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Tajani: «La pace in Ucraina entro l’anno. La tregua di Mosca è solo un bluff» (La Stampa)

Tajani La pace in Ucraina entro l’anno. La tregua di Mosca è solo un bluff La Stampa
Tajani La pace in Ucraina entro l'anno. La tregua di Mosca è solo un bluff La Stampa

Roma – Sono convinto che entro quest’anno la guerra in Ucraina finirà». Antonio Tajani, dal congresso del Ppe di Valencia da cui oggi sarà riconfermato vicepresidente, scommette senza troppe remore su una fine del conflitto tra Mosca e Kiev molto vicina. Un ottimismo che il ministro degli Esteri e vicepremier coglie «nell’ultimo grande contributo offerto da Papa Francesco» con i colloqui tenuti sabato in Vaticano, ma non nella mini-tregua proposta da Vladimir Putin: «E’ solo un bluff».

Ministro Tajani, c’è una lezione da trarre dal blackout spagnolo? Sabotaggi, attacchi hacker o terrorismo… L’Europa si rivela fragile.

«Anche se fosse stato solo un errore umano resta il fatto che investire in sicurezza è fondamentale. E non parlo solo di bombe e carri armati: la sicurezza riguarda anche le infrastrutture, energetiche e cibernetiche. Questo episodio dimostra che poteva anche non trattarsi di un incidente. Servono investimenti adeguati, non superficialità o demagogia».

Parla di demagogia sulla sicurezza…Si riferisce a Salvini?

«No, ai “pacifinti”, quelli che fanno scelte senza conoscere davvero i problemi».

Lei è a Valencia per il vertice del Ppe. Ha parlato della necessità di una “rivoluzione” per l’Ue di che si tratta?

«Credo che difendere lo status quo sarebbe deleterio, per l’Italia, per il Ppe e per l’Ue. Dobbiamo rompere certi schemi e fare in modo che l’Europa torni a occuparsi seriamente delle grandi questioni: immigrazione, difesa e politica industriale. Serve un’applicazione vera del principio di sussidiarietà, e un sistema che imponga meno regole. È mia la proposta, accolta dal Ppe, di adottare la regola del “ogni nuova norma, due abrogate”, per alleggerire la burocrazia. Proponiamo anche una riforma istituzionale: unificazione delle figure di presidente del Consiglio europeo e della Commissione; elezione diretta da parte dei cittadini di questo nuovo presidente; più potere al Parlamento europeo, che oggi non ha praticamente potere di iniziativa legislativa. E poi serve anche rimettere in discussione il principio dell’unanimità, per arrivare a un superamento del diritto di veto. Vogliamo un’Europa diversa, più democratica e più vicina ai cittadini, non in balia dei populismi».

Gli slogan funzionano, però il Ppe è il partito Ue più influente e ha contribuito a creare la situazione attuale.

«Il Ppe, in realtà, ha lavorato in direzione opposta. Non abbiamo mai avuto la maggioranza assoluta e siamo stati costretti a governare con altri. Ora vogliamo cambiare le cose. Abbiamo imparato anche dagli errori – nostri, degli altri partiti e degli Stati membri che hanno bloccato la Commissione pensando di poter fare tutto da soli».

Le immagini del funerale del Papa potrebbero passare alla storia come l’inizio della pace in Ucraina?

«Quelle immagini hanno un valore storico: rappresentano l’ultimo grande contributo di Papa Francesco alla pace. La Chiesa ha un ruolo da giocare, come dimostra anche il colloquio tra Trump e gli altri leader. Non so se porterà alla soluzione, ma è un passo avanti».

La tregua proposta da Putin?

«È un bluff, simile a quella fatta a Pasqua. Non è un vero cessate il fuoco. Serve una proposta più concreta».

Quali sviluppi immagina ora?

«Tocca a Putin fare il primo passo. Deve dare una risposta a Trump, che finora non è arrivata, a differenza di quella di Zelensky. La trattativa partirà da condizioni nuove. Ognuno dirà la sua, poi si cercherà una mediazione».

Si parla di una pace garantita dagli Usa, con forze militari europee accanto a Kiev. L’Italia sarà della partita assieme ai Volenterosi?

«È tutto prematuro. Ma siamo pronti a fare la nostra parte, sempre sotto l’egida delle Nazioni Unite. Stiamo organizzando a Roma una conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina. C’è già stato un evento preparatorio a Bruxelles e ce ne sarà uno a Verona. Sono convinto che entro quest’anno la guerra finirà».

A proposito delle immagini storiche del funerale di sabato: la premier in quelle foto non compariva a differenza di Macron e Starmer. Coincidenza o scelta politica?

«La presidente era in piazza, ha partecipato al funerale di un Papa con cui aveva un rapporto profondo. Ha incontrato i leader all’arrivo. L’incontro tra Trump e Zelensky, poi, è avvenuto in forma riservata, non c’è bisogno di attribuirgli altro significato».

A Roma si incontreranno Iran e Usa: cosa c’è da aspettarsi?

«Sono segnali importanti. Che Roma sia sede di colloqui tra Iran e Usa, poi, è già di per sé simbolico: significa che abbiamo credibilità. Non possiamo fare tutto da soli, ma possiamo contribuire molto».

Sul fronte del riarmo, il primo atto del governo Merz è stato invocare la clausola di salvaguardia per il ReArmEu. Lo farà anche l’Italia?

«Vedremo. È una scelta coraggiosa da parte della Germania, che segna un cambio di fase e la rottura di un tabù. Hanno capito che la rigidità non funziona se si vogliono raggiungere obiettivi importanti. L’Italia, invece, non ha ancora deciso».

Nel governo non tutti la pensano allo stesso modo. Salvini definisce il riarmo «una follia»…

«Il confronto interno è naturale, ma alla fine prevale la responsabilità».

Il confronto sembra necessario anche sulla Corte Penale Internazionale. L’Ungheria ha annunciato l’uscita dalla Cpi e Salvini l’ha definita una «scelta giusta». È un’opzione? Roma è entrata più volte in rotta di collisione con l’Aia.

«L’Ungheria ha fatto una scelta legittima. Ma una cosa è avere uno scontro con le istituzioni, un’altra è smettere di credere in esse. Io continuo a credere nella giustizia internazionale e, quindi, che l’Italia non debba uscire».

Qual è il suo bilancio sui primi 100 giorni di Trump?

«In questi 100 giorni Trump ha avuto un merito: ha dato una scossa all’Europa. Ci ha fatto capire che dobbiamo contare di più su noi stessi. Sempre all’interno dell’alleanza atlantica, ma dobbiamo fare la nostra parte. Infatti, come Italia, annunceremo il raggiungimento del 2% del Pil per la Difesa. Non ho condiviso alcune sue scelte, come i dazi, ma non si può fare un bilancio solo con una battuta. L’importante è che l’Europa e gli Usa si parlino».

L’Italia deva anche scegliere il prossimo ambasciatore a Washington. Si racconta di qualche contrapposizione tra lei e Meloni.

«Sceglieremo insieme, per il meglio, come sempre. Ma la partita non è ancora iniziata».

Tra le partite ancora da cominciare c’è pure il Conclave. C’è chi dice che Macron si stia dando molto da fare…

«Sono un cattolico praticante e non credo che gli Stati debbano interferire. Confido nella Provvidenza e quindi sono convinto che verrà scelto il miglior Papa possibile. Italiano o meno, ciò che conta è che sia un buon pastore».

  • Autore: Francesco Malfetano
  • Testata: La Stampa

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