Roma – Rivendica il ruolo centrale dell’Italia, da Paese presidente del G7, nello scacchiere internazionale che, solo unito, può portare la pace in Medio Oriente e in Ucraina: «Anche Zelensky — ricorda Antonio Tajani, ministro degli Esteri e leader di Forza Italia — ha detto che quello che arriva deve essere l’anno della fine del conflitto. Ci stiamo impegnando per questo».
Per l’Ucraina come sugli altri fronti aperti, in particolare quello doppio del Medio Oriente. Il conflitto tra Israele e Hezbollah in Libano e la reazione di Netanyahu all’attacco di Hamas del 7 ottobre, considerata alla stregua di un genocidio dalla Corte penale internazionale, che ha spiccato un mandato d’arresto contro di lui.
Il governo si è diviso su questo punto. Grande cautela da parte sua e della premier, posizione nettissima del vice premier Salvini che accoglierebbe il premier israeliano a braccia aperte.
«Non siamo divisi, perché la linea in politica estera la danno il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri. E noi, sentendoci e consultandoci, abbiamo detto chiaramente che rispettiamo la Corte ma studieremo bene le motivazioni, perché le opinioni politiche non devono prevalere sul diritto. E perché — fermo restano i nostri rilievi più volte fatti ad Israele sulla necessità di proteggere la popolazione civile palestinese — non mettiamo sullo stesso piano chi pianifica un massacro di persone per distruggere Israele e chi si difende pur con modi che non ci convincono».
Quindi Salvini è uscito dai binari?
«Ha detto quale è la sua posizione, ma non è il ministro degli Esteri, come io potrei dire qualcosa sul tema dei trasporti ma non sono il ministro dei Trasporti».
Qui però è in gioco la posizione dell’Italia.
«Che, lo ripeto, è quella espressa da premier e ministro degli Esteri».
Ma nella pratica come agirete?
«Non è un problema immediato e reale. Non credo proprio che Netanyahu verrà in Italia o altrove, come non credo che alzare la tensione serva ad ottenere più facilmente la pace. Non si fermerà certo per la decisione della Corte penale internazionale».
E allora che strumenti avete?
«La diplomazia, i contatti con tutti i paesi. Domani (oggi, ndr) affronteremo tra gli altri soprattutto questo tema, sia con la sessione dei Dialoghi Mediterranei aperti a ministri degli Esteri di moltissimi paesi, sia nel G7 dei ministri degli Esteri, che si allargherà a rappresentanti di paesi fondamentali per raggiungere la pace: India, Giordania, Egitto, Emirati Qatar, segretario generale della Lega Araba, Filippine, Repubblica di Corea, Indonesia… Noi siamo per il coinvolgimento di tutti gli attori in campo».
Però la tensione resta altissima. Putin ora lancia nuovi missili e minaccia un allargamento della guerra…
«Era un vecchio missile che hanno corretto, non è una nuova arma letale. Così come l’arruolamento di nordocoreani e yemeniti non è un segno di forza. Dobbiamo fare in modo che una conferenza di pace si apra al più presto, con Russia e Usa. Intendiamo lavorare anche con l’amministrazione Trump».
Intanto l’Italia è finita indirettamente nel mirino nel conflitto Israele-Hezbollah con attacchi alle postazioni Unifil. Che fare?
«Lo chiediamo da tempo, lo pretendiamo: l’Onu deve essere più coraggiosa, e potenziare la missione Unifil. Per la pace serve un forte cuscinetto che allontani Hezbollah dai territori di Israele, non si può rimanere inerti. Serve un cambio delle regole di ingaggio. E serve subito, il confine va rafforzato».
Insisto: le divisioni in politica estera nella maggioranza non rendono la voce dell’Italia più flebile?
«No, perché la posizione è unica, lo è sempre stata. Le differenze in una coalizione ci sono, la arricchiscono, purché poi si arrivi a una sintesi, ed è quello che facciamo sempre. Lo faremo anche in questo caso».
Avete fatto un vertice per trovarla, una sintesi, almeno sulla Finanziaria. Come è andata? Siete soddisfatti?
«Sì, siamo soddisfatti. Abbiamo dato mandato al ministro Giorgetti di studiare tutte le questioni aperte e fare ordine. Per noi sono essenziali le politiche sociali, il turn over per le forze dell’ordine, il sostegno alle attività produttive. Sarà lui a dover verificare la fattibilità delle nostre proposte».
Siete pronti a sacrificare qualcuna delle vostre richieste? O la Finanziaria diventerà terreno di scontro?
«Nessuno scontro, il clima era ottimo. Per le proposte per cui non c’è copertura, aspettiamo di vedere quanto arriverà dalla riapertura del concordato e destineremo le risorse in maniera equa».