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Intervista al Ministro degli Esteri Tajani: «Se l’Occidente si divide a vincere sono solo le autocrazie» (Il Messaggero)

«Se l’Occidente si divide vincono le autocrazie» Il vicepremier e ministro degli Esteri: «I nostri valori sono comuni: libertà, pace, democrazia. Non si cancellano con un contrasto diplomatico» E spiega: «Una divisione tra l’Europa e gli Stati Uniti significherebbe il tramonto dell’Occidente, che porterebbe alla vittoria di autocrazie, populismi e radicalismi. Questa vittoria sarebbe un danno gravissimo non soltanto per l’Occidente ma per tutto il mondo.»

Ministro Tajani, ha visto il famoso video con lo scontro tra Trump, Vance e Zelensky?

«Certo che l’ho visto. E anche alla luce di quelle scene l’Italia chiede un vertice tra l’Europa e gli Stati Uniti. In questa fase storica, non è in gioco soltanto una questione politica. È in ballo l’unità dell’Occidente e il ruolo dell’Occidente nel mondo, per difendere i suoi valori fondanti. Quei principi di libertà, centralità della persona, difesa dello Stato di diritto, libero mercato, tutela della pace e della democrazia a proposito dei quali non potrà e non dovrà mai esserci spaccatura tra l’Europa e gli Stati Uniti che sono due facce della stessa medaglia».

La medaglia dell’Occidente non sembra molto brillante in questo periodo, e nel mondo la considerano svalutata.

«Io credo che l’Occidente abbia tutte le potenzialità giuste per contare e una storia che è la sua forza ed è declinabile al futuro. Ma occorre stare insieme. Una divisione tra l’Europa e gli Stati Uniti significherebbe il tramonto dell’Occidente, che porterebbe alla vittoria di autocrazie, populismi e radicalismi. Questa vittoria sarebbe un danno gravissimo non soltanto per l’Occidente ma per tutto il mondo. L’Occidente ha vinto quando hanno vinto i suoi valori contro il nazismo e il comunismo che sono proprio la negazione dei valori occidentali».

Si sta scatenando, da quando c’è Trump, una nuova ondata di anti-americanismo in Europa?

«Ricordiamoci che gli americani sono quelli che ci hanno permesso di liberarci dai totalitarismi del ‘900, a prezzo di sacrifici enormi. Non dobbiamo dimenticare che, tra i tanti caduti dell’esercito alleato, c’erano tanti italo-americani e tanti europei. È impensabile i mettere in discussione il rapporto transatlantico perché a Washington c’è un governo che non piace a tutti. L’Europa è un’identità che va ben oltre le questioni politiche. E quindi anche le scelte contingenti devono essere finalizzate a garantire l’unità dell’Occidente. L’Alleanza Atlantica non è soltanto un’alleanza militare, è molto di più. È una scelta, allo stesso tempo, ideale e strategica».

Però non stanno esagerando alla Casa Bianca, come s’è visto nel video dell’altra sera?

«Anche quando ci sono delle discussioni, dobbiamo tutti lavorare sapendo che c’è un patrimonio culturale e valoriale che è comune da sempre, da Tocqueville in poi. C’è un filo ideale che collega la democrazia di Atene a George Washington. D’altronde era stato Cristoforo Colombo a far da ponte tra i continenti. Condividiamo con l’America lingua e religione. Anche loro hanno un’identità giudaico-cristiana. Proprio come la nostra Europa che ora più che mai è il luogo della modernità e della libertà. Voglio dire, parlando di storia, che il vincolo spirituale euro-atlantico non può essere eliminato dal contrasto in un colloquio diplomatico o da dichiarazioni conflittuali. La diplomazia ha bisogno di tempo per risolvere i problemi ma sono sicuro che l’Occidente sarà unito anche per la trattativa di pace nell’Ucraina».

Questo già da oggi, dal summit a Londra?

«In questo vertice, l’Italia farà sentire la sua voce per portare tutti al tavolo della pace. E tutti significa Europa, Stati Uniti, Ucraina e Russia». La Russia è minacciosa. «E noi, davanti a tutti, non dobbiamo avere paura di essere ciò che siamo. Dobbiamo comportarci secondo la nostra bussola e tendendo sempre aperta la nostra scatola dei valori. Questo è il modo migliore per farci rispettare nel mondo. L’Europa e l’Occidente in generale significano apertura, curiosità, progresso. Pensiamo ai grandi viaggiatori come Marco Polo e Matteo Ricci, come Amerigo Vespucci e Vasco de Gama, come i naviganti delle Repubbliche marinare e si potrebbe continuare all’infinito con gli esempi. Avevano tutti una visione aperta della loro identità, volevano conoscere e farsi conoscere, crescere e far crescere. Potrei parlare anche dei grandi mercanti veneziani, inventori delle moderne assicurazioni. Ecco, la modernità è ciò che contraddistingue l’Europa e l’Occidente».

Noi siamo troppo incerti nella difesa di questo modello, circondato da contro-modelli molto aggressivi?

«Non dobbiamo assolutamente vivere con timore la nostra identità. Ma esercitarla nei fatti. Difendendo il nostro modello, difendiamo anche gli interessi dell’Italia, che è un Paese commerciale e aperto per vocazione. Così dev’essere tutta l’Europa. Il nostro esempio chi è? È Ulisse, un grande viaggiatore che poi ritorna sempre alla sua dimora, dove ci sono la moglie, il figlio e il cane Argo. C’è la sua famiglia e la sua patria. Questa è l’Europa, questo è l’Occidente. Bisogna farlo capire, perché noi troppo spesso non parliamo dei valori che ci rappresentano».

Ma gli americani non stanno mollando l’Europa?

«Credo che questo non potrà mai accadere. Anche perché la nostra sicurezza e stabilità geopolitica dipendono da questo rapporto indissolubile tra i nostri due continenti».

A proposito di stabilità, la Germania di Merz sarà il pilastro dell’Europa in questa fase di conflitti?

«La Germania di Merz si ispira a quel popolarismo europeo di Adenauer, De Gasperi e Schuman che ha dato vita all’Europa del secondo dopoguerra. E voglio ricordare che, nei rapporti tra la Germania e l’Italia, le relazioni tra i partiti del Ppe sono state fondamentali. Lo saranno ancora grazie ai legami tra Forza Italia e Cdu-Csu».

L’Occidente è stato troppo debole o distratto nei confronti dell’espansionismo della Russia?

«Putin si era avvicinato alla Nato e all’Occidente con l’accordo di Pratica di Mare, propiziato da Berlusconi. Poi il presidente russo ha scelto di allontanarsi, spinto da sue strategie geo-politiche. Non mi sento di fare grandi rimproveri all’Occidente, per quanto riguarda il rapporto con la Russia. Ora guardiamo avanti, e lavoriamo tutti per la pace giusta che non può significare la sconfitta dell’Ucraina. Guardi, le dico un’ultima cosa: la speranza fa parte dell’identità occidentale».

Perché dice questo?

«Perché la speranza deve darci la forza di fare scelte coraggiose e di non rinchiuderci in una sindrome d’impotenza che non può minimamente appartenerci».

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