranze ha?
«Tutto dipende da cosa risponde Hamas alla proposta Usa. La trattativa rimane molto complicata anche per il numero di mediatori in campo ma io credo che sia il giunto il momento di trovare assolutamente una soluzione. Noi sosteniamo pienamente questo accordo e l’iniziativa americana».